Il Messaggero 20/7/2014, 20 luglio 2014
LA GUERRA COSTA A TEL AVIV 24 MILIONI AL GIORNO
L’ECONOMIA
Gli economisti di Tel Aviv vedono nel sistema anti-missilistico Iron Dome (Cupola di ferro) un modo per recuperare in parte i costi della guerra (finora 200 milioni di euro) che sta andando oltre molte previsioni. Grazie al successo di queste batterie mobili, i costruttori del sistema (una società statale) sono stati contattati da potenziali acquirenti tra cui anche due paesi europei che hanno truppe in Afghanistan e altrove. «Se fosse quotato in borsa - è il commento del ministro per la Difesa civile Avi Dichter - avrebbe moltiplicato il suo valore di parecchie volte». Sono 6 o 7 le barriere in operazione, ognuno delle quali ha un costo di produzione di oltre cinque milioni di dollari.
Washington che è uno dei maggiori finanziatori dell’apparato militare israeliano, ha deciso con un voto urgente del Congresso di partecipare alla costruzione di altre due batterie che consentirebbero ai soldati di Tel Aviv di coprire buona parte del territorio. Ogni intercettazione costa intorno a 60mila euro, una cifra relativamente modesta rispetto al costo totale di ogni giorno di guerra. Prima dell’operazione di terra era calcolata in circa 24 milioni di euro al giorno. Da tre giorni, le previsioni di spesa sono molto più alte e continueranno a salire.
I RISERVISTI
Oltre al costo di munizioni (da sostituire) e armi consumate o danneggiate, pesa sull’economia israeliana il richiamo di quasi 40mila riservisti. Qualcosa come 5 milioni di euro al giorno. I soldati richiamati hanno diritto a una paga giornaliera minima di circa quaranta euro al giorno ma può essere molto più alta a seconda del loro guadagno nella vita civile. Lo Stato deve anche finanziare strutture alternative ai campi estivi, quasi tutti chiusi, per quelle famiglie dove entrambi i genitori lavorano (o qualcuno è sotto le armi) e non sanno dove lasciare i figli. Un’esigenza molto sentita nel sud dove il lancio di missili è sempre intenso con conseguente ricorso ai rifugi. Sono già arrivati negli uffici delle tasse oltre seicento richieste di indennizzo per danni alle strutture private (case, negozi, impianti industriali) e senza un cessate il fuoco i conti saliranno.
A questi conti va aggiunto il costo ai datori di lavoro (costretti a sostituzioni o a rallentamenti della produzione nelle industrie) e, di conseguenza, all’economia. Uno dei maggiori introiti è generato dal turismo soprattutto religioso e il 40% è estivo. Per ora i pellegrinaggi organizzati continuano ma uno dei responsabili del settore ha già fatto appello al governo. «Ci sono state tante disdette e le prenotazioni per questi mesi fondamentali per noi sono calate di molto anche perché la gente ha paura o non vuole rischiare di essere dirottata su Cipro o altrove a causa del lancio di missili». Mancato guadagno significa anche minore incasso di imposte e questo si farà sentire soprattutto l’anno prossimo.
E. Sal.