Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 16 Mercoledì calendario

LA MOZZARELLA CONQUISTA L’ISLAM MA SE È HALAL LO DECIDE LO SCEICCO

Cosa si mette nel piatto dopo il tramonto? La rivoluzione dei prodotti halal, in questi giorni di Ramadan, si fa sentire per alberghi e supermarket. Dal 28 giugno, il milione e mezzo di musulmani che vivono in Italia praticano il digiuno dall’alba al tramonto. E dopo il calare del sole mangiano solo cibi della tradizione araba. Ma riempire quel piatto non è così facile. Anzi. La certificazione per i cibi (ma anche per i servizi, gli abiti e le medicine) è subordinata alla condizione che il “bollino” halal sia rilasciato nel rispetto delle regole
islamiche.
Tutto chiaro? Niente affatto. Intuito il business, sono apparsi improvvisamente in troppi a proporsi per rilasciare le autenticazioni. Per niente soddisfatti, gli islamici mettono ora le mani avanti e rivendicano la loro competenza. Assoluta. Il danaroso mercato halal è una carta da 3 mila miliardi di consumo globale, in crescita del 15% ogni anno. In Italia muove un giro d’affari di 5 miliardi di dollari l’anno. Ma proprio da noi c’è ancora molto da fare. Sono solo l’1% le aziende certificate, circa 270, contro la media del 30% negli altri paesi europei.
Olio, mozzarelle e alberghi di charme piacciono parecchio agli islamici, ma solo se rivisitati secondo le loro condizioni. E subito scattano le imitazioni, come le mozzarelle halal ma made in Turchia. «Siamo disponibili ad investire in Italia e vogliamo che diventi l’hub del mercato halal nel Mediterraneo», ha scandito lo sceicco saudita Fahah Alared venuto a Roma per partecipare al primo World Halal Food Council (Whfc) italiano, «a patto che sia garantita la certificazione da parte di autorità islamiche». Il che equivale a dire che i musulmani non vogliono interferenze da parte dell’Europa: devono essere loro a stabilire se un cibo prodotto da un’azienda è halal o no, e non il Comitato europeo di normazione, che si è recentemente proposto di stabilire da sé quegli standard. L’iniziativa dell’organismo europeo, ai musulmani, è suonata come blasfema. «L’Europa e l’Italia nella loro buona volontà di avvicinare il mercato islamico hanno fatto il passo sbagliato», spiega Sharif Lorenzini, presidente dalla sezione italiana di Halal International Authority (l’authority per la certificazione halal): «Il via libera deve provenire infatti da un ente religioso riconosciuto dagli organismi islamici mondiali». È insomma evidente che l’Europa, come istituzione governativa, non ha alcun diritto perché non è un’autorità religiosa e tanto meno islamica. E allora? Per Lorenzini la soluzione c’è: «L’Europa e l’Italia devono sedersi al tavolo con i referenti del World Halal Food Council e definire una linea di sviluppo».
Quali sono i settori travolti da questa rivoluzione? Un esempio per tutti è il latte. Quello halal, il laban, è preparato in ogni casa, ma può essere acquistato anche nei super. «Nel giro di due anni potrebbero diventare più di duemila le aziende produttrici di laban certificate», assicura Lorenzini: «La richiesta non arriva solo dai musulmani che vivono in Italia, ma anche dalla Malesia, dal Sud-Est asiatico e dall’America, ovunque ci siano musulmani». Tra le imprese che hanno ottenuto le prime certificazioni direttamente dalla Halal International Autorithy c’è Fattoria Soresina: «La richiesta ci è arrivata da mercati come quello dell’Indonesia, dove abbiamo grossi clienti. Il caglio deve provenire da animali macellati con rito islamico, quindi, prima di darci l’ok, hanno visionato gli impianti e periodicamente li aggiorniamo sulla lavorazione ». Grande cura anche per Ondaline Cosmetici: «La richiesta per l’esportazione è enorme».