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 2014  luglio 18 Venerdì calendario

IN GIAPPONE? SI FINISCE IN PRIGIONE ANCHE PER UNA SPADE


L’alacre impiegato giapponese Yoshitomo Imura, 28 anni, di giorno stampava documenti, di notte «stampava» pistole. La polizia lo ha arrestato in questi giorni a Kanagawa, dopo averlo trovato in possesso di cinque pistole perfettamente funzionanti da lui realizzate usando la propria stampante 3D, un comunissimo modello pagato 60mila yen (circa 450 euro), seguendo le istruzioni dettagliate di «blue prints», reperibili on line. Non che Imura-san avesse preso una qualsiasi precauzione per rimanere anonimo. Al contrario, trascinato dall’entusiasmo, aveva realizzato un video in cui dimostrava la facilità di assemblaggio e la potenza di fuoco della sua «Zig-Zag» e lo aveva diffuso in rete, concludendo con il preoccupante slogan: «Armi per tutti. Con una pistola in mano siamo tutti eguali!»
Manette inevitabili per il fanatico armaiolo digitale con l’accusa di violazione della severa legge che regola il possesso e l’uso «delle spade e delle armi da fuoco». In Giappone è praticamente impossibile per un comune cittadino acquistare un’arma da fuoco che non sia un fucile da caccia. La stessa Yakuza, la tentacolare mafia nipponica, ricorre alle armi da fuoco molto raramente per non incorrere nelle pesantissime pene inflessibilmente comminate per quel reato. Non è casuale che il codice penale metta le spade davanti alle armi da fuoco nell’articolo riguardante il possesso illegale delle armi. Nel Paese dei samurai e delle loro mitiche sciabole katana, i crimini commessi con le armi da taglio sono infatti molto più frequenti di quelli dovuti a pistole e fucili.
Il galoppante sviluppo della tecnologia 3D pone problemi per ora insoluti per la sicurezza dei cittadini. Nelle organizzazioni di intelligence di tutto il mondo impegnate nella lotta al terrorismo si parla senza mezzi termini della «terrificante realtà delle micidiali armi da fuoco realizzabili da chiunque con le stampanti 3D». Un’arma di plastica realizzata con una stampante 3D sfugge ai controlli del metal detector e può essere rapidamente incenerita senza lasciare tracce.
Due giornalisti inglesi hanno stampato una pistola perfettamente funzionante, l’hanno messa nella loro 24 ore e sono saliti sul treno Eurostar che da Londra va a Parigi, sfrecciando nel tunnel sotto la Manica. Hanno superato senza alcun problema tutti i controlli simili a quelli degli aeroporti. Idem nel viaggio di ritorno. L’arma celata era stata realizzata in meno di 36 ore con una comune stampante 3D acquistata per 1.700 sterline.
In meno di un anno, si è passati dall’ormai mitico Liberator, un’arma stampata negli Stati Uniti, capace di sparare una sola pallottola di piccolo calibro, ad armi semi-automatiche in grado di sparare letali raffiche di proiettili. Il Liberator fu considerato una sorta di pericoloso giocattolo per adulti, ma i più attenti osservatori lanciarono subito l’allarme: il creatore del Liberator era l’apprendista stregone a cui è sfuggito il controllo dei poteri magici che aveva messo irresponsabilmente in moto.
Si è ormai formata nel mondo una vasta rete di entusiasti delle armi 3D. Hanno un frequentatissimo sito web chiamato Fosscad (Free Open Source Softwear & Computer Aided Design) in cui si scambiano progetti, si dà notizia dei risultati ottenuti, si aiutano i meno esperti a realizzare armi da fuoco, vengono proiettati video di assemblaggi di armi e si consiglia come e dove andare a far fuoco con le armi materializzate dalla stampante.
Come fermare o almeno tenere sotto controllo questa pericolosa deriva della tecnologia 3D? Per il momento, l’unico punto debole nell’uso criminale delle nuove armi è che esse sparano normali pallottole di metallo, non ottenibili con una stampante 3D e quindi soggette a rintracciabilità da parte degli investigatori. Ma non passerà molto tempo prima che anche questo ostacolo sarà superato, per il sollievo dei grilletti facili di tutto il mondo.
«Bisogna assolutamente mettere subito fuorilegge a livello mondiale questo uso improprio della tecnologia 3D» ha dichiarato Masahito Sugawa, specialista della legislazione relativa alle stampanti 3D della prestigiosa università giapponese di Niigata. «Inoltre dobbiamo avere uno stretto controllo della produzione e delle vendite dello speciale materiale plastico necessario alla produzione di armi con le stampanti 3D».
Non si limita alle armi da fuoco l’uso criminale della tecnologia 3D: recentemente in Australia una banda vi ha fatto ricorso per stampare uno scanner in grado di leggere dati bancari con i quali ha prelevato centomila dollari da un conto di un istituto di credito di Melbourne. I collezionisti di monete e documenti rari che possono valere centinaia di migliaia di dollari sono in allarme perché si aspettano che un’ondata di falsi perfetti inondi il mercato.
Ma sarebbe errato ritenere che le stampanti 3D siano solo un albero della cuccagna per la malavita: come ogni prodotto dell’ingegno umano, la tecnologia 3D può essere usata per il bene o per il male. In Giappone sono stati stampate repliche di ossa umane precise al centesimo di millimetro. La General Electric Co. ha ordinato a una ditta specializzata di stampare più di centomila copie di alcune parti di aereo che renderanno un aeroplano di linea più leggero di 454 kg. Un 49enne carneade italiano, il designer torinese Michele Anoè, ha vinto un concorso mondiale per un progetto di carrozzeria di automobile da stampare in 3D. La realizzerà in diretta davanti alle telecamere di tutto il mondo l’8 settembre di quest’anno all’International Manifacturing Show di Chicago. Ci vorranno un paio di giorni di lavoro, ma alla fine si vedrà un’intera carrozzeria di un’auto media di tipo sportivo interamente stampata in plastica rinforzata con fibre di carbonio o di vetro. Si chiamerà Strati e camminerà con un motore elettrico della Renault. Il professor Behrokh Khoshnevis dell’università della California meridionale si dice pronto a realizzare in poche ore, senza bisogno di alcuna mano d’opera, una casa di 200 metri quadrati, usando una gigantesca stampante 3D alta 4 metri e lunga 10. Impermeabile alle preoccupazioni di molti osservatori, l’industria delle stampanti 3D travolge ogni perplessità con vendite pari a 3 miliardi di dollari nel 2013.
In mezzo secolo di evoluzione tecnologica siamo passati dalle copie in carta-carbone alle stampanti 3D che ricordano la materializzazione e smaterializzazione di corpi teletrasportati profetizzata nella saga spaziale di Star Trek. È davvero inimmaginabile dove si potrà arrivare nei prossimi pochi decenni. Fra le infinite applicazioni, si sta progredendo nella ricerca per stampare cibo. Se, come affermano i vegetariani, «noi siamo quel che mangiamo» non è forse lecito immaginare che un giorno non poi così lontano arriveremo a stampare servizievoli corpi di esseri umani di cui potremo liberarci incenerendoli senza lasciare traccia (magari dopo avergli scaricato addosso un intero caricatore con una pistola appena stampata in salotto... nella casa stampata in 3D...)?