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 2014  luglio 19 Sabato calendario

DA MINETTI A OSTUNI, I PROTAGONISTI (E LE TELEFONATE) DI QUELLA NOTTE


MILANO — «Abbiamo fatto tutto alla luce del sole», racconta l’ex poliziotto, uno che quella sera era in Questura. «Mai nessuno, in seguito, mi ha raccontato di pressioni o minacce», ricorda Silvano Gattari, che ora lavora per la società privata Civis, dopo oltre due decenni alle Volanti del 113 di Milano. Altra voce, altra testimone, che negli uffici della Questura era andata alla ricerca di Ruby, perché in quei giorni la ospitava in casa: «Cosa dire? Tutto questo caos per nulla...», sorride Michelle Conceicao, che oggi vive in Brasile, ha sposato l’imprenditore italiano che frequentava da sei anni e aspetta di tornare in Italia. «In realtà però — aggiunge — quella ragazza ha raccontato sempre troppe bugie, a tutti, e per questo non ha mai pagato, visto che vive da riccona». Lei, Karima «Ruby» el Mahroug, fa sapere di essere «felicissima, non solo per Silvio ma anche per me, non ci speravo». Solo queste parole, niente più, dopo quattro anni di vita politica e giudiziaria avvelenati dalla sua storia.
Lanotte di Ruby , in realtà, inizia in un pomeriggio di sole. Mancano pochi minuti alle 18, un gruppo di ragazze sedute al tavolo di un bar, sul largo marciapiede di corso Buenos Aires, arteria commerciale di Milano. Karima cammina dall’altra parte della strada, imbocca il portone al civico 23, entra nel salone di estetica «Mami nail». Una delle ragazze al bar, Katia Pasquino, aspirante show girl, una che come Ruby rincorre e frequenta le notti milanesi, su e giù tra macchinoni e discoteche, la riconosce. E chiama il 113: «Due settimane fa io e una mia amica abbiamo ospitato una clandestina... Ci ha derubato di 3 mila euro». Sono le 18.02. Poco dopo arriva la volante di polizia «Monforte bis». È il 27 maggio 2010. Ruby in quel momento ha 17 anni e molti, troppi soldi in tasca per una ragazza della sua età.
Se questo è l’inizio, la storia si dipanerà in tre fasi, in un arco di otto ore. Otto ore che sono state vivisezionate dalla Procura e dal Tribunale. In quel momento, con la telefonata al 113, il meccanismo s’è messo in moto. Perché esploda, serve però che qualcuno accenda la miccia. Lo fa ancora Pasquino, con un’altra chiamata, alle 20.21. La ragazza chiama Michelle Conceicao, ex frequentatrice delle serate di Arcore. Fino a quel punto, per la polizia, Ruby è solo una minorenne sbandata da identificare e mandare in una comunità. Nel frattempo, però, Conceicao (21.20) chiama Giuseppe Spinelli, il ragioniere che insieme a Nicole Minetti gestisce l’aspetto economico di quelle che diventeranno le «ragazze dell’Olgettina» (dalla via del condominio in cui vivevano con l’affitto pagato dall’ex premier). Parte così la catena che risale fino a Berlusconi. E Ruby, in Questura, diventerà «un pericolo».
Due percorsi paralleli, che per il momento però non si toccano. I poliziotti brigano per identificare Ruby (quando le hanno chiesto come vivesse, lei ha risposto: «Ballo la danza del ventre nei locali»); si mettono in contatto con il magistrato di turno al Tribunale per i minori, Annamaria Fiorillo; avvertono la loro funzionaria di turno al 113, Giorgia Iafrate. A fine pomeriggio scoprono che Karima è marocchina ed è scappata da una comunità di Messina. È una situazione un po’ anomala, ma comunque di routine, bisogna solo trovare una nuova comunità a Milano per una minorenne senza genitori. Ma le due donne che si troveranno a gestire quel caso, Fiorillo e Iafrate, diventeranno protagoniste del processo. Che si giocherà in buona parte intorno alle loro opposte versioni sull’esito di quella notte: tra il «mai autorizzato l’affidamento della ragazza alla Minetti» del magistrato e la ricostruzione opposta della poliziotta.
Due giorni fa Annamaria Fiorillo è stata assolta dal Consiglio superiore della magistratura per un procedimento disciplinare relativo a dichiarazioni del 2010: aveva smentito pubblicamente l’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che aveva accreditato un suo assenso per l’affidamento di Ruby alla Minetti. Il Csm ha invece riconosciuto la piena correttezza della sua condotta. Strascichi della notte di Ruby. Giorgia Iafrate, dopo un passaggio alla Squadra mobile, è invece oggi la vicedirigente dell’ufficio Volanti del quale, nel 2010, guidava uno dei cinque turni. È ancora sotto indagine proprio per quella testimonianza, e senza commentare la sentenza si limita ad augurarsi che «la decisione della Corte d’Appello possa essere un elemento per l’archiviazione nei miei confronti».
La giovane poliziotta, quella notte, si trova al centro del caos. Che deflagra quando una semplice procedura di polizia incrocia l’intervento di Berlusconi, che chiama in Questura dopo tre ore di fibrillazione, rimaste fino ad allora confinate all’ambiente delle sue compagnie. All’identità della ragazza si sovrappone la (inventata) parentela con Mubarak. È un elemento di ulteriore scompiglio. Dalla mezzanotte in poi, in due ore, il capo di gabinetto Pietro Ostuni riceve sette chiamate «riferibili alla presidenza del Consiglio». A caduta, le chiamate tra Ostuni e la Questura sono 14. La sola Iafrate ne riceve 3 fra le 0.08 e le 0.20, e poi un’altra serie, stavolta di 7 contatti, tra l’1.21 e le 2.12. A quel punto la giovane marocchina è appena uscita dalla questura con Nicole Minetti: la notte di Ruby si chiude alle 2, l’orario riportato sul verbale di affidamento. Ricorda Gattari, che prese servizio dopo Iafrate: «La vicenda di quella ragazza, appena presa in consegna dal commissariato nel pomeriggio, andava gestita in maniera molto più rapida e professionale». Allo stesso tempo, però, mai in Questura era arrivata la telefonata notturna di un presidente del Consiglio. Che ha scatenato uno tsunami di agitazioni e preoccupazioni. Questo è certo. Il problema è come classificare quella tempesta, e stabilire se sia stata una forma di pressione (concussione, come in primo grado) o no (come in Appello).