Antonio Ferrari, Sette 18/7/2014, 18 luglio 2014
ESCE DI SCENA IL GRANDE CHE HA PERSO SEMPRE
L’ultimo grande di Israele, esaurito il mandato presidenziale, esce dal firmamento politico internazionale e ora potrà dedicarsi interamente alla sua Fondazione. Riesce però difficile pensare a uno scenario mediorientale senza Shimon Peres, senza i suoi saggi suggerimenti, senza la sua intelligente visione, senza il suo elegante umorismo. A novant’anni, è comunque probabile che decida di farsi da parte, limitandosi a elargire preziosi consigli.
Chi ama il Medio Oriente non può non aver ammirato quest’uomo, che Ben Gurion descriveva come un predestinato del potere, tanto da averne l’aureola. Eppure il leader che ci ha sempre affascinato non è mai riuscito a convincere il suo popolo e a vincere un’elezione. Le ha perse tutte, e si ha quasi l’impressione che la nomina a capo dello Stato sia stato un tardivo atto riparatorio, favorito dalla mancanza di una credibile alternativa. C’è chi lo aveva definito, con cinismo, un Giano bifronte. A ben vedere, Shimon Perski (questo è il suo vero nome), originario della Bielorussia, è un personaggio contraddittorio. Il progetto nucleare dello Stato ebraico porta il suo sigillo. E anche la politica degli insediamenti nei territori occupati lo ha visto tra i primi promotori, prima di diventare l’apostolo della necessità di un compromesso per giungere alla pace con i palestinesi. Del partito laburista Peres è stato sicuramente la bandiera, ma quando c’era da scegliere il candidato-premier si guardava altrove: a Yitzhak Rabin, il sanguigno condottiero che l’israeliano medio adorava. Un uomo verticale, Rabin, piegato soltanto dalle pallottole del fanatico estremista ebreo Ygal Amir, nel dicembre 1995. Era chiaro che, dopo la morte del compagno di partito, non poteva che essere Peres il nuovo premier. Il predestinato però fece di tutto per perdere le elezioni, consegnando la guida del Paese alla destra di Benjamin Netanyahu.
Eppure, Peres vanta anche un premio Nobel, vinto nel 1994 assieme a Rabin e ad Arafat dopo gli storici accordi di Oslo. In realtà, quel prestigioso riconoscimento, che inizialmente doveva essere riservato solo ai due protagonisti dell’intesa, appunto Rabin e Arafat, fu allargato al ministro degli esteri con l’aiuto e le pressioni dell’Internazionale socialista, e in particolare di François Mitterrand. Portai a Shimon Peres le pagine di uno studio storico, commissionato ad Atene, sugli atti di eroismo durante la Seconda guerra mondiale. Tra gli eroi c’è suo padre, che fu paracadutato dagli inglesi nel nord della Grecia occupata dai nazisti, e fu nascosto e protetto in un convento ortodosso. Il padre aveva la grinta del vincente. Forse suo figlio, politico raffinato, non ha avuto il coraggio di osare. Però è e resterà uno dei più grandi di Israele.
Quando la morte è un passo verso la salvezza
Un uomo è a terra in mezzo al fango. Si è appena gettato da un aereo in fiamme. Intorno a lui esplosioni, gente che corre, soldati che sparano, esseri alieni che sventrano qualsiasi cosa gli si pone davanti. La macchina da presa segue il protagonista tra le trincee, mentre cerca rifugio dal fuoco nemico. È un codardo, lo vediamo subito. Non è un soldato valoroso; si è trovato qui per caso e non sa come uscirne. Uno a uno i suoi compagni vengono uccisi; l’unica cosa che lo mantiene in vita è la paura che lo porta da una buca all’altra. Ha un armamento sofisticato, ma non sa usarlo. Nella sua vita ha sempre fatto il pubblicitario, anche sotto l’esercito. Incrocia il suo sguardo con un altro soldato; è una donna. Combatte come un vero killer; avanza senza paura annientando i nemici che le si parano davanti. Lei lo vede e si ferma a osservarlo, come se lo avesse già incontrato da qualche parte. Non passa un istante che viene uccisa dal nemico. L’essere alieno si avventa sull’uomo che in un impeto di eroismo fa esplodere la granata che ha nella cintura, uccidendo entrambi. Il sangue acido dell’extraterrestre cola sul viso del soldato corrodendolo fino all’osso. È di nuovo lo stesso giorno, il nostro protagonista si ritrova a vivere le stesse cose, la stessa battaglia. È un loop che porta alla pazzia, alla consapevolezza, all’eroismo, un gioco in cui ogni morte può essere un passo avanti verso la salvezza.