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 2014  luglio 18 Venerdì calendario

LA MALEDIZIONE DI MALAYSIA AIRLINES

Un aereo scomparso da oltre quattro mesi e uno abbattuto ieri in un istante. Il mistero più impenetrabile nella storia dell’aviazione civile e un attacco bellico che, se confermato, è destinato a sconvolgere il profilo della guerra russo-ucraina. Due Boeing 777 e 534 vittime in poche settimane, dall’Asia all’Europa. La Malaysia Airlines torna tragicamente sotto i riflettori del mondo e questa volta difficilmente riuscirà a levarsi il marchio di «compagnia maledetta», minacciando di trascinare nella rovina anche l’economia di Kuala Lumpur. Nella capitale malese la notizia peggiore arriva a notte fonda: per la nazione è uno shock, mentre per le Borse del Sudest asiatico l’incubo è la riapertura di oggi dei mercati.
Di nuovo ore di incertezza, come l’8 marzo, con la popolazione sconvolta che davanti alla tv si chiede se l’esplosione del volo MH17 sopra Shaktarsk, sul confine tra Ucraina e Russia, possa fare luce anche sulla sparizione del volo MH370, forse inghiottito nelle acque dell’Oceano Indiano. Sospetti che nessuno accetta ufficialmente di ammettere, l’errore di lancio di un missile e un aereo perduto in uno spazio che va dal Kazakhastan al Sud-ovest dell’Australia, ma che i servizi segreti di mezzo mondo cominciano subito ad analizzare. Il primo ministro malese Najib Razak, già travolto dal giallo del “Boeing fantasma”, annuncia l’apertura di «un’inchiesta immediata » sull’attacco di ieri e si dichiara «sconvolto»: «Oggi è stato un giorno tragico di un anno tragico», ha aggiunto.
Nulla, fino ad ora, sembra unire cause e dinamiche di sciagure lontane, ma l’impatto emotivo, per Boeing e Malesia, risulta difficile da reggere. Razak, appreso del colloquio Putin-Obama, non nasconde «irritazione e indignazione». Superato e ignorato un’altra volta dai “grandi” del pianeta: come in primavera, quando a discutere del destino del volo MH370 furono Obama e il presidente cinese Xi Jinping. Saranno pure i malefici della sorte, ma il dramma di ieri riaccende le luci su quello di marzo, appesantito nel frattempo da una serie incredibile di errori, di reticenze e di inconfessabili interessi. Quel sabato notte, lungo la rotta Kuala Lumpur-Pechino, il Boeing della Malaysian scomparve dai radar 40 minuti dopo il decollo, tra gli spazi aerei di Malesia e Vietnam. Per giorni si parlò attentato, di un’esplosione a bordo, di un dirottamento- show da parte dell’internazionale islamica del terrore. A fine marzo, con 15 Paesi impegnati nelle ricerche più costose di sempre, il nuovo scandalo: la Malesia ammette di aver confuso il presunto addio del comandante, accusato di aver cercato il suicidio, e con un sms alle famiglie delle vittime Razak stabilisce che l’aereo «è precipitato nell’Oceano Indiano» e che «non ci sono sopravvissuti ».
È l’avvio di una nuova epopea: l’Australia, su pressione di Londra e Washington, assume il comando della maxi-operazione per trovare le scatole nere del Boeing. Tra aprile e maggio, ostacolate dalla guerra sotterranea tra tecnologie militari negate, le ricerche ricorrono
perfino ad un sommergibile- robot, passando al setaccio oltre mille chilometri quadrati di oceano, al largo di Perth. Il “Boeing maledetto” diventa il più colossale spettacolo dei network globali, fino all’annuncio che proietta la realtà oltre l’immaginabile: i dati dei satelliti sono stati male interpretati, i segnali non appartenevano alle scatole nere del volo MH370, le ricerche si sono concentrate nei mari sbagliati e dovranno ripartire da zero.
Errori e affari, segreti e misteri di Stato, con la comunità internazionale costretta ad ammettere che nell’era del mondo sotto controllo è possibile che un Boeing di linea sparisca nei sovraffollati cieli dell’Asia, senza lasciare traccia. Per questo, non solo tra Kuala Lumpur e Pechino, lo scenario del missile filo-russo che fa esplodere per sbaglio un altro Boeing della Malaysia Airlines, decollato da Amsterdam, lascia scettiche le intelligence ancora alle prese con il rompicapo di marzo. L’attenzione ora è tutta sulla lista dei passeggeri, alla ricerca di connessioni tra le vittime dei due voli. Prima l’Asia, poi l’Europa: conflitti sommersi e guerre dichiarate, in attesa che qualcuno riesca a dimostrare che gli aerei maledetti non sono collegati da un agghiacciante filo invisibile.