Maria Corbi, La Stampa 18/7/2014, 18 luglio 2014
SABRINA MISSERI DAL CARCERE: “NON CHIAMATEMI ASSASSINA”
«Non voglio più saperne di niente, scusami se non ti telefonerò ma non sto bene, questa botta non riesco a reggerla... Preferisco mollare piuttosto che continuare, qui dentro non uscirò mai, non vogliono credermi e non so più cosa fare. Non ce la faccio più... tutto ha un limite, sono un essere umano». Sabrina Misseri scrive dal carcere alla sorella Valentina. Sono 4 anni che è in cella per l’omicidio della cuginetta Sarah Scazzi. Continua a dirsi innocente con una condanna in primo grado che, invece, dice «fine pena mai».
La Cassazione a giugno ha respinto il ricorso dei suoi legali, Franco Coppi e Nicola Marseglia, che avevano sperato negli arresti domiciliari. «Tutt’oggi pomeriggio ho riflettuto su questa cosa - si sfoga Sabrina - non riesco a calmarmi, la Cassazione è stata sempre la mia speranza e adesso sto sprofondando nel buio».
Il suo legale Franco Coppi cerca di darle speranza nelle lettere che le invia costantemente. «Ma non è facile», spiega il professore che ha deciso di prendere questa difesa pro bono. «Perché credo fermamente nell’innocenza di questa ragazza», spiega. «È una cosa indegna di un Paese civile che un imputato sia pure accusato di un gravissimo delitto si trovi ristretto in carcere quando dopo 4 anni dall’inizio della custodia cautelare ancora non si conosce la data dell’inizio del processo di appello. Le scrivo spesso tentando di tirarla un po’ su. Ma è disperata, ha pensieri cupi povera figlia e sono molto preoccupato per lei. Spero che le permettano di vedere lo psichiatra che per lei in questi anni è stato un punto fermo».
Ci sono storie e persone che ci accompagnano nei pomeriggi televisivi, fatti lontani da noi che viviamo come fossero un romanzo, un giallo da risolvere tutti insieme. Poi ci sono i personaggi di quei fatti, che leggono le loro vite attraverso la nostra interpretazione, il nostro giudizio, spesso la nostra superficialità. L’inchiostro che fissa i pensieri di Sabrina dovrebbe riportare tutti alla realtà, al dubbio, almeno alla pietà.
«...Vivi con la paura di rimanere qua, con la paura che subito dopo l’appello mi trasferiscano...», scrive Sabrina Misseri. «Sono sola come un cane, lo psichiatra non lo posso vedere, la psicologa di prima non ce l’ho più... Non riesco a ragionare più, il male è più forte del bene, è inutile non si può fare niente. Non la vogliono la verità, deve essere come dicono loro... Tanto vale che mi mettano in croce come Gesù Cristo così sono tutti più contenti».
«Non riesco a reggere più l’etichetta dell’assassina», scrive Sabrina. «Il vomito è aumentato per l’agitazione.... perché devo subire tutto questo, non c’è mai una notizia buona, sono passati quasi 4 anni, ero entrata a 22 e adesso ne ho 26, e più si va avanti è sempre peggio».
E ancora: «Ho bisogno di sfogarmi, sto talmente male con gli occhi, non sto vedendo bene. Mi è venuto mal di testa a furia di piangere, non riesco a calmarmi, mi stanno attraversando mille pensieri brutti... La verità è che non ci sarà giustizia, la giustizia non esiste». Sabrina si sente «al limite»: «Sto male e qui ti rispondono stai tranquilla, male che vada con i benefici di legge esci prima, ma io il carcere non voglio farlo più innocentemente, credo che per poco riuscirò a sopportare, il mio limite è arrivato».