varie, 19 luglio 2014
TUNNEL DI GAZA PER IL FOGLIO DEI FOGLI 21 LUGLIO 2014
Dopo dieci giorni di raid aerei su Gaza, di lancio di razzi palestinesi sul sud e sul centro d’Israele e una tregua fallita, giovedì sera alle 21 ora italiana è partita l’operazione di terra delle truppe di Tel Aviv. Gli obiettivi, hanno fatto sapere i militari, sono le infrastrutture dell’ala militare di Hamas: i tunnel usati per infiltrarsi in Israele, le postazioni sotterranee di lancio di razzi [1].
È un diluvio di fuoco «dall’aria, dal mare e ora anche da terra», come ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha richiamato altri 18 mila soldati e mira ad aprire la strada alle unità di truppe speciali, Nahal, fanteria e paracadutisti che proteggono i genieri militari impegnati nella caccia ai tunnel. Maurizio Molinari: «Sono i genieri i veri protagonisti di quanto sta avvenendo. Durante la prima notte di incursioni di terra i genieri hanno trovati almeno sette tunnel e i parà che li difendevano hanno eliminato 15 miliziani di Hamas, arrestandone altri 13 che sono nelle mani dello Shin Bet, il servizio di sicurezza» [2].
Il fatto è che per difendersi dai razzi Israele ha l’Iron Dome, ma le incursioni via tunnel di commandos jihadisti non hanno antidoti. L’esercito israeliano non dispone ancora della tecnologia per identificare i rumori in profondità [2].
Guido Olimpio: «I tunnel alimentano la Striscia con qualsiasi tipo di merce. Nei periodi buoni, il movimento palestinese è arrivato a investire il 30-40% del suo bilancio nella realizzazione delle gallerie sotterranee che collegano Gaza alla cittadina egiziana di Rafah, giusto dall’altra parte del confine meridionale. E in qualche caso ne hanno costruite alcune sofisticate per cogliere di sorpresa gli israeliani. Come nel 2006, quando il soldato Shalit fu catturato da un commando sbucato da sottoterra» [3].
Ci sono due tipi di tunnel, dice Ely Karmon, stratega dell’Institute for Policy and Strategy. «Per ora l’esercito vuol colpire i cinque, sei o sette che penetrano per due o tre chilometri in territorio israeliano e arrivano quasi dentro i kibbutz che circondano la Striscia. Uno di questi tunnel era stato colpito il 5 di luglio e sembrava che fosse stato eliminato, ma è da un’altra uscita dello stesso tunnel che sono venuti fuori giovedì scorso i 13 palestinesi pesantemente armati, di cui otto sono stati intercettati e uccisi dall’esercito quando stavano per attaccare un kibbutz» [4].
Vanna Vannuccini: «C’è poi una rete di tunnel ancora più fitta che si estende per tutta la Striscia, e l’obiettivo dovrebbe essere, come nel 2009, tagliare la Striscia in due per impedire a Hamas il trasferimento di armi e di uomini. Questi tunnel sono perfettamente mimetizzati, hanno aperture di acciaio che si richiudono dopo che il razzo è stato lanciato e permettono ai militanti di abbandonare il sito e spostarsi rapidamente da un’altra parte» [4].
Nelle gallerie da Rafah (Egitto) verso Gaza sarebbero transitati il 65% della farina, il 98% dello zucchero, il 100% di acciaio e cemento che entrano nella Striscia. Un traffico civile che si è poi mescolato a quello bellico: razzi, munizioni e altre materiale destinato alle Brigate Al Qassam e ad altre fazioni [3].
Nel 2013, le unità israeliane hanno scoperto una galleria sotterranea lunga quasi due chilometri, scavata 18 metri sottoterra e rafforzata con 500 tonnellate di cemento. Rolla Scolari: «Gili Cohen sul quotidiano israeliano Haaretz spiega che secondo l’intelligence militare il movimento islamista avrebbe addestrato unità speciali nella costruzione di queste gallerie, spesso dotate di luce elettrica e linee telefoniche, armate di cariche esplosive per provocarne il collasso in caso di emergenza, scavate a una profondità che arriva anche a 20 metri» [1].
Per comprendere come operano i soldati israeliani bisogna andare nelle retrovie, sulle strade del Negev. Molinari: «In mezzo a campi arati, protetti da alberi o impegnati in addestramenti, i militari mettono in mostra le armi più importanti di cui dispongono: i mega-trattori blindati D-9 e le squadre di mini-robot cerca-bunker. I D-9 sono dei giganti corazzati. L’altezza sfiora i venti metri, hanno un abitacolo da Iron Man e tenaglie metalliche in grado di muovere tonnellate di materiale» [2].
Ma ciò di cui i genieri più hanno bisogno è una sorta di trivella posteriore che assomiglia a un aratro gigante ed è in grado di arrivare a oltre 30 metri di profondità. Quando le truppe speciali individuano l’apertura del tunnel, sono i D-9 che – quasi sempre sotto il fuoco – intervengono per distruggerlo, seguiti da autobotti blindate con tubi protetti da cui esce l’acqua che inonda i bunker [2].
I tunnel, come i razzi fabbricati nella Striscia, sono diventati un simbolo nazionale a Gaza, dice Shlomi Eldar, giornalista di Al Monitor: «I militanti delle Brigate Ezzedine al-Qassam di oggi sono i figli della seconda Intifada. Prima del blocco di Gaza, migliaia di palestinesi della Striscia andavano a lavorare in Israele e imparavano l’ebraico. Questa generazione non è mai uscita da Gaza e anche prima di essere arruolati nelle Brigate hanno succhiato il messaggio jihadista e hanno creduto davvero alla leggenda dei razzi palestinesi che possono distruggere Israele» [4].
I miliziani di Hamas tentano di fermare le incursioni via terra di soldati, trattori e robot disseminando il terreno di trappole, ingaggiando scontri ravvicinati e fuggendo nei nascondigli. Lo scontro di terra si limita alle fasce a ridosso del confine perché Israele è intenzionato a bonificarle dai tunnel trasformandole in zone-cuscinetto da cui poi estendere eventualmente le operazioni [5].
La questione dei tunnel è stata al centro di una lunga controversia anche tra Hamas e l’Egitto. Mentre i cunicoli che conducono fin dentro lo stato ebraico sono «decine, forse centinaia” – come spiegato dal portavoce dell’esercito israeliano Peter Lerner – quelli che conducevano in Egitto erano certamente migliaia. Al-Sisi nei mesi scorsi ne ha distrutti più di mille [6].
La lotta del governo egiziano contro i cunicoli del contrabbando era stata inaugurata dall’ex presidente Hosni Mubarak. Dopo avere tentato di farli collassare, il maresciallo è passato alle maniere forti: nel 2010 ha gassato un tunnel provocando la morte di quattro palestinesi, l’anno successivo ha provato a inondarli [7].
Quella dei tunnel per i palestinesi è diventata una vera industria, con minatori (paga 80-100 dollari al mese), proprietari che affittano i tunnel e «famiglie» che si preoccupano del contrabbando pagando una tassa di passaggio alle autorità [3].
«Contro questo mondo sotterraneo, Israele ha messo in campo la propria tecnologia, ha chiesto aiuto agli Usa e sollecitato gli egiziani ad agire. Lungo il confine le hanno provate tutte: lame nel terreno, allagamenti, sismografi, cariche esplosive, trincee profonde. Una vera campagna che però non ha eliminato il problema per il semplice fatto che Gaza senza i suoi tunnel non potrà mai sopravvivere» (Olimpio) [3].
(a cura di Luca
D’Ammando)
Note: [1] Rolla Scolari, Il Foglio 19/7; [2] Maurizio Molinari, La Stampa 19/7; [3] Guido Olimpio, Corriere della Sera 18/7; [4] Vanna Vannuccini, la Repubblica 19/7; [5] Davide Frattini, Corriere della Sera 19/7; [6] Fabio Scuto, la Repubblica 19/7; [7] Alessio Schiesari, il Fatto 19/7.