18 luglio 2014
Tags : Francesco Schettino
SCHETTINO Francesco. Castellammare di Stabia 14 novembre 1960. Comandante. Accusato di omicidio colposo plurimo per il naufragio della Costa Concordia all’isola del Giglio, il 13 gennaio 2012, che causò la morte di 32 persone
SCHETTINO Francesco. Castellammare di Stabia 14 novembre 1960. Comandante. Accusato di omicidio colposo plurimo per il naufragio della Costa Concordia all’isola del Giglio, il 13 gennaio 2012, che causò la morte di 32 persone. «Mi piace il momento in cui accade qualcosa di imprevedibile. Quando si deraglia dalla procedura standard. È una sfida da affrontare».
• Studi all’istituto nautico “Nino Bixio” di Piano di Sorrento, lo stesso frequentato dagli armatori Achille Lauro e Gianluigi Aponte. Dopo aver conseguito il diploma di capitano di lungo corso, ha fatto la trafila da allievo ufficiale a comandante. «A Meta di Sorrento, dove Schettino abita, raccontano di una lunga gavetta sui traghetti della Tirrenia, che per decenni è stata la palestra dei giovani ufficiali sorrentini che sognano le “love boat”. Schettino è uno di quelli che ce la fa. Anche se non immediatamente. Passa per la Snav Agip, l’Msc crociere (pochi mesi) e la Reinassance, da dove fa il salto in Costa. Riferiscono fonti qualificate, “anche grazie all’interessamento di Gianni Onorato, campano come lui”. Lo assumono come “ufficiale responsabile per la sicurezza” e il suo primo incarico da comandante arriva nel 2006. La promozione al timone della Concordia arriva tre anni dopo, nel 2009» (Bonini e Mensurati). (la Repubblica 17/1/2012).
• Nel dicembre 2010 in un’intervista al quotidiano ceco Dnes: «Sulla nave deve regnare una disciplina quasi militare. Il comandante deve avere tutto sotto controllo, qualora una situazione seria dovesse verificarsi. E soprattutto, deve essere là dove è necessario che sia. Non vorrei mai trovarmi nei panni del comandante del Titanic, costretto a navigare tra gli iceberg. Oggi però tutto è più facile grazie a strumenti tecnici molto sofisticati e a Internet. Un eventuale errore non sarà mai fatale perché siamo ben preparati ad affrontare le situazioni difficili. Il comandante non ha più quella grande responsabilità che aveva in passato, anche se ovviamente l’ultima parola spetta a lui e non agli strumenti. Oggi, grazie alla nostra preparazione, possiamo dominare qualunque situazione e prevenire ogni problema. La salvaguardia dei passeggeri è al primo posto delle nostre preoccupazioni. Per fortuna la gente dimentica in fretta le tragedie. È come quando cade un aereo. Nessuno in fondo pensa che possa accadergli davvero» (a Dana Emingerová).
• Michele Miccio, suo secondo ufficiale sulle navi della Tirrenia: «Fui io a consigliargli, visto che prometteva molto bene, di lasciare la marineria pubblica e di fare carriera con l’armamento privato. Di lì a poco lo ha fatto e in pochi anni ha percorso una brillante carriera, prima sulle navi della Carnival e ora sui giganti della Costa. Visto come sono andate le cose, ora mi pento di avergli dato quel consiglio». «Interrogato, uno dei suoi ufficiali, Martino Pellegrino, alla richiesta di descrivere il suo comandante, ne parla come un uomo “autoritario”, “per certi versi intrattabile”. “Uno con cui non si riusciva e non si poteva mai parlare”. Insomma un egocentrico che si alimenta dell’indubbia stoffa che dimostra in mare. “A Schettino piace tenere il timone - racconta ancora Pellegrino - non gli piacciono le macchine”. Naviga su colossi a 12 ponti grandi come case, come su scafi veloci. “Se dovessimo fare un paragone stradale - chiosa un investigatore - ci siamo fatti l’idea che guidasse un lussuoso pullman di linea come una Ferrari”» (Bonini e Mensurati).
• Tra gli uomini che meglio lo conoscono c’è il commodoro Mario Terenzio Palombo: per quattro anni ha diviso con lui la plancia della Costa Serena, gemella della Concordia. Palombo era il comandante, Schettino il vice che era al suo fianco quando a Napoli l’altro fu colpito dal secondo infarto che lo obbligò a lasciare per sempre la navigazione: «Ma quali amici, ho sempre avuto delle riserve su Schettino. È vero, è stato il mio secondo, ma era un tipo troppo esuberante. Uno spavaldo. Più di una volta ho dovuto metterlo al suo posto». A conferma dell’opinione, una lettera, agli atti dell’inchiesta, scritta da Palombo nel 2003 al direttore delle risorse umane di Costa, Sergio Repetto: «Schettino (allora al primo imbarco su navi di grande tonnellaggio, ndr) ha manifestato alcune lacune relative alla gestione del personale e disciplina di bordo. Non c’è stato inizialmente con me un buon rapporto in quanto, per orgoglio professionale o per i suoi motivi caratteriali, in molti casi preferiva mentirmi piuttosto che ammettere di aver sbagliato. Ha vuto anche difficoltà durante le manovre dovute alla sua scarsa esperienza, ma comunque come uomo è umile e buono d’animo e per questo ho voluto aiutarlo a superare le difficoltà incontrate a bordo» (Marco Gasperetti). (Corriere della Sera 3/3/2012) • Il giorno della tragedia Palombo era in ospedale a Grosseto e pare che l’inchino della nave al Giglio fosse proprio in suo onore. Quella sera parlò con Schettino un paio di volte, ma per pochi secondi, «perché l’utenza era occupata»: «Gli dissi che non c’era motivo di fare il passaggio al Giglio, era inverno e sull’isola non c’era nessuno. Lo consigliai di allontanarsi e di fare un giro al largo». Invece nelle registrazioni della scatola nera si sente Schettino telefonare alle 21.56 e 19 secondi a Roberto Ferrarini, dell’unità per le emergenze di Costa Crociere a Genova: «Roberto ho fatto un casino!... Senti una cosa: io sono passato sotto l’isola del Giglio, qua! È stato il comandante Palombo... mi ha detto “passa sotto passa sotto”. Sono passato sotto qua, ho preso con la poppa un basso fondale... Io per accontentare sto maronne, io ho fatto questa cosa... E sono passato che alla fine ci stava questo scoglietto qui».
• Al processo, ancora in corso, si difende dicendo che le rocce contro cui andò a sbattere la nave non erano segnalate sulla cartina geografica. Inoltre il timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin parlava solo inglese e avrebbe male interpretato i suoi ordini. Sostiene che la sua manovra di scarrocciamento, che ha portato la Concordia verso un fondale più basso, ha salvato la vita a migliaia di passeggeri.
• Prima del 13 gennaio 2012 Schettino aveva già fatto un azzardo con la Concordia: il 17 dicembre 2011, con la nave carica di passeggeri al porto di Marsiglia, in piena tempesta, con il vento che soffiava tra 50 e 60 nodi. L’ufficiale di coperta, Martino Pellegrino: «Ci radunò sulla banchina e ci informò che saremmo usciti comunque, nonostante quel vento. Ci fu un silenzio agghiacciante. Ci guardammo tra di noi, ma non avemmo la forza di parlare. Poi, ci ordinò di ispezionare i respingenti della banchina, per assicurarci che tenessero». Fece uscire la nave con le macchine avanti tutta, facendo leva sui respingenti come se fossero stati delle molle.
• Appassionato motociclista, possiede una Honda Varadero 1000: «Ci tengo molto, anche più dell’auto».
• Sposato con Fabiola Russo. Una figlia.