Enrico Fierro, Il Fatto Quotidiano 17/7/2014, 17 luglio 2014
CIRIACO DA NUSCO: “UN VERO POLITICO NON MUORE MAI”
inviato a Nusco (Avellino)
Il Fatto Quotidiano? No, non vi leggo e non voglio neppure parlare con voi. Siete fuori dalla storia”. Ciriaco De Mita è gentile, capisce il dramma del cronista che si è arrampicato sulle verdi colline dell’Irpinia interna fino a Nusco per parlargli, ma è fermo: il nostro giornale non gli piace. “Non si sa cosa siete veramente. Ecco, voi non siete neppure comunisti”. Replichiamo che molti di noi hanno lavorato all’Unità e il nostro direttore l’ha firmata per anni. “Non la leggo più, mi piaceva l’Unità di Massimo D’Alema”. Di nuovo il cronista: “Ma se fu proprio D’Alema a fare quel titolo sui soldi della ricostruzione, De Mita si è arricchito col terremoto...”. “Cose vecchie, ricordo che anni dopo D’Alema venne a trovarmi e mi regalò quella prima pagina del giornale...”. Ricordo lucidissimo. Era il 2 febbraio 2008, Ciriaco De Mita festeggiava il suo ottantesimo compleanno a Roma, c’era tutta la politica che contava e conta ancora, e i vecchi amici della diaspora democristiana. Massimo D’Alema si presentò con quella prima pagina del quotidiano fondato da Gramsci e un bigliettino vergato con inchiostro rosso. “E il tempo corregge e cancella anche gli errori...”. Il lìder maximo chiese scusa.
SEDE DEL COMUNE DI NUSCO, 914 metri sul livello del mare, “Uno dei borghi più belli d’Italia”, si legge sul cartello di benvenuto. Strade pulite, case con i gerani alle finestre, 4.280 abitanti sulla carta. C’è la villa comunale col monumento ai caduti e i giochi per bambini, un nucleo industriale con poche fabbrichette, uno snack bar, un lounge bar, una “culinary school” e tanta deprimente quiete. Al Comune, però, c’è fermento. Ci sono gli addetti dell’acquedotto provinciale che devono parlare col sindaco, i giovani in attesa per capire come accedere ai finanziamenti per le start-up, e i manifesti che spiegano come prendere il patentino per la raccolta dei funghi “epigei spontanei commestibili”. E Ciriaco De Mita, uomo simbolo della Prima Repubblica, deputato dal 1963, ministro più volte, presidente del Consiglio, segretario della Dc immortalato in mille foto con i grandi della terra del secolo scorso, è qui nel suo minuscolo ufficio di sindaco mentre a Roma Renzi , Calderoli e Boschi parlano di Italicum e nuovi assetti costituzionali. “Ho dedicato tutta la mia vita alla riforma dello Stato, al ridisegno della Costituzione e delle forme di governo”, dice tradendo un pizzico di nostalgia l’ex presidente della Bicamerale. “Anni passati a confrontarci con l’opposizione. Nilde Iotti, Pietro Ingrao, quello era il tempo dei giganti. Ora tocca ad altri, che giganti proprio non sono”.
La curiosità spinge il cronista a insistere. Perché un uomo a 86 anni, dopo una vita politica piena, decide di fare il sindaco del suo piccolo comune? Risposta: “Perché la politica non è un mestiere. Non muore mai, è come la scrittura. Ecco, lei scrive, fa il giornalista, il suo cervello è come quello di un politico: non potrà mai decidere di pensionarsi. Io sono qui per testimoniare la grandezza della storia della Democrazia cristiana, voglio rappresentare una comunità e voglio farlo da rivoluzionario. Proposi agli operai di una fabbrica in crisi di occupare lo stabilimento, ci sarei andato anch’io, poi quelli decisero di mettersi d’accordo con la Fiat e di farsi liquidare. Ora vanno in giro per manifestazioni”. E l’età? “L’età si misura dalla testa, se funziona l’età non c’è, quando non funziona l’età c’è. La testa è garantita per me dal Padreterno, per gli altri dalle leggi biologiche”. Ragionamento in puro stile demitiano, quello che ha fatto impazzire intere generazioni di cronisti politici, e fine del colloquio. “Con voi non parlo, non vi leggo, siete fuori dalla storia”.
IL MISTERO rimane intatto. Troppo semplice spiegarlo con le categorie in voga oggi sulla casta abbarbicata al potere, c’è qualcosa di più complesso. Per capire ci rivolgiamo a Gianni Marino, bancario in pensione, appassionato di blues, storico del suo paese e da sempre comunista. Gianni è primo cugino di De Mita, per oltre quarant’anni i due non si sono parlati. Pochi mesi fa, l’evento, i cugini hanno ricominciato a rivolgersi la parola, ma lo hanno fatto da par loro in un convegno politico. Ora Gianni è in Consiglio comunale e siede sui banchi dell’opposizione. “De Mita sta facendo il sindaco con un piglio peronista. Ascolta tutti, va al bar a giocare a carte, partecipa all’assemblea dei cacciatori, va a fare gli auguri alla vecchietta del paese per il compleanno. Diciamo che ha una energia inesauribile”. Insomma, siamo di fronte a una sorta di “otoño del patriarca”? “No, qui a Nusco non si vedono all’orizzonte dei generali Zacarias, è come se Ciriaco, che qui ancora chiamano Ciriachino, avesse un irrisolto bisogno di riconciliarsi con il paese. Parla sempre di comunità da ricomporre. Voglio un paese dove buongiorno significhi davvero buongiorno, dice sempre. Gli ho detto spesso che lui è stato un innovatore fino agli anni Settanta, poi si è ridotto come gli altri a gestire un formidabile sistema di potere. Lui replica accusandomi di essere un illuminista-marxista. Alza il dito e mi rimprovera: Gianni la storia non si spiega, si racconta”.
Placida Nusco, dove la politica è ancora confronto e scontro di idee. I giovani in paese sono pochi, quelli che possono vanno via. Perché qui non c’è futuro. Nei tempi d’oro del potere demitiano, quando il “clan degli avellinesi” aveva l’Italia in mano, di soldi ne sono girati e tanti. Porteremo l’industria in montagna, costruiremo la Grande Irpinia. Promesse, progetti falliti. Una comunità dissolta.