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 2014  luglio 18 Venerdì calendario

ATTACCO DA TERRA E MARE. E SU GAZA CALA IL BUIO - I

colpi di artiglieria, i razzi di segnalazione, le raffiche dagli elicotteri illuminano il nord della Striscia di Gaza, i villaggi rimasti senza luce. I raid colpiscono anche la parte orientale: è in queste due zone che dall’altro ieri gli israeliani lanciano i volantini di avvertimento («lasciate le case, l’operazione militare è imminente»), è da qui che è marciata l’offensiva di terra nel conflitto del 2009 ed è da qui che è cominciata nella notte.
I blindati e le forze speciali si sono mossi nella terra di nessuno verso i primi palazzi, tra 500 metri e un chilometro dalla barriera. L’assalto sembra sia stato pianificato da tutti i lati, anche dal mare: i militari hanno avvertito i giornalisti alloggiati negli alberghi sulla costa di evacuare l’area. Ci sono stati i primi scontri con i miliziani, il ministero della Sanità palestinese parla di ricoverati per i gas usati come copertura dall’esercito.
Benjamin Netanyahu ha ripetuto fin dall’inizio che tutte le opzioni erano sul tavolo, anche l’invasione, anche per lui che in otto anni da primo ministro in tre mandati non ne ha mai ordinata una. L’incursione della notte sembra essere limitata: l’obiettivo dell’esercito è quello di distruggere i tunnel scavati da Hamas per riuscire a infiltrare i miliziani dentro a Israele ed eliminare le batterie di lancio per i missili che l’aviazione non è riuscita a centrare in questi dieci giorni.
L’operazione non ha limiti di tempo — almeno a parole — e Benny Gantz, il capo di Stato maggiore, ha ordinato di richiamare altri 18 mila riservisti: adesso ne ha a disposizione 60 mila.
Malgrado le pressioni di Avigdor Lieberman, il ministro degli Esteri che preme per rioccupare la Striscia, Netanyahu non ha mai indicato tra gli scopi quello di togliere il controllo al movimento fondamentalista. Lo ripete anche il portavoce delle forze armate per lasciare ai capi dell’organizzazione una via d’uscita. I servizi segreti avvertono che il caos del futuro potrebbe essere peggiore del presente con Hamas: il territorio stretto tra Israele, l’Egitto e il mare potrebbe finire sotto il dominio di gruppi ancora più estremisti .
La guerra si è fermata solo per cinque ore, una tregua umanitaria richiesta dalle Nazioni Unite per permettere ai palestinesi di uscire di casa, andare al mercato a rifornirsi di cibo. Allo scadere del cessate il fuoco, i bombardamenti sono ricominciati: i missili verso le città israeliane sparati dai miliziani fondamentalisti, gli attacchi dell’aviazione di Tsahal . Tre bambini arabi sono stati uccisi mentre giocavano sul tetto di casa: le vittime a Gaza in questi dieci giorni di scontri sono almeno 235, per la maggior parte civili. Un israeliano è morto martedì, centrato da un colpo di mortaio mentre distribuiva dolci ai soldati dispiegati attorno alla Striscia.
L’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha denunciato ieri di aver scovato venti razzi in una delle sue scuole. L’intelligence israeliana accusa Hamas di usare le strutture civili come basi militari.
Le trattative per ritornare alla calma stabilita dopo il conflitto del novembre 2012 vanno avanti. Abu Mazen, il presidente palestinese, ha incontrato al Cairo Abdel Fattah al Sisi: insieme stanno cercando una soluzione che permetta ad Hamas di proclamare di aver ottenuto delle concessioni.
Perché sul campo di battaglia l’esercito irregolare del movimento non ha per ora vittorie da esibire. Ieri un commando di tredici uomini è emerso da un tunnel in un campo vicino a un kibbutz: individuati dagli elicotteri, sono fuggiti indietro, la galleria è stata fatta saltare. Un drone lanciato dai miliziani lungo la costa israeliana — è il secondo tentativo — è stato intercettato e abbattuto.
Al Sisi, il generale diventato presidente, non nasconde la sua irritazione verso i leader di Hamas. «Se avessero accettato la nostra proposta di cessate il fuoco — fa dire al ministro degli Esteri — avrebbero salvato le vite di molti palestinesi». Abu Mazen dovrebbe arrivare oggi in Turchia alla ricerca di altri negoziatori. Gli israeliani e gli egiziani vogliono sfruttare questo conflitto per rafforzare la posizione del presidente nella Striscia, di cui ha perso il controllo nel 2007 dopo un golpe dei fondamentalisti. Una delle ipotesi per cercare di mediare un cessate il fuoco è quella di aprire il valico di Rafah al confine con l’Egitto e affidarne la sicurezza alle forze di Abu Mazen.
D.F.