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 2014  luglio 16 Mercoledì calendario

LA COPERTINA DEL LIBRO

[Intervista a Sabrina Salerno] –

«Per trent’anni mi ha detto: “Vacci pure dall’avvocato, non è che se lo dice lui inizierò a volerti bene”. E io non ci andavo. Mi raccontavo: se non mi ama, non merita questo sforzo. Una frase idiota. Spesso fare i superiori è un modo di gettare la spugna».

Sono 34, per la precisione, gli anni passati da quando Sabrina Salerno, unica nella sua scuola a portare il cognome della mamma, cercò per la prima volta quello di suo padre sull’elenco telefonico di Genova. Aveva 12 anni, era estate, lui rispose al telefono ma non alle sue domande, che iniziavano tutte con «perché».
Sette estati dopo era il 1987, e Sabrina straripava da un bikini bianco nella piscina del videoclip di Boys, boys, boys. Il successo internazionale – in Spagna e Regno Unito Sabrina dominò le classifiche, tra Michael Jackson e Madonna, per settimane, e di lì al 1996 avrebbe venduto 20 milioni di dischi – era arrivato; le domande sul conto dell’uomo che non l’aveva mai voluta riconoscere, invece, hanno trovato risposte certe solo oggi, in un laboratorio analisi di Bologna. Nel test del Dna, a cui la cantante ha costretto il padre a sottoporsi, infine, appena sei mesi fa. E che ha confermato «quel che ho sempre saputo. Nello studio del notaio, il giorno del riconoscimento, mi ha detto “abbracciami, figlia mia’’. Ma poi, nel parcheggio: “Ti sarei grato se questa storia restasse segreta’’».
Lei, invece, per la prima volta ha deciso di parlarne. «Non è un regolamento di conti: mio padre è un uomo noto nel suo campo, se volessi vendicarmi basterebbe farne il nome. Esco allo scoperto invece per i tanti che patiscono quel che ho patito io: sui giornali, in questi giorni in cui il test del Dna è al centro delle cronache, leggo che dal 3 al 10% degli italiani non porta il cognome del suo vero padre. Parlo per dire loro: chiedete ciò che vi spetta. Responsabilità, se non amore».

E così ci accoglie, in formissima – «Niente chirurgia, il merito è dei geni e del fatto che odio i dolci» – nella sua casa, una villa in stile palladiano con parco immenso alle porte di Treviso, dove abita con il marito, l’imprenditore tessile Enrico Monti. Il pretesto è parlare del suo nuovo singolo Colour Me, uscito il 24 giugno «e forse preludio a un nuovo album; decideremo a settembre, le canzoni ci sono». Ma la confessione inizia già mentre scattiamo le foto. Con lei c’è il figlio Luca, 10 anni, che brontola a tutte le sue pose da vamp: «Mamma, copriti, non sei una velina!».
«Me lo ripete sempre, da quando aveva tre anni. Non ama il mio mestiere, né i miei inizi sexy. Gliene ho parlato anni fa perché non li scoprisse da solo. Da figlia rifiutata ho cercato di ricoprirlo d’amore: per fortuna non è un mammone, quindi non lo soffoco. E di dirgli sempre la verità».

Cosa sa della sua vicenda familiare?
«Tutto. Gli ho anche chiesto se voleva accompagnarmi a Bologna il giorno del test, per conoscere il nonno. Mi ha detto: se non ha voluto te, perché dovrebbe voler conoscere me? Ma cominciamo da capo».
Prego.
«Mia mamma aveva 18 anni quando sono nata, mio padre 25 ma se n’è andato subito; vivevo a Sanremo dai nonni materni, mentre mia mamma, infermiera, stava a Genova. Per tutta la vita ho cercato di legarlo a me: rintracciandolo, invitandolo alle mie nozze e al battesimo di Luca, ma anche minacciandolo di andare per avvocati. Non ci sono riuscita e lo considero, a 46 anni, il mio più grande insuccesso».
Che cosa le disse suo padre quando lo rintracciò?
«Nel frattempo aveva costruito una famiglia ufficiale, con una figlia che ha 9 anni meno di me. Ma accettò di incontrarmi. Mi spiegò che non ero prevista né voluta, e che siccome mia mamma aveva voluto tenermi, la responsabilità, anche finanziaria, era tutta sua. I primi soldi da lui li vidi quando, a trent’anni, gli feci scrivere dall’avvocato. Perché non gli chiedessi il test del Dna mi offrì qualche milione di lire. Non ne avevo bisogno ma, per quieto vivere, accettai».
Perché oggi invece ha deciso di riaprire la causa?
«Un pomeriggio, nel 2012, mi chiama una coppia di vecchi amici dei miei: “Pensiamo che tu debba sapere’’. Mio padre aveva un altro figlio. Un bambino che ora ha sei anni, da una donna molto più giovane di lui, e che io tuttora non ho mai visto. Questo sì, mi ha sconvolta. Ha spazzato via le scuse, il quieto vivere, la “superiorità’’. Perché come può uno che non ha voluto una figlia a 25 anni farne un altro a 70? E perché devo saperlo da conoscenti? Ho chiamato un avvocato amico, e gli ho detto: procedi. Il 12 dicembre 2013 abbiamo fatto il test».
Ha mai avuto contatti con sua sorella?
«È stato l’unico regalo che mi ha portato questa storia. Sapevo di lei, ma non l’avevo mai cercata per non sconvolgerla: è stata lei a farlo un anno fa, sulla base di voci che aveva sentito, per chiedermi la verità. Da mio padre ovviamente non l’aveva saputa. Gliel’ho detta io».
Vi somigliate?
«Molto. Gli occhi, il colore della pelle, le labbra. E abbiamo deciso che, comunque vada, siamo sorelle e coltiviamo questo rapporto così nuovo. Lei ha una bambina, che va molto d’accordo con Luca. E ho detto a mio padre: al tuo figlio più piccolo risparmia lo shock che le hai dato. Dille subito di noi. Ma non lo farà. Non vuole rapporti con me».
E lei, dopo tutto ciò, ne vuole ancora?
«Io credo che perdonare faccia un gran bene. E l’ho perdonato».
Nessun rancore, dunque?
«Solo per la sua famiglia, che fece finta di nulla. Se una ragazza dicesse che mio figlio l’ha messa incinta, non gli permetterei di farla passare per pazza. Loro invece sanno anche del test, ma nessuno mi ha mai chiamata. Per loro sono indesiderata, perché lo ero per lui. Mia madre un giorno che ero in Tv chiamò sua “suocera’’ per dirle: “Guarda, c’è tua nipote”. E lei: “Non conosco nessuno, lei chi è?’’».
Si è mai spiegata le ragioni di un tale rifiuto?
«Mio padre per anni disse in giro che io ero figlia di un suo amico, poi morto giovane. Non so se lo credesse davvero. Non so nemmeno bene che relazione avessero tra loro, i miei genitori: per molti anni, dopo la mia nascita, so che si sono rivisti. Ma credo che un’altra storia ufficiale lui l’avesse da sempre. Certo, al posto di mia mamma mi sarei fatta più valere».
Le rimprovera qualcosa?
(Tace a lungo) «No. Oggi è una donna infinitamente delusa dagli uomini, che l’hanno massacrata, e capisco che non tutti abbiamo la stessa forza. Forse stava a lei lottare per riconoscermi, fare per me la lotta che ho fatto io. Ma una famiglia, in fondo, me l’ha data, anche se non vivevamo insieme. E credo che col tempo, a differenza di mio padre, abbia capito i suoi errori».
Quanto hanno inciso, nei rapporti con gli uomini, i problemi con suo padre?
«La mia vita amorosa è sempre stata un disastro. Solo mio marito, con la sua pazienza e il suo amore, mi ha salvata. Anche dal mio caratteraccio. Prima di lui ho avuto tanti fidanzati, ma è il solo che abbia amato. Il solo perbene».
Le hanno attribuito molte storie.
«Ah sì? Quali?».
Claudio Cecchetto, per esempio.
«Vero».
Silvio Berlusconi.
«Falso. Ero troppo piccola. Circolano tante voci, ma le ho sempre smentite».
Ma perché non denuncia chi le mette in giro?
«Per non dar loro più visibilità».
Per cose più piccole, però – Angela Cavagna che le dava della rifatta, per esempio – minacciò querela.
«Ma no, mi ero solo fatta una perizia medica per provare che labbra e tette sono tutte mie. Su Silvio: che io gli debba una parte del mio successo è ovvio. È stato lui a scegliermi per Premiatissima, nel 1984, e lo ringrazio ancora. Ma è tutto qui. E poi 20 milioni di dischi li ho venduti io».
Il successo la aiutò?
«No, anzi. Mio figlio dice: “Non si giudica un libro dalla copertina’’. E in quegli anni ero il simbolo della spensieratezza ma, scesa dal palco, tornavo alla mia vita privata piena di voragini».
Che cosa prova quando si rivede?
«Mi dico brava: sfacciata, sfrontata, ero intonata e sapevo muovermi ma non avevo arte né parte, eppure me la cavavo. Con professionisti come Dorelli, Manfredi, Brian e Garrison, che mi indirizzavano. A proposito, l’ha visto il videoclip del singolo? Riconosce dove è girato?» (Nel video, online da fine giugno, una Sabrina Salerno ultrasensuale in body nero e labbra socchiuse si strofina contro una parete in cemento).
Una fabbrica dismessa?
«Qui a casa mia, nel cortile».
Nella tranquilla campagna trevigiana?
«Non si giudica un libro dalla copertina. Qui non ci si annoia».
Neanche rispetto alla Milano da bere?
«Tutt’altro. Sto proprio bene. Senza mondanità inutile, con la piscina a due passi e l’aeroporto a dieci minuti per i miei tour. E con la mia famiglia. La mia».