Davide Vecchi, Il Fatto Quotidiano 19/7/2014, 19 luglio 2014
GHEDINI CHI? COPPI STACCA TUTTI
Occhi chiusi e capo chino. Accenna un sorriso e tira un sospiro profondo prima di girare le spalle al tavolo della Corte per uscire dall’aula. E le prime parole che si lascia sfuggire sono un pensiero ad alta voce: “La sentenza va oltre le più rosee aspettative”. In questa frase c’è la distanza siderale tra Franco Coppi, avvocato vecchio stile, riservato e schivo che nel maggio 2013 – affiancato dal collega Filippo Dinacci – si è fatto carico di assumere la difesa di Silvio Berlusconi, e i legali Piero Longo e Niccolò Ghedini. Quest’ultimo in particolare sospeso tra la politica e le campagne anti pm, incapace di tenere a freno il condannato ex Cavaliere. Persino l’erede di Arcore, Marina, ha sempre avuto dubbi sul suo operato. Ieri sia Coppi sia Dinacci hanno riconosciuto l’onore alle armi ai predecessori, ma la coppia di nuovi legali è riuscita in un anno dove gli altri due avevano fallito per oltre dieci. E nel giorno del trionfo di Coppi, Longo e Ghedini – fra l’altro indagati nel Ruby ter – si sono ritrovati meri spettatori costretti a divulgare un comunicato stampa nel timore di essere dimenticati: “La meritata assoluzione del presidente Berlusconi da un processo lungo e difficile, che non sarebbe neppure dovuto iniziare, con l’integrale accoglimento dei nostri motivi di appello e delle tesi sostenute in udienza dagli eccellenti colleghi Coppi e Dinacci, intervenuti in nostra sostituzione, è momento di vera soddisfazione e riporta serenità dopo un lungo periodo di grande tensione”.
ARRUOLATO da Berlusconi per affrontare in Cassazione l’epilogo del processo Mediaset – in cui l’ex premier venne condannato in via definitiva – Coppi si è poi fatto carico della difesa di tutti i procedimenti a carico del fu Cavaliere, prendendo le redini del duo Longo-Ghedini. Chi lo conosce sostiene che lo abbia fatto per sfida personale: non ha mai digerito la sconfitta in Cassazione motivandola con il poco tempo avuto a disposizione per studiare la difesa, appena due mesi. La sua presenza in aula ieri a Milano ne è la conferma: odia muoversi da Roma. Incassata l’assoluzione in Appello ora la sfida arriverà alla Corte di piazza Cavour su ricorso della procura generale. Ed è lì, davanti agli Ermellini, che Coppi vuole prendersi la sua rivincita e vedersi confermare l’assoluzione incassata ieri e congelare così definitivamente il titolo, che già lo accompagna, di principe del foro. Negli ultimi 30 anni Coppi è stato protagonista dei principali processi che hanno coinvolto ex premier, ministri, capi di Stato. Ha difeso e fatto assolvere Giulio Andreotti nel caso Nino Pecorelli; Antonio Fazio sullo scandalo Antonveneta e Nicolò Pollari nel rapimento Abu Omar. Ha sostenuto la difesa, tra i tanti, di Vito Miceli nel golpe Borghese, di Renato Brusco per i fatti di via Poma. Coppi al momento ha incassato la sconfitta in Cassazione sulla scarcerazione di Sabrina Misseri nel caso dell’omicidio di Sara Scazzi, ma è una difesa che ha accettato pro bono: è convinto dell’innocenza della 26enne, le scrive lettere in carcere per “tenerla su, aiutarla”, ha spiegato ieri a La Stampa.
Coppi è così. Si espone raramente. Studia gli atti a caccia del cavillo, dell’errore dei magistrati. Ancora ieri, dopo aver incassato una assoluzione storica per Berlusconi, ha dribblato i complimenti: “Merito del nuovo atteggiamento della difesa? Ognuno ha il suo stile, anzi piuttosto oso dire che i motivi di impugnazione sono stati redatti dagli altri avvocati e quindi va dato merito anche a loro”.