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 2014  luglio 17 Giovedì calendario

ROCCO, HAMRIN E IL CATENACCIO. QUANDO IL PADOVA ERA UN GRANDE

La mancata iscrizione del Padova al campionato di Lega Pro (la serie C di una volta) è un altro colpo di piccone a chi ha contribuito a fare (e a cambiare) la storia del calcio italiano. Dopo 104 anni (la fondazione nella sede della Rari Nantes risale al 29 gennaio 1910 per volontà di un gruppo di sportivi guidato da Giorgio Treves de’ Bonfili), sedici campionati in serie A (il primo nel 1932-1933, l’ultimo nel 1995-1996), è arrivata l’esclusione del club dall’area dei professionisti: niente soldi, niente iscrizione al campionato, dopo la retrocessione di maggio dalla B.
L’età dell’oro del Padova rimane legata al nome e al prestigio di Nereo Rocco. Una storia di sessant’anni fa, iniziata a metà del campionato 1953-1954, quando il presidente Pollazzi decide di esonerare Rava (c’è il rischio concreto della retrocessione in C) e di prendere un allenatore che ha appena avuto la stessa sorte alla Triestina. Rocco è rimasto così deluso da quella decisione della società che medita di lasciare il calcio e dedicarsi alla macelleria di famiglia. Però non resiste all’idea di tornare in panchina e accetta l’incarico: «Se mi date la casa, più un tanto al mese e mi lasciate tornare a Trieste tut­te le settimane senza creare problemi, posso anche venire a tentare di salvare la barca. Però non prometto niente; per il futuro vedremo». Invece la salvezza arriva davvero e l’anno dopo, in un campionato dominato dal Vicenza, il Padova conquista il secondo posto (sorpasso sul Legnano all’ultima giornata): è il ritorno in A.
Nasce così l’era del Paròn: l’inizio è segnato da tre sconfitte, ma poi, trovata la quadratura, i biancoscudati conquistano un sorprendente ottavo posto (1956), addirittura davanti alla Juve. Rocco ha già iniziato il suo lavoro di costruzione, fondato sul recupero di alcuni giocatori che sembrano in fase declinante (Blason, ex Inter) e sul lancio di alcuni giovani. È questo il caso di Nicolé, attaccante, che viene lanciato in prima squadra a 17 anni e subito ceduto alla Juve (1957). L’allenatore, attento al bilancio, ha già trovato la soluzione: oltre ai soldi, ottiene Kurt Hamrin, velocissima ala svedese, reduce da infortunio (andrà alla Fiorentina e poi al Milan), così come Sergio Brighenti, già campione d’Italia con l’Inter di Foni (1953 e 1954). La squadra è fatta: Pin in porta; Blason libero; Scagnellato, Pison e Azzini marcatori, incapaci di usare le mezze misure; Mari e Moro a spingere; Boscolo all’ala sinistra; Rosa, reduce da una deludente stagione con la Samp, a costruire il gioco; Hamrin (20 gol in 30 partite)e Brighenti in attacco. Arriva uno storico terzo posto (alle spalle di Juve e Fiorentina), miglior piazzamento della storia del Padova. È il trionfo del catenaccio: più di un sistema di gioco, si trasforma in un modo di pensare, destinato ad alimentare interminabili dibattiti, ma efficacissimo soprattutto allo stadio Appiani, trasformato in fortino inespugnabile. La forza di Rocco è quella di dare vita ad una squadra che prende pochi gol e che ha gli uomini giusti per colpire. Lo sa bene anche Herrera che il 13 novembre 1960, dopo che l’Inter ha vinto 5-1 con l’Atalanta, 6-0 a Udine e 5-0 con il Vicenza, perde per la prima volta a Padova (2-1): Blason tira la riga sul campo e agli attaccanti nerazzurri fa capire che quella è una specie di limite invalicabile.
Rocco lascia il Padova nel 1961 (e va al Milan, scudetto e Coppa dei campioni); la storia dei biancoscudati continua, ma il club conosce subito la retrocessione in B e per ritrovarlo in A occorre aspettare il 1994, quando vince lo spareggio con il Cesena. Si salva nel 1996, dopo aver lanciato il difensore statunitense Lalas, famoso anche per le sue qualità di sassofonista. Alex Del Piero e Angelo Di Livio sono già stati ceduti alla Juve, estate 1993,due grandi colpi di Boniperti. La caduta in B nel 1997 segna l’inizio della fine di un club, che sprofonda in C2 nel 2000 e che sfiora la A nel 2011, ai tempi di El Shaarawy, perdendo però lo spareggio con il Novara. Adesso si ripartirà dai Dilettanti. Forse.
Fabio Monti