D.F., Corriere della Sera 17/7/2014, 17 luglio 2014
IL PACCHETTO DI HAMAS: TREGUA DI DIECI ANNI E LO SBLOCCO DEI VALICHI
In questi nove giorni di guerra gli egiziani hanno aperto solo per poche ore il valico di Rafah a sud della Striscia di Gaza. I feriti più gravi sono stati lasciati passare, centinaia di palestinesi sono rimasti dall’altra parte, schiacciati contro le cancellate e la barriera costruite sulla sabbia del deserto.
Rafah è anche il passaggio verso una possibile tregua. Abu Mazen, il presidente palestinese, è arrivato al Cairo per parlare proprio di questo punto con Abdel Fattah al Sissi: i generali al potere in Egitto sarebbero disposti a sbloccare la frontiera, se i controlli vengono affidati alle forze di sicurezza al comando di Abu Mazen. Che oggi vola in Turchia e da lì in Qatar: i leader di Hamas non si fidano più degli egiziani, dopo essere stati lasciati fuori dalle discussioni sul cessate il fuoco annunciato per martedì mattina.
Il movimento fondamentalista propone una tregua di lungo periodo, dieci anni, agli israeliani. Chiede che venga tolto l’embargo alla Striscia, che tutti i valichi vengano riaperti, che il porto e l’aeroporto siano ricostruiti e affidati alla comunità internazionale, che vengano liberati i palestinesi rincarcerati dopo essere stati liberati nello scambio per il caporale Gilad Shalit, rapito nel giugno del 2006.
È improbabile che il governo di Benjamin Netanyahu possa accettare l’offerta. Il premier ripete di volere «una Gaza smilitarizzata»: «Israele continuerà a fare quanto è necessario per difendersi fino a quando la pace e la calma non saranno ripristinate», dice a Federica Mogherini, la ministra italiana degli Esteri, in visita da due giorni nella regione.
Dalla Striscia di Gaza sono continuati i lanci di missili verso le città israeliane, a Tel Aviv le sirene sono suonate al mattino, per tutto il giorno gli allarmi si sono ripetuti nel sud del Paese. Israele ha accettato per oggi un cessate il fuoco umanitario di cinque ore chiesto dalle Nazioni Unite. Avigdor Lieberman, il ministro degli Esteri, era in visita ad Ashkelon, quando ha dovuto rifugiarsi in un bunker con Boerge Brende, il capo della diplomazia norvegese. Abbastanza perché Lieberman ribadisse la sua posizione: rioccupare la Striscia, liberarsi di Hamas.
La possibilità di un’invasione di terra — commenta una fonte militare israeliana — è diventata «molto elevata». Per la prima volta anche Tzipi Livni, ministra della Giustizia e voce moderata nel governo, lo ammette: «Se i missili non si fermano, non avremo altra scelta».
D. F.