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 2014  luglio 17 Giovedì calendario

IL COMMISSARIO ALLA SPENDING REVIEW STILA LA CLASSIFICA DELLE CITTÀ VIRTUOSE


Roma Al Sud si spende tanto per uffici e impiegati; troppo poco per scuole e servizi sociali. Al Nord, al contario, la macchina burocratica costa meno del dovuto e le risorse si concentrano sui servizi ai cittadini.
Dopo quattro anni di preparazione (un «lavoro lunghissimo», come ha ammesso il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio) cominciano a filtrare i primi dati sui fabbisogni standard dei comuni. Cioè il calcolo delle necessità finanziare degli enti locali, da confrontare con la spesa reale per capire se ci sono sprechi e inefficienze. Ieri la presentazione della banca dati dei fabbisogni con un annuncio dato dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta.
Entro tre anni, il patto diStabilità interno che vincola le spese degli enti locali, sarà abolito. Ci sarà già una sperimentazione con la prossima legge di stabilità. Poi l’abolizione che per funzionare ha appunto bisogno di strumenti come i fabbisogni standard, da ieri raccolti in un unica banca dati.
Progetto «opendata» affidato alla societa Sose, con un unico grande neo: non è disponibile al pubblico. Motivo del ritardo, dare la possibilità ai sindaci di rettificare le tante spese che non tornano.
I dati parziali diffusi ieri sono relativi al 2010, ma possono già indicare delle dinamiche. Ad esempio emerge che al Sud lo scostamento tra spesa storica (quanto effettivamente spendono) e i fabbisogni (quanto dovrebbero spendere) è a favore della prima nel caso dei «servizi generali». Cioè i comuni spendono più del dovuto (il 6,71%) per l’amministrazione e per pagare gli impiegati. Al contrario, per «servizi sociali ed istruzione», spendono meno, con una differenza tra i due indicatori del 4,91%. Ai cittadini meridionali sono sottratti circa 100 milioni in servizi, che tornano sotto forma di stipendi e burocrazia per 150 milioni.
La classifica delle città con il peggior scostamento tra spesa e fabbisogni è guidata da Perugia, con una spesa di 1.057 euro per abitante contro i 734 euro che sarebbero necessari. Segno che i servizi costano troppo. Seguono Brindisi, Taranto, Potenza e Fiumicino. In fondo alla classifica, le città virtuose: Bergamo (708 euro di spesa contro 815 di fabbisogno.), poi Crotone, Pescara, Reggio Calabria e Forlì. Roma è, per pochi euro, tra le città dove le spese non tornano: 1.190 euro di spesa pro capite contro i 1.108 individuati come fabbisogno. Milano virtuosa, con 1.160 euro di spesa contro 1.171 di fabbisogno.
Entro la fine di ottobre i dati saranno a disposizione dei cittadini nel sito, per ora consultabile solo dalla Pa. «Un appuntamento da non perdere», ha commentato Carlo Cottarelli, commissario alla spending review, che avrebbe evidentemente preferito rendere pubblici i dati da subito. Un po’ contrariato Piero Fassino, presidente dell’Anci, per il quale i tagli non sono un tema tecnico: «Sono decisioni politiche».