Michele Brambilla, La Stampa 19/7/2014, 19 luglio 2014
È FINITA LA GUERRA DEI VENT’ANNI
Pensate a che cosa sarebbe successo fino a due anni fa e poi dite se non è vero che la guerra è finita. Sarà forse perché fa caldo, ma l’assoluzione di Silvio Berlusconi è passata via, tutto sommato, in una discreta indifferenza. Qualche battuta, qualche frecciata: ma niente in confronto all’odio che ha segnato un ventennio.
Due anni fa, dicevamo. Nel novembre del 2011, anche per la vicenda Ruby, Berlusconi è costretto a dimettersi e quando lascia il Quirinale si vedono scene da 25 aprile: gente che esulta per l’avvenuta Liberazione, per la fine del tiranno, sputi e monetine. E dall’altra parte le accuse di golpe, di complotto europeo, di comunismo nella magistratura. Qualcuno scrive: vedrete che tornerà la stagione delle bombe.
Ieri, invece. Nessuno in piazza, tanto per cominciare. Poche e in fondo sommesse reazioni in quell’altra grande piazza che è la Rete. Il blog di Beppe Grillo, quello che per anni ha chiamato Berlusconi «lo Psiconano», alle quattro del pomeriggio apre ancora con un’intervista a Nadine Gordimer; l’assoluzione pronunciata a Milano in nome del popolo italiano è un titolino di spalla, e del tutto «piatto», come si dice in gergo: «Caso Ruby, la magistratura assolve Berlusconi». Il commento di Di Battista è piccolo, piazzato sotto un box che dà conto delle «novità 2014 dei prezzi degli infissi». Non hanno ancora avuto tempo di organizzare l’insurrezione? Macché. Alle sei di sera l’apertura del blog cambia, ma per dare l’apertura a Renzi e la spalla a Farage. Berlusconi diventa un titolino in basso a destra, quasi invisibile. MicroMega, a metà pomeriggio, non ha ancora la notizia. Forse sono i loro ritmi, ma qualche tempo fa un’assoluzione così, piena e nettissima, sarebbe stata letta come la fine della democrazia, e qualcuno avrebbe parlato della necessità di andare subito in montagna.
Dove sono finiti i girotondi e i giustizialisti? E, dall’altra parte, i falchi? I magistrati non sono più tutti comunisti, anzi «c’è un giudice a Berlino», come dicono in molti, a partire da Giovanni Toti, il coordinatore che è anche simbolo della fine di una stagione, quella dello scontro frontale. Il Giornale, Libero, Repubblica e Il Fatto quotidiano titolano tutti praticamente allo stesso modo, neutro: nell’ordine, «Berlusconi assolto»; «Assolto Silvio Berlusconi»; «Ruby, Berlusconi assolto da tutte le accuse»; «Ruby, Berlusconi assolto». Colpisce quest’ultimo titolo, perché di solito Il Fatto quello là non lo nominava neanche, era «B» e basta, certa gente non ha neanche diritto a un’identità.
Per carità ognuno conserva le stesse opinioni, e ci mancherebbe. Però i toni, l’animosità di una volta non ci sono più. Il Fatto nei giorni scorsi aveva addirittura scritto che Berlusconi meritava uno sconto di pena rispetto ai sette anni del primo grado; e ieri Marco Travaglio, intervistato a botta calda dal sito Affaritaliani, dice: «La sentenza non mi convince, ma aspetto di leggere le motivazioni». Roba da Camera dei Lord. Mariastella Gelmini non cede alla tentazione della vendetta e si limita a esprimere la propria «emozione fortissima». Dov’è finita la guerra di religione su Silvio? Nessuno sembra scaldarsi più di tanto. D’altra parte il sondaggista Nicola Piepoli assicura che l’assoluzione, in termine di spostamento di consensi «vale zero», così come zero sarebbe stato in caso di condanna.
Anche Berlusconi non fa l’incendiario, dice che è commosso, e che Forza Italia continuerà responsabilmente sulla via della collaborazione con il governo a guida Pd per fare le riforme. Vi ricordate che cosa si dicevano, gli uni agli altri? Oggi paradossalmente gli unici a rosicare per l’assoluzione sono proprio i falchi di Forza Italia, i più acerrimi accusatori della magistratura: forse sotto sotto speravano in una condanna per spingere il Capo a far saltare il banco, a tornare ai bei tempi degli insulti. Ma un mondo è passato: al posto della Santanché c’è la Pascale, al posto di Ghedini c’è Coppi, e forse l’assoluzione è arrivata anche perché si è scelto di non presentarsi in aula come in trincea.
Certo oggi qualcuno dirà ancora che Berlusconi è colpevole, o viceversa che la sentenza di primo grado fu un’esecuzione politica. Ma è una disputa accademica. Non siamo più in prima fascia: già alle ultime elezioni lo scontro era fra Renzi e Grillo, con Silvio defilato. E oggi, a maggior ragione, il ruolo del Cavaliere non è più determinante: le riforme si possono fare con lui o senza di lui.
Berlusconi assolto insomma non fa più scandalo perché Berlusconi non fa più paura. Ma anche quelli che lo additavano come il Male Assoluto sono andati in pensione, oppure hanno cambiato obiettivo, e adesso il loro «ladro di democrazia» è uno che guida la sinistra e che di Berlusconi potrebbe essere quasi il nipote.
La guerra è finita, dunque. Chi l’ha vinta? Lo scrittore Robert Harris, nel suo giallo fantapolitico «Fatherland», immagina che la seconda guerra mondiale si sia conclusa con una specie di pareggio fra Stati Uniti e Germania, e che ciascuno dei due abbia ottenuto qualcosa e rinunciato a qualcosa d’altro. Ecco, forse è successa una cosa simile.