Antonio Massari, Il Fatto Quotidiano 19/7/2014, 19 luglio 2014
“LO AMMETTO: ABBIAMO SPORCATO IL VOLTO DI GOMORRA”
[Intervista a Riccardo Tozzi] –
Volevamo che “Gomorra la serie” lanciasse un messaggio positivo. E secondo me ci siamo riusciti ovunque. Tranne che a Torre Annunziata, dove abbiamo girato le scene di casa Savastano, e devo ammettere che proprio lì questo messaggio s’è sporcato”. Riccardo Tozzi è a capo di Cattleya, la società che produce, con Sky, la serie Gomorra. Il Fatto Quotidiano già 10 mesi fa aveva rivelato che le scene di casa Savastano, il boss della fiction, erano state girate affittando l’abitazione di Francesco Gallo, boss di Torre Annunziata. Cattleya replicò che, dopo il sequestro dell’abitazione per un’indagine sul clan, aveva ricevuto l’autorizzazione dalla magistratura per continuare le riprese e che il canone d’affitto, pari a 30 mila euro, sarebbe stato pagato all’autorità giudiziaria. A maggio, quando abbiamo annunciato che era in corso un’indagine per estorsione, che riguardava anche i produttori di Cattleya, Tozzi ha smentito la notizia. Due giorni fa, le notizie pubblicate dal nostro giornale, si sono rivelate fondate: Matteo De Laurentiis, produttore esecutivo per Cattleya, Gianluca Arcopinto – che aveva curato la produzione in una fase iniziale – e il location manager Gennaro D’Aquino sono indagati per favoreggiamento nei confronti del clan: secondo l’accusa, hanno negato di aver subìto pressioni ed estorsioni, aiutando il clan a eludere le indagini. De Laurentiis – sempre secondo l’accusa – ha rivelato al padre del boss l’esistenza dell’indagine per convincerlo a non pretendere altri soldi.
Tozzi, al di là delle accuse, che verranno provate o smentite in sede giudiziaria, non le pare che si tratti di una condotta molto grave?
C’è un fatto: dalle nostre casse, nei confronti del clan, non è uscito un centesimo.
Però si trattava di un’estorsione: perché non avete denunciato?
Al nostro quartier generale non abbiamo avuto la sensazione di subire un’estorsione
E qual era la sensazione?
Abbiamo saputo, soltanto dopo aver preso in affitto la casa, che c’era un’indagine per camorra che riguarda il proprietario. E che c’era un provvedimento di sequestro per la villa. I nostri manager sono andati dal magistrato, gli hanno chiesto se dovevamo andar via, hanno saputo che potevamo restare, pagando il canone all’amministrazione giudiziaria.
Ma il clan voleva comunque la sua parte...
Il proprietario ha detto: ‘Se dobbiamo aspettare il dissequestro della casa, ci anticipate i soldi’. Abbiamo risposto di no.
In realtà avete trattato.
Ma quale trattativa? I soldi non li abbiamo dati.
Il suo produttore esecutivo, De Laurentiis, è andato a trattare con il padre del boss, spiegandogli che, siccome c’era un’indagine in corso – che gli ha rivelato – non era il caso di pagare per “levare il reato”.
Avrà usato quell’argomento per cavarsela... ma considerato che la casa era stata sequestrata, con un’indagine, non credo che avesse la sensazione di rivelare un segreto. Ha detto: ‘non vi diamo una lira’, può darsi che abbia usato un argomento sbagliato, ma in buona fede.
Ma è andato a parlare con il padre del boss.
Non era il clan, era il padrone di casa, e stava ancora lì.
Voi sapevate che la casa era del clan.
Parlare con lui era inevitabile: se dovevamo spostare un muro a chi chiedevamo?
Non si trattava di spostare un muro: chiedevano soldi, oltre quelli che dovevate pagare all’amministrazione giudiziaria: De Laurentiis non avrebbe dovuto parlarne con i pm?
Se me l’avesse chiesto, è quello che gli avrei detto anche io.
De Laurentiis non le ha parlato di quell’incontro con il padre del boss?
No. E comunque il suo è stato soltanto un errore comportamentale. Avrebbe dovuto fare un incontro di tre minuti, per dirgli: ’Se volete, l’accordo è questo, se no arrivederci e grazie’ . Ma il suo principio era di non pagare. Quanti l’avrebbero fatto.
Avete comunque lanciato un messaggio fortemente negativo.
La nostra serie ha un marchio di contrasto alla camorra più d’ogni altra: i camorristi escono come assolutamente perdenti.
Anche a Torre Annunziata? Anche nella vita reale?
A Torre Annunziata purtroppo il segnale s’è sporcato. Potevamo comportarci in modo più accorto. Dopo il sequestro, ho pensato che avremmo dovuto lasciare quella casa, anche se il regista la voleva disperatamente, ma poi, quando la magistratura ci ha autorizzati, mi sono convinto. La prossima volta presteremo più attenzione. Saremo meno sul territorio. E più in studio.