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 2014  luglio 19 Sabato calendario

TELECAMERE TERMICHE E RAGGI LASER, ECCO LO SCUDO PER DIFENDERSI DAI MISSILI

Salvare i passeggeri del volo Mh17 era possibile. L’arma letale contro i missili terraaria come quelli sparati contro il Boeing della Malaysian c’è già. Brutta da vedere – è uno scatolone oblungo di un metro per 60 cm. e 150 kg. di peso da appendere sotto la fusoliera del jet, nome in codice Skyshield – ma efficacissima. In grado di neutralizzare con percentuali vicine al 100% razzi simili a quelli usati in Ucraina. Unico problema, il prezzo: il sofisticatissimo sistema messo a punto dall’israeliana Elbit, come il concorrente Lairc della Northrop, costa qualcosa come 3 milioni di dollari a pezzo. Troppo per un settore dove gli utili, quando arrivano, arrivano con il contagocce. Morale: lo scudo anti-missili è montato oggi solo su 49 dei 32mila velivoli in viaggio ogni giorno sopra il pianeta. I 38 della El Al — che l’area di crisi ce l’ha in casa a due passi dall’aeroporto di Tel Aviv — tre della American Airlines e un pugno di mezzi di stato, Air Force One incluso. E nessuna authority, fino ad oggi, ha mai pensato di rendere obbligatori come dotazione di bordo dei voli di linea le difese contro gli ordigni terra-aria.
IL CASO DI MOMBASA
I primi a pensare all’utilizzo di questi sistema di difesa militari sugli aerei civili sono stati proprio gli israeliani dopo che due razzi sparati nel 2002 da un puntatore a spalla hanno sfiorato un charter della Arkia Airlines con 261 passeggeri a bordo subito dopo il decollo di Mombasa, in Kenya. Due anni più tardi su tutti gli aerei del paese è stato installato Flight-Guard. Un dispositivo in grado di intercettare questo tipo di missili (capaci di colpire aerei fino a circa 1.300 metri di altezza) generando palle di fuoco per “depistare” i sensori termici che li guidano verso il calore dei motori. La tecnologia però corre. E ben presto i tecnici dell’aviazione si sono resi conto che il vero pericolo sono le armi come i Buk che sarebbero stati usati in Ucraina: basi di lancio posizionate su mezzi semovibili come i camion militari. Dotate di micidiali razzi che intercettano il bersaglio con un sistema di puntamento a radar e lo raggiungono volando a 3 volte la velocità del suono, oltre mille metri al secondo con una gittata di oltre 50 chilometri in distanza e 23 in altezza, ben oltre la quota di crociera dei jet commerciali come l’Mh17.
L’EVOLUZIONE DELLO “SCUDO”
I militari, come ovvio, sono stati i primi a rivedere i loro scudi anti-missile. Perfezionando le versioni fino ai modelli disponibili oggi anche per aerei civili. I nuovi sistemi come Skyshield e Lairc sono l’evoluzione darwiniana del Flight guard riadattata al nemico da combattere: una telecamera termica intercetta il missile in arrivo, un puntatore a infrarossi manda in tilt il sistema di guida dei radar e depista l’ordigno allontanandolo dal bersaglio. Poi, quando è a distanza di sicurezza, lo fa esplodere con un raggio laser. Wargames simili a quelli dei videogiochi. Ma sufficienti, se fossero stati installati sul Boeing della Malaysian, a salvare 298 vite. Peccato, more solito, per il prezzo. «Se gli ordini decollassero e fosse possibile avviare una produzione di Skyshield su numeri robusti — spiega una fonte della difesa — il costo unitario potrebbe a scendere a 1 milione di dollari». Uno sconto del 66% che però significherebbe lo stesso una maxi-bolletta da 32miliardi di dollari per aprire un ombrello anti-missile su tutta la flotta commerciale mondiale.
I JET A PROVA DI MISSILE
Oggi come oggi, dunque, per volare senza preoccuparsi di Buk e simili ci sono solo tre possibilità: imbarcarsi su un volo della El Al, avere la fortuna di salire a bordo di uno dei tre jet American Airlines dotati in via sperimentale di un sistema contro i razzi dell’inglese Bae o diventare capo di stato in uno degli otto stati che hanno in dotazione del presidente un jet a prova di attacchi. L’Air Force One della Casa Bianca, dicono le indiscrezioni, sarebbe dotato non solo del Lairc ma anche di un marchingegno che lo rende immune agli impulsi elettromagnetici di una bomba termonucleare. Optional di questo tipo sono montati pure sul jet in
dotazione all’Eliseo, sul Konrad Adenauer e il Theodor Heuss, i mezzi di Angela Merkel, sul Baku 1 dell’Azerbaijan e le flotte presidenziali di India, Oman e Qatar. L’Italia, viaggia al risparmio. E affida la sicurezza dei voli di stato all’istituzione di no-fly zone limitate e agli strumenti in dotazione agli intercettori di scorta. Ma peggio, per assurdo, va a Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano si è lamentato nei giorni scorsi di non avere un aereo personale a prova di missile per le missioni all’estero. E di essere costretto a spostarsi noleggiando aerei commerciali. L’unica speranza, nel suo caso, è che si tratti di voli El Al.