Vittorio Da Rold, Il Sole 24 Ore 17/7/2014, 17 luglio 2014
RUSSIA, PRIMO CLIENTE BERS
Bocche cucite a Londra, alla sede centrale della Bers, la banca per la ricostruzione e lo sviluppo nei paesi in transizione dall’economia centralizzata, alla richiesta di un commento al blocco dei finanziamenti a Mosca come sanzione sulla crisi ucraina.
Di certo c’è che la Bers ha finanziato in Russia dal 1991 ben 790 progetti per 24 miliardi di euro e l’anno scorso la banca ha messo sul piatto 1,8 miliardi di prestiti su 8,5 miliardi complessivi elargiti solo per Mosca (il 20% del totale) da investire in progetti dell’economia reale, infrastrutture e nella promozione dell’efficienza energetica.
Da oggi questo prezioso rubinetto per Mosca sarà chiuso in un momento in cui la Russia del presidente Vladimir Putin quest’anno, secondo le stime dell’outlook rilasciate al vertice annuale della Bers a Varsavia il 15 maggio scorso, dovrebbe essere in stagnazione (crescita zero) con un modesta ripresa (0,6%) nel 2015, ma a condizione che la situazione in Ucraina non degeneri.
Un brutto segnale per la dirigenza di Mosca che però promette battaglia legale, secondo fonti diplomatiche occidentali, visto che la Russia è una delle 64 nazioni che sono azioniste della banca stessa. Non sarà quindi facile non fornire credito a una socio seppure in contrasto con gli altri 63 membri.
Gli effetti economici della crisi ucraina erano stati i pericoli maggiori contenuti nel "Transition Report", il rapporto annuale della Bers dedicato ai Paesi della transizione, un fattore che potrebbe rallentare il processo di convergenza di questi Paesi alle economie più avanzate fin qui sempre andato avanti dal 1999.
Venticinque anni dopo la caduta del Muro di Berlino, dieci dall’ingresso di otto paesi dell’est Europa, accompagnati da Malta e Cipro nel maggio del 2004 nell’Unione europa, la Bers è stata costretta a tagliare le stime di crescita dell’Europa centro orientale in occasione del suo meeting annuale a Varsavia, la prima città che sfidò Mosca e varò il primo governo non comunista con il premier vicino al sindacato di Solidarnosc, Tadeusz Mazowiecki.