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 2014  luglio 17 Giovedì calendario

DALL’ITALIA UNA CANDIDATURA DIVISIVA. SOTTOVALUTATE LE INSIDIE EUROPEE

Qualcuno dice che l’Europa è cambiata e c’è da sperare che sia vero, ma se dovessimo giudicare dalla appena trascorsa «notte delle poltrone» ogni ottimismo rischierebbe di risultare mal riposto. Più che mai per noi italiani, perché sono proprio l’Italia e i suoi candidati veri o presunti ad agitare le acque.
Il via alle grandi manovre, in verità, lo ha dato una bella signora danese: il primo ministro Helle Thorning-Schmidt, che a metà pomeriggio di ieri ha confermato quel che già aveva annunciato più volte: di non essere interessata alla carica di presidente del Consiglio, cioè al posto che sarà lasciato libero da Herman Van Rompuy. I socialisti del Pse, invece, si erano preparati a puntare su di lei e, nel ruolo di Alto rappresentante per la politica estera, sull’italiana Federica Mogherini, tanto fortemente sostenuta da Matteo Renzi quanto fortemente osteggiata da un gruppo di Paesi dell’ex blocco sovietico con ramificazioni a Londra e a Stoccolma, per rimanere in Europa.
La guerra civile in Ucraina aveva dunque già fatto irruzione nel vertice europeo con tutti i suoi morti e le sue contrastanti ambizioni strategiche quando la definitiva rinuncia della Thorning-Schmidt ha rimesso sul tavolo, o almeno così è parso, una opzione già evocata nel recente passato: perché non Enrico Letta al posto di Van Rompuy? Letta sarebbe stato accolto benissimo, e nel contempo il caso Mogherini non avrebbe più avuto ragione di esistere.
La notizia poi smentita di una proposta in tal senso fatta dallo stesso Van Rompuy a Renzi sarebbe venuta — il condizionale è davvero d’obbligo — da ambienti di Forza Italia abituati ai mercanteggiamenti europei, il che non mancherà di mettere la classica pulce nell’orecchio del governo. Ma un fatto rimane, ed è su questo che occorre riflettere: è perfettamente comprensibile che i vertici della Ue cerchino sulla candidatura Mogherini una soluzione il più possibile consensuale, e che non vogliano arrendersi alle lacerazioni davvero eccessive ma reali che in questi giorni si sono manifestate.
Ieri la presidente della Lituania è stata la più dura e anche la meno accettabile, sostenendo di non volere nella carica di Alto rappresentante «una persona filo-Cremlino». Alzando al massimo la tensione sul capitolo dei rapporti con Mosca il gruppo anti-Mogherini conta di rendere sempre più difficile la sua nomina fino a logorarla definitivamente, anche se ben poco consente di definire l’attuale ministro degli Esteri una filo-russa (semmai questa sarebbe in ogni caso la linea del governo, non soltanto la sua). Ma il fatto che tra un gruppo di Paesi europei da una parte, e l’America con un altro gruppo di Paesi europei dall’altra, sia in corso da molte settimane un braccio di ferro sulla portata delle sanzioni anti-Russia per l’Ucraina (ieri sono state varate nuove sanzioni, più dure delle precedenti europee ma meno dure di quelle decise sempre ieri dagli Usa), crea una cornice ideale per usare Putin come un ariete all’interno della Ue: l’ariete che potrebbe affondare la candidata italiana.
L’impressione è che Matteo Renzi abbia sottovalutato le difficoltà dell’impresa, dando troppo presto la nomina per acquisita con conseguente esposizione della Mogherini al fuoco incrociato del partito avverso, e soprattutto ignorando i pur forti legami esistenti tra gli eventi ucraini e le loro ripercussioni all’interno della Ue. Proprio su quel confine che ha sempre diviso i «vecchi» soci da quelli «nuovi»: i rapporti da tenere con Mosca, del cui impero i «nuovi» hanno buona e non lieta memoria. Se poi alle divisioni europee si aggiunge un Obama a caccia di rivincite contro le accuse di debolezza che gli vengono rivolte negli Usa, lo scenario che Renzi avrebbe dovuto vedere diventa completo.
Non ci sono state a Bruxelles vittorie o sconfitte. Ma in nessun caso, anche in quello progressivamente meno probabile di una nomina della Mogherini, il suo cammino potrebbe ormai presentarsi privo di ostacoli e di recriminazioni. Se invece la nomina non ci sarà nemmeno nelle prossime settimane, l’imprudenza di Renzi lo avrà esposto a una sconfitta secca ma ricca di insegnamenti, da scambiare con una diversa presenza dell’Italia nella Commissione europea.
fventurini500@gmail.com