Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 17 Giovedì calendario

D’ANNA: “IL VAFFA DI SILVIO? IO ’STA FETENZIA NON LA VOTO”

[Intervista a Vincenzo D’Anna] –

Da buon campano, il senatore Vincenzo D’Anna pesca il sostantivo perfetto per la riforma nazarena: “Fetenzia”. La frase completa è questa: “Non mi farò marchiare dall’onta di votare questa fetenzia di riforma”. Ed è per questo motivo che martedì, all’assemblea dei parlamentari azzurri, Silvio Berlusconi ha mandato “a fare in culo” D’Anna, che è un forzista prestato agli autonomisti di Gal. Testuale.
Senatore, è stato un evento storico. Berlusconi non lo aveva mai fatto in 20 anni.
Sono dispiaciuto, non volevo suscitare questo tipo di reazione. Ma nel loro piccolo anche le formiche s’incazzano.
La formica è lei.
Mio malgrado. Io rivendico il mio diritto a decidere. Qui non si parla di una legge sul prosciutto di Parma.
Senza offesa per il prosciutto di Parma.
Certamente. Qui stiamo riformando il titolo V della Costituzione.
Racconti dall’inizio.
È semplice. Abbiamo fatto l’assemblea e non ci è stato concesso il diritto di parlare. Ma Berlusconi non poteva farlo. Questa riforma concentrerà tutto il potere nelle mani di una minoranza e con il combinato disposto dell’Italicum, senza preferenze, sparirà l’essenza delle democrazia.
Democrazia autoritaria, per il Fatto.
Bravi. Di fronte a questo stato di cose non si può chiedere il solito atto di fede. Io voglio bene a Berlusconi, ma per me la democrazia è un principio non negoziabile. Non faccio l’accattone per una poltrona e non sono leader di niente. Né ambisco a farlo.
A quel punto?
Alla fine dell’assemblea mi sono avvicinato a lui. C’era già Capezzone che gli manifestava le sue perplessità sulla minaccia di ricorrere ai probi viri contro di noi.
Si è avvicinato e lui è esploso.
Ridendo gli ho detto: “Visto che ci vuoi cacciare fatti almeno salutare”.
E lui?
Ha risposto: “Tu la devi smettere di contestarmi sempre”.
Lei è un noto malpancista.
Sulla gestione del partito in Campania è vero ma non contro Berlusconi. Non troverà una mia frase contro di lui.
Quindi?
Ha proseguito: “Se te ne vuoi andare con Alfano fallo, tanto sei già d’accordo con lui”.
E lei?
Garbatamente gli ho fatto notare: “Sei tu che così stai dando ragione ad Alfano. Che siamo usciti a fare dal governo Letta se poi facciamo le riforme con Renzi?”.
Una provocazione da vaffanculo.
Ha detto: “Ma andate a fare in culo”.
Plurale, non singolare.
Eravamo io, Capezzone, Minzolini e la Bonfrisco.
Lei è anche un bersaglio della Pascale.
L’ho ripresa una sola volta quando ha definito “camorrista” Nicola Cosentino, non aveva né il ruolo né le competenze per farlo.
E ora i probi viri.
Prima bisogna fare un congresso per nominarli. E farò di tutto per fermare l’eutanasia di Forza Italia.