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 2014  luglio 17 Giovedì calendario

IL VERO NODO DELLA PARTITA

Sarebbe suggestivo credere che l’intera Europa sia rimasta appesa alla cerimonia della campanella, all’ormai celebre passaggio di consegne a Palazzo Chigi che ha fissato nell’immaginario collettivo il gelo insanabile tra Matteo Renzi ed Enrico Letta. Sarebbe suggestivo, ma non è così. La partita delle nomine che si è aperta ieri sera a Bruxelles è in realtà un durissimo braccio di ferro tra i due grandi schieramenti europei, Ppe e socialisti, sulla ripartizione delle due poltrone di vertice che restano dopo la nomina del popolare Juncker alla guida della Commissione.
I socialisti, che in Parlamento hanno solo una manciata di seggi meno del Ppe, vogliono tutte e due: quella del presidente del Consiglio europeo e quella dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue. I popolari ne vogliono concedere solo una. Il vero nodo, dunque, è il colore politico da attribuire ai «top jobs» europei. I nomi di Enrico Letta e di Federica Mogherini sono tra le molte variabili di un’equazione a due incognite che per ora i leader europei non riescono a risolvere.
A complicare una partita che comunque già non si presentava semplice è stato ieri pomeriggio il vertice dei leader socialisti, a cui Renzi e Hollande hanno avuto il torto di non partecipare confidando sul fatto che bastasse un loro incontro bilaterale già in
programma. Da quel vertice è uscita la richiesta formale di avere tutte e due le poltrone ancora in ballo: quella del presidente del Consiglio per la danese Thorning- Schmidt (che poi ha detto di non essere interessata) e quella di Alto rappresentante per Federica Mogherini. I popolari sono immediatamente passati alle contromisure sottolineando l’opposizione dei governi dell’Est alla Mogherini e attribuendo a Van Rompuy l’idea di proporre Enrico Letta come presidente del Consiglio europeo.
In realtà il nome di Letta circola da tempo negli ambienti europei, anche se ieri nessuno lo ha formalmente messo sul tavolo. L’ex premier è molto apprezzato nelle capitali che contano, da Londra a Parigi a Berlino. Probabilmente più che a Roma. Ma a suo sfavore gioca il fatto che un altro italiano siede già sulla poltrona più importante d’Europa: quella del presidente della Bce autorevolmente occupata da Mario Draghi. Può sembrare paradossale ma l’unica, remota, possibilità che il predecessore di Renzi possa davvero essere chiamato a quell’incarico, è che
il suo nome venga sostenuto dagli altri governi e non da quello italiano. Se l’Italia se ne facesse carico in qualche modo, se Letta diventasse a qualsiasi titolo un candidato italiano, finirebbe immediatamente sacrificato sull’altare di Mario Draghi. Detto questo, se mai sul nome di Letta si dovesse veramente coagulare un consenso bipartisan dei leader popolari e socialisti, sarebbe inconcepibile che fosse proprio l’Italia a mettere un veto contro di lui. Anche perché la carica di Presidente del Consiglio europeo è l’unica che consente al Paese che lo esprime di avere in più anche un proprio membro della Commissione, scelto dal governo in piena autonomia.
Ma, al punto in cui stanno i giochi fino ad ora, il nome di Letta sembra essere stato evocato solo per sventare la candidatura di Federica Mogherini: questa sì formalizzata pubblicamente dal governo italiano. È ovvio, infatti, che l’Italia non potrebbe mai affiancare a Draghi sia il presidente del Consiglio sia l’Alto rappresentante per la politica estera. E questo è il vero snodo della partita. Se cadesse la candidatura Mogherini, i socialisti infatti difficilmente potrebbero trovare un altro nome da proporre per l’incarico di «ministro degli Esteri» della Ue, visto che il governo francese vuole per Moscovici la poltrona di commissario agli affari economici e visto che D’Alema non sembra incontrare il gradimento delle capitali che contano. E dunque la casella tornerebbe in gioco e i popolari potrebbero accaparrarsela vincendo alla grande il derby delle nomine.
E così si torna alla casella di partenza: a quale partito vanno le due poltrone che restano da assegnare? Se i socialisti, come vorrebbe l’Italia, si concentrassero sulla richiesta dell’Alto rappresentante, la poltrona andrebbe con ogni probabilità alla Mogherini. Fino a che continuano ad aspirare anche alla carica di Presidente del Consiglio, la partita resta aperta e le chances della candidata italiana si assottigliano.