Lirio Abbate, l’Espresso 18/7/2014, 18 luglio 2014
MARINA, LA POLITICA NON FA PER ME
Le sentenze, il governo e il destino di Silvio Berlusconi nelle parole della figlia Marina, più volte indicata come sua erede alla guida di Forza Italia. Sono frasi molto diverse rispetto alle dichiarazioni ufficiali e alle rare interviste della primogenita dell’ex Cavaliere, perché registrate lo scorso 2 luglio in un’intercettazione telefonica, di cui "l’Espresso" ha preso visione. Proprio il ruolo come prossimo leader del centrodestra che frequentemente viene attribuito alla presidente di Fininvest e Mondadori rende questa conversazione, che non ha risvolti penali, di rilevanza pubblica. Si tratta forse dell’unica occasione in cui Marina Berlusconi parla senza filtri e senza freni: «Perché ci sia una via d’uscita, questa storia di far cadere il governo adesso, è una cazzata, ma poi scusi, senza fare ragionamenti di alta politica o di strategia che io sinceramente non sono in grado di fare, ma anche solo guardando i tempi come si può pensare che oggi sia giusto fare cadere il governo. Siamo a luglio, e questa sentenza arriva a novembre».
Il momento è delicato. Da pochi giorni il padre è stato appena condannato a sette anni di carcere in primo grado per il caso Ruby e per novembre è atteso il verdetto definitivo per frode fiscale, quello che ne ha poi provocato la decadenza da senatore. Marina è al fianco del padre, e vive con lui il "dramma" giudiziario che attraversa. Al governo c’è Enrico Letta, sostenuto dal Pdl con il vicepremier Angelino Alfano: la scissione del Nuovo Centrodestra è ancora lontana.
In quella calda mattina d’estate la conversazione di Marina Berlusconi viene registrata casualmente dagli agenti della Digos della questura di Napoli. Su ordine e dei magistrati partenopei erano stati messi sotto controllo i telefoni del direttore di "Panorama", Giorgio Mulè, nell’ambito di un’inchiesta sulla fuga di notizie che riguardava Valter Lavitola: un procedimento in cui oggi è imputato a Roma un cancelliere del tribunale di Napoli (vedi box nell’altra pagina). L’intercettazione è agli atti del processo.
Marina Berlusconi chiama il direttore alle nove e 15 del mattino, e la voce tradisce la gravità della situazione. Non c’è quel tono spigliato e squillante da manager di ferro a cui i sui collaboratori sono abituati, tanto che Mulè si preoccupa e chiede: «Ma che voce ha?». Lei risponde: «Ma, una voce così, da mattina». La signora Marina, come la chiamano in Fininvest, sembra essere abbattuta per la giornata pesante che dice di aver trascorso il giorno precedente ad Arcore, nella villa del padre, davanti alla quale si erano riuniti un centinaio di sostenitori per testimoniare solidarietà dopo la sentenza dei giudici di Milano. «Ho fatto una giornata ieri ad Arcore», dice Marina Berlusconi al suo interlocutore, e «sono distrutta, guardi sa cosa vuol dire distrutta? Distrutta». Spiega che il suo stato d’animo è abbattuto e si sente demoralizzata per quello che sta accadendo: «Vedere mio padre così, che poi mio padre è bravissimo perché è di una lucidità, è di una... io non so neanche come faccia. Le dico, però è veramente una situazione...». E qui la conversazione entra nel dibattito sulla cerchia più stretta della famiglia Berlusconi, lasciando trasparire i dubbi sull’opera degli avvocati-parlamentari che assistono l’allora Cavaliere, a partire da Niccolò Ghedini. La presidente di Fininvest e Mondadori si confida: «Ma guardi, le dico la verità, se la tenga veramente per sé. Stamattina ho fatto anche una telefonata con zio Fedele perché ero talmente disperata che non sapevo da che parte girarmi lì. C’è questa filiera di Ghedini, che insomma io non so dare valutazioni dal punto di vista processuale: c’è chi la critica, c’è chi, però dal punto di vista personale, seppure in buona fede è...». Poi aggiunge: «È come prendere il veleno, guardi veramente», prosegue Marina: «è perché anche io non lo so forse quando uno è condannato a morte ma deve avere la speranza...».
I due interlocutori concordano sul fatto che in quel momento è «una cazzata» far cadere il governo di Enrico Letta. Siamo a luglio 2013 e lo scenario politico si stava evolvendo rapidamente. Fino a quel momento, era il Pdl ad avere il monopolio delle critiche interne al premier Enrico Letta. Ma con una certa sorpresa si è aperto un secondo fronte nella maggioranza: quello guidato dal predecessore a Palazzo Chigi, Mario Monti, che ha improvvisamente abbandonato il profilo di alleato fedele fino a minacciare una crisi di governo. Una mossa imprevista. Dopo la condanna di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi avevano messo in conto un aumento della litigiosità da parte del Pdl, non la sortita di Monti. A complicare l’intreccio tra questioni politiche e giudiziarie c’è poi il riferimento alla «sentenza che arriva a novembre». Insomma, un quadro molto complesso. Che richiederebbe «ragionamenti di alta politica o di strategia» che però Marina Berlusconi dice «sinceramente non sono in grado di fare».
La primogenita di Arcore sperava in «poche chance. Magari ci sia un minimo di ragionevolezza oggi in qualcuno». E sottolinea che: «Mio padre ragiona con la sua testa». Poi ritorna sulla fine giudiziaria e politica che attende quello che in quel momento è ancora Cavaliere: «Insomma, l’apocalisse, come se uno dovesse sapere in che giorno morirà, è meglio non vediamo tutti» e per fare un esempio chiede a Mulè: «Lei vorrebbe sapere in che giorno morirà, io no. Se anche devo morire domani fino ad allora vivo. Vivo pensando di dover vivere. Io non lo so, è veramente una roba fuori da ogni...».
Il direttore sottolinea: «Lei in questo sa di avere un ruolo fondamentale...». «Lo so però guardi veramente», risponde Marina. E Mulè chiosa: «È difficilissimo». «Infatti», chiude la presidente di Mondadori, che finora ha sempre respinto gli inviti a farsi carico del futuro del partito: «Un’intenzione che non ho mai avuto e che non ho».
Oggi le voci di un suo impegno in politica sono tornate a farsi insistenti. Ai collaboratori, la figlia dell’ex premier ripete che quella di una discesa in campo è un’ipotesi non attuale. Con gli esponenti di Forza Italia che l’hanno chiamata per sondare le sue intenzioni o per invitarla a dare la sua disponibilità, Marina Berlusconi avrebbe anche auspicato che la questione venga lasciata cadere.
La signora Marina ha 47 anni e due figli: "Forbes" e "Fortune" la considerano una delle cinquanta donne più potenti e influenti del pianeta, inserita al nono posto tra le ereditiere più ricche del mondo. Presiede l’intera holding Fininvest con 22 mila dipendenti e un fatturato annuo di 9 miliardi di euro; amministra il gruppo Mondadori con 1.275 milioni di fatturato e 3.436 impiegati. Ma del partito non vuole saperne e sostiene in questa intercettazione di non sapere «fare ragionamenti di strategia e alta politica». Di sicuro però tiene alla serenità del padre. E la squadra che oggi ha chiuso Silvio Berlusconi in una sorta di cordone sanitario ha in lei il referente più fidato. Dalla giovane fidanzata, Francesca Pascale, a Maria Rosaria Rossi e all’assistente Alessia Ardesi, tutte contano sul rapporto diretto e privilegiato con la primogenita. Che nonostante tutto continua a essere l’unica in grado di raccogliere l’eredità paterna.