Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 19 Sabato calendario

LE MOLTE VITE DI CARRINGTON MINISTRO GENTILUOMO MELOMANE


Guardando alcuni documentari che raccontano la vita politica di Margaret Thatcher, mi sono imbattuto in un paio di interviste rilasciate da Lord Carrington. Mi ha piacevolmente impressionato, in particolare, la logica con cui l’ex-ministro degli Esteri parla delle proprie dimissioni all’epoca della guerra delle Falkland. Se non ricordo male, Lord Carrington era il Segretario Generale della Nato quando lei vi rappresentava l’Italia; potrebbe fare un ritratto di questo interessante personaggio?
Vittore Brunazzo

Caro Brunazzo,
Peter Carrington (95 anni nello scorso maggio) ha accumulato nella sua vita molti primati. E’ in politica dal 1938, quando ereditò il seggio del padre nella Camera dei Lord. Ha conquistato una medaglia al valore sul campo di battaglia in uno dei più duri scontri con le forze tedesche nei Paesi Bassi alla fine della Seconda guerra mondiale. È il solo sopravvissuto dell’ultimo governo presieduto da Winston Churchill (era Segretario all’Agricoltura nel 1951). È stato, nell’ordine, Primo Lord dell’Ammiragliato, ministro della Difesa e capo del Foreign Office. È il solo ministro degli Esteri che abbia rassegnato le dimissioni per una colpa quanto meno discutibile (non aveva previsto l’invasione argentina delle isole Falkland nel 1982).
Quando ritornò alla vita pubblica e divenne segretario generale della Nato nel 1984, i principali problemi politico-militari discussi nelle riunioni che si tenevano sotto la sua presidenza erano tre: i missili SS20 che l’Unione Sovietica aveva cominciato a installare nei suoi territori occidentali alla fine degli anni Settanta; i missili Cruise e Pershing che gli americani si accingevano a installare in alcuni Paesi dell’Alleanza, fra cui l’Italia; il progetto americano per la collocazione nello spazio di armi strategiche che avrebbero reso l’America invulnerabile. Quando lasciò l’Alleanza nel 1988, il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e il leader sovietico Michail Gorbaciov avevano trovato un accordo sul problema dei missili e il cielo sopra l’Europa si era considerevolmente schiarito.
La Nato non fu l’ultimo incarico pubblico di Carrington. Nel 1991 ebbe l’ingrato compito di mediare fra serbi, croati e bosniaci per tenere insieme i pezzi di un Paese che si stava sgretolando. Si mise al lavoro con le armi dell’esperienza e del buon senso, non ebbe maggiore fortuna di tutti coloro che ereditarono il suo incarico negli anni seguenti. L’anno scorso, durante un dibattito radiofonico, ha lasciato trapelare un certo rimpianto per gli anni della guerra fredda. È convinto che il vero problema sia stato il collasso dell’Unione Sovietica. Prima era necessario agire con prudenza per evitare uno scontro nucleare. Durante la guerra fredda la Jugoslavia non si sarebbe divisa, Saddam Hussein non avrebbe attaccato il Kuwait e non vi sarebbe stata una guerra afghana. Interrogato dal Daily Telegraph , più recentemente, sulla crisi siriana dopo l’uso di armi chimiche, ha risposto che non avrebbe mai raccomandato un intervento e ha aggiunto che quelli degli ultimi anni avevano peggiorato tutte le crisi del Medio-Oriente.
Vi è un altro aspetto della vita Carrington con cui ho qualche familiarità: la sua passione per la musica e il suo amore per il Covent Garden di cui fu per molti anni consigliere. Non aveva mai visto la Scala e riuscii a portarlo con me, durante un viaggio a Milano, per una rappresentazione del Barbiere di Siviglia. In un’altra occasione, quando eravamo a Napoli per una visita alla base della Nato, la stagione del San Carlo, purtroppo, era già terminata. Ma riuscimmo comunque a vedere il teatro. Passammo attraverso le sale del circolo dei proprietari dei palchi e ci affacciammo infine sulla sala. Mi colpì il suo silenzio. Sembrava quello di un fedele sulla soglia del tempio.