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 2014  luglio 16 Mercoledì calendario

SVEGLIA ALL’ALBA E PULIZIA
, MODI STRIGLIA I BUROCRATI

Addio alle partite al Delhi Golf Club, ai viaggi premio o all’abitudine di tenere pile di faldoni abbandonati sul tavolo. Da quando il leader della destra Narendra Modi è arrivato nei palazzi del potere in India è finita la pacchia per migliaia di burocrati o «babu», il nomignolo usato dalla stampa indiana per i funzionari statali. 
Nei ministeri di New Delhi, disegnati dagli inglesi, è scattata l’emergenza e questa volta non è per l’invasione di scimmie.
Tra le prime iniziative di Modi, diventato premier un mese e mezzo fa con un vasto consenso elettorale, c’è stata quella di emanare una circolare in 11 punti (diventati gli «Undici comandamenti di Modi») per migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione, snellire le procedure e buttare via le vecchie pratiche che si sono ammassate da decenni negli angoli degli uffici e nei corridoi. 
Nel ripulisti generale sembra che sia spuntato fuori da una stanza del ministero dell’Interno anche un fascicolo del 1948 risalente alla partenza di Lord Mountbatten, l’ultimo viceré, in cui si autorizzava un’astronomica cifra come rimborso per le spese di viaggio in Gran Bretagna. La notizia è rimbalzata subito sui giornali tra lo stupore generale perché non era chiaro se lo storico documento fosse finito al macero o negli archivi nazionali. 

È poi toccato al ministro dell’Interno Rajnath Singh, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, assicurare che «negli 11.100 documenti distrutti dal 5 maggio all’8 luglio non ci sono dei dossier relativi al Mahatma Gandhi, a Lord Mountbatten o ad altri personaggi storici». In particolare, Modi avrebbe sottolineato l’importanza della «pulizia e igiene» degli uffici ministeriali, dove sovente ci sono cattivi odori per via dei bagni sporchi e i muri sono macchiati di chiazze arancioni, residui di «paan», una miscela speziata che si sputa dopo averla masticata per lungo tempo. Sembra poi che lo stesso premier, appena preso possesso dell’ufficio dell’anziano economista dal turbante azzurro, Manmohan Singh, abbia fatto un sopralluogo e incontrato personalmente i dirigenti ai quali avrebbe dato anche il proprio telefonino e indirizzo di posta elettronica. 

La rivoluzione ha avuto risultati che fino a pochi mesi fa erano inimmaginabili. I «babu» adesso arrivano negli uffici puntuali alle nove del mattino, hanno ridotto i tempi di «passaggio» delle pratiche e hanno iniziato a usare Facebook e Twitter come prevede il decalogo di Modi, che ha 5 milioni di «follower», dietro soltanto a Barack Obama e Papa Francesco.
Negli uffici del premier, al numero sette di Race Course road, nel polmone verde della capitale, il cambiamento è stato traumatico rispetto al decennio di Singh, dove il cuore del potere era invece a qualche chilometro di distanza nella villetta di Sonia Gandhi, la potente leader italo-indiana dello storico partito del Congresso sconfitto alle legislative di aprile-maggio. 

Il 63enne Modi, che è del Gujarat, lo Stato «calvinista» dove l’alcol è proibito e gli affari sono una religione, è considerato uno «sgobbone». Il suo motto è «less government, more governance», ovvero meno governo, più governabilità, ed è per quello che piace agli industriali e alla classe media. La stampa indiana riferisce che si sveglia all’alba per praticare yoga, alle 8 è già in ufficio e spesso ci rimane fino a tarda sera. Ovviamente anche i collaboratori sono costretti a seguire la sua tabella di marcia. La presentazione della Finanziaria per l’anno fiscale 2014-2015, la scorsa settimana, ha poi richiesto un carico di lavoro straordinario per i burocrati costringendoli a sacrificare anche i fine settimana.

L’attivismo di Modi ha contagiato i suoi ministri. L’«Indian Express» riporta nella rubrica «Delhi confidential», dedicata al gossip politico, che il ministro degli Interni, prima della riapertura del Parlamento, ha «firmato circa 200 pratiche in un solo giorno, comprese quelle aperte dal precedente governo del Congresso». 
Il nuovo clima ha interessato anche i rapporti con la stampa. Tra i «comandamenti» c’è quello di «non rilasciare dichiarazioni ai giornalisti», i quali ora si devono basare solo sui comunicati ufficiali o sui briefing del portavoce governativo, che una volta erano settimanali, mentre adesso sono quasi quotidiani, domenica compresa.