Ricardo Franco Levi, Corriere della Sera 16/7/2014, 16 luglio 2014
STRATEGIE (E POLTRONE) NEI PALAZZI DI BRUXELLES
Eletto ieri con i voti della larga maggioranza dei parlamentari europei quale nuovo presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker deve ora costruire la sua squadra: un commissario per ciascuno dei Paesi membri dell’Unione Europea, ventotto uomini e donne, per cercare di realizzare l’ambizioso programma illustrato all’assemblea di Strasburgo.
I suoi compagni di viaggio Juncker non li potrà scegliere da solo, avendo bisogno, Paese per Paese, dell’intesa con i governi sul nome della persona prescelta e sull’incarico a lui o lei affidato.
Sarà un gioco ad incastro complicato, al quale, dopo i tanti colloqui informali già avviati in questi giorni, si dedicheranno a partire da stasera a Bruxelles, in una riunione del Consiglio europeo, i capi di Stato e di governo dei Paesi membri.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi non ha fatto mistero di puntare ad ottenere per il ministro degli Esteri Federica Mogherini la nomina ad Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza.
A questo stadio del negoziato, che è tutt’altro che certo che possa portare ad un risultato finale già nella riunione di questa sera e che dovrà comprendere anche la nomina del prossimo presidente del Consiglio europeo, è difficile indovinare quale sarà la composizione della futura Commissione europea, tanto più che essa sarà comunque soggetta all’approvazione del Parlamento europeo.
Prima ancora di sapere se il governo italiano avrà ottenuto quanto chiede è, dunque, opportuno chiedersi se l’obiettivo scelto sia quello giusto. Se, cioè, il ruolo di Alto Rappresentante sia davvero quello che meglio corrisponde all’ambizione di contribuire a fare finalmente dell’Europa un attore di primo piano sulla scena internazionale e alla volontà di far pesare, grazie al ruolo di vicepresidente della Commissione che l’incarico di Alto Rappresentante porta con sé, la voce dell’Italia attorno ad un tavolo decisivo per la politica europea.
Si dice che l’allora segretario di Stato americano Henry Kissinger si domandasse «qual è il numero di telefono dell’Europa?». Battute a parte, è un dato ormai acquisito che quando si tratta di politica internazionale il peso dell’Europa unita sia quasi irrilevante.
Catherine Ashton, l’attuale Alto Rappresentante, è sostanzialmente esente da colpe come non ne aveva il suo predecessore, lo spagnolo Javier Solana, pur dotato di una ben più forte personalità e già segretario generale della Nato.
Il fatto è che l’Unione Europea in quanto tale non ha vere competenze nella politica internazionale, di fatto rimasta territorio gelosamente presidiato dai capi di Stato e di governo e dai loro ministri degli Esteri .
Sono altri i campi nei quali l’Europa, con poteri e strumenti questi sì incisivi, fa sentire e pesare la sua voce nel mondo.
Il Commercio internazionale, settore nel quale la Commissione rappresenta direttamente e in modo collettivo gli interessi degli Stati membri, ragione che spiega largamente l’autorità e il prestigio di cui hanno goduto in passato commissari come il francese Pascal Lamy, non a caso nominato poi direttore generale dell’Organizzazione mondiale per il commercio, o il britannico Leon Brittan.
La tutela della Concorrenza, ambito nel quale il commissario competente è riconosciuto (e temuto) in tutto il mondo per il suo potere. In Europa così come negli Stati Uniti si ricordano ancora gli scontri vittoriosi con la Microsoft di Bill Gates o con le casse di risparmio tedesche dell’allora commissario alla Concorrenza Mario Monti (che da lì derivò il soprannome di “superMario”), mentre fu un suo predecessore, il belga Karel Van Miert, in accordo con l’allora ministro degli Esteri Beniamino Andreatta, a spingere l’Italia alle privatizzazione di Iri ed Eni.
Accanto a commercio internazionale e a concorrenza, non meno rilevanti per condizionare le relazioni internazionali e le grandi scelte interne all’Europa sono, poi, i settori e le politiche dell’energia (al fondo, di cosa si discute, se non di gas e petrolio, quando si parla di rapporti con la Russia?), dell’ambiente, dei trasporti, delle nuove tecnologie e, da ultimo ma certo non per ultimo, dell’immigrazione (per la quale il neopresidente Juncker ha annunciato che nominerà un apposito commissario).
L’ambizione e la volontà di far pesare l’Italia in Europa e l’Europa nel mondo sono giuste e condivisibili. Ma attenti a non sbagliare obiettivo.