Marco Lillo, Il Fatto Quotidiano 19/7/2014, 19 luglio 2014
SILVIO UN’ASSOLUZIONE CHIAMATA SEVERINO
La sentenza della Corte d’appello di Milano ha superato le più rosee aspettative di Berlusconi e le più plumbee previsioni del Fatto. Avevamo auspicato tre giorni fa la riduzione della pena scrivendo che sette anni erano troppi. Oggi possiamo aggiungere che anche zero sembrano pochi. Probabilmente entrambe le sentenze sono sbilanciate – per eccesso il primo grado eperdifettoilsecondo–dallalegge Severino approvata dal governo Monti.
La legge Severino ha abolito il reato “giusto” per il comportamento di Berlusconi, secondo la Procura di Milano. Per i pm Ilda Boccassini, Antonio Sangermano e Pietro Forno, calzava a pennello al comportamento di Berlusconi la concussione per induzione. Dopo l’incauta riforma restavano solo la concussione per costrizione e l’induzione indebita. Il tribunale aveva seguito la prima strada, con una pena troppo dura per reggere in Cassazione, come il Fatto ha scritto in tempi non sospetti. Ora la Corte d’appello esagera nell’altro senso assolvendo addirittura.
PERCHÉ? Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni e si può solo azzardare qualche ipotesi. Da un lato ha pesato la caduta del “movente”: se Berlusconi non era consapevole della minore età di Ruby non ha chiamato la Questura perché voleva nascondere i suoi rapporti con una minorenne. Inoltre, forse la Corte d’appello ha ritenuto che l’accusa non si adattasse al secondo reato rimasto dopo la legge Severino, la più lieve “induzione indebita”. A differenza di quanto il Fatto ha sostenuto tre giorni fa, secondo la Corte, nemmeno quello si attaglia alla telefonata del leader di Forza Italia: perché ci sia induzione ci vuole un vantaggio del funzionario Ostuni, che farebbe il favore a Berlusconi in vista di un suo tornaconto. E il vantaggio effettivamente non c’è.
SE QUESTA lettura, suggerita dall’avvocato Franco Coppi, fosse corretta bisognerebbe dare “il merito” dell’assoluzione non ai magistrati ma ai politici che hanno cambiato le carte in tavola a metà del processo con una norma ad personas. L’assoluzione di Berlusconi per la concussione, se questa lettura fosse confermata dalle motivazioni, farebbe il paio con la prescrizione per la concussione del Pd Penati nel processo per il cosiddetto “Sistema Sesto” che coinvolgeva le coop rosse.
Fin quando non saranno depositate le motivazioni, possiamo avanzare ipotesi partendo da quanto avevamo scritto, suscitando un certo clamore, tre giorni fa: “La condanna di 1° grado nel caso Ruby non sta in piedi. Se la pena fosse ridotta in appello non sarebbe uno scandalo. La condanna a 6 anni (più l’anno per prostituzione minorile) per la telefonata del 27 maggio 2010 col dottor Piero Ostuni, punisce troppo severamente Berlusconi e assegna alla Questura la patente immeritata di vittima”. In quel commento criticavamo la scelta del Tribunale di inquadrare la telefonata di Berlusconi del 27 maggio 2010 al capo di gabinetto della Questura Ostuni nel reato di “concussione per costrizione”.
PIÙ SENSATA era la posizione della Procura che contestava l’induzione e che si sarebbe accontentata di una pena di “soli” 5 anni più uno. La scelta del Tribunale era una reazione disperata all’introduzione nel dicembre 2012, un anno e 10 mesi dopo il rinvio a giudizio per Berlusconi, dellaleggeSeverino.Quellalegge, spiegavamo nel commento tre giorni fa, configura un mezzo colpo di spugna perché cancella il reato di concussione per induzione contestato inizialmente dai pm Forno, Sangermano e Boccassini.
Restavano due alternative possibili per i giudici: se il pubblico ufficiale (Berlusconi) aveva ottenuto il favore dalla sua vittima (il capo di gabinetto della Questura, Piero Ostuni) facendo valere il peso della sua posizione di potere mediante la costrizione, allora il reato di B. restava la concussione. Se invece il pubblico ufficiale Berlusconi aveva indotto la Questura a fargli il favore senza costrizione, allora la pena doveva essere più mite ma era colpevole in astratto, anche se non punito in concreto, chi faceva il favore, cioé il funzionario della Questura. Il Tribunale aveva preferito mantenere la posizione di vittima della Questura e aveva quindi dovuto alzare il tiro su Berlusconi, contestando la concussione per costrizione.
La tesi, come avevamo scritto, era debole e non ha retto all’appello. Il nostro commento non auspicava però l’assoluzione ma suggeriva alla Corte di Appello di derubricare da concussione a induzione il capo di imputazione riducendo la pena e stigmatizzando il comportamento della Questura. “Sarebbe meglio forse dichiarare subito l’amara verità: la legge Severino - scrivevamo tre giorni fa - ha sostituito il reato contestato all’ex premier con uno diverso, punito con pena più blanda. La motivazione potrebbe suonare così: “Berlusconi non deve essere condannato a 6 anni ma a 4 anni perché il reato è stato abolito dallo stesso imputato con la complicità di Monti, Severino, Alfano e Bersani. Non c’è stata costrizionemasempliceinduzione e la Questura non è una vittima perché era libera di reagire con la forza della legge. A malincuore , diamo atto a Berlusconi e soci di essere riusciti nel capolavoro di ridursi la pena con una legge denominata dai giornali senza sprezzo del ridicolo: anti-corruzione”.
QUEL COMMENTO è stato strumentalizzato dai giornali berlusconiani che hanno suonato la grancassa per sostenere le ragioni del caro leader lanciando ipotesi fantasiose sul perché il Fatto avrebbe scelto di aiutare Berlusconi. Una reazione comprensibile per chi non riesce nemmeno a concepire che un giornalista scriva un’analisi solo per informare i suoi lettori con onestà intellettuale. Anche se l’analisi si conclude suggerendo uno sconto di pena per un pregiudicato come Berlusconi. La Corte di Appello è andata molto oltre le nostre analisi negando del tutto non solo la costrizione ma persino l’induzione che, all’esito del processo di primo grado, sembrava dimostrata. Per l’avvocato Franco Coppi non era possibile seguire il suggerimenti del Fatto perché “con la recente sentenza delle sezioni unite della Cassazione era impossibile derubricare la concussione per costrizione in concussione per induzione, perché quest’ultima forma richiede un vantaggio per il concusso”. Per Coppi, quindi, il pm avrebbe dovuto dimostrare che il capo di gabinetto della Questura Piero Ostuni mirava a un vantaggio personale (magari un avanzamento di carriera) quando telefonava a ripetizione al commissario Giorgia Iafrate per spingerla a consegnare Ruby a Nicole Minetti.
A DIRE IL VERO in altre sentenze la Cassazione non ha ritenuto necessario il vantaggio del soggetto che fa il favore al pubblico ufficiale per l’induzione. Ora l’ultima parola passa proprio alla Cassazione. La sensazione però è che nel nostro commento ci fosse effettivamente un errore. Se fosse confermata la lettura di Coppi, la legge Severino non sarebbe stata un mezzo colpo di spugna per Berlusconi, come avevamo scritto. Ma un colpo di spugna integrale.