Francesca De Sanctis, l’Unità 15/7/2014, 15 luglio 2014
PAPALEO, I MIEI PRIMI 30 ANNI DI CARRIERA
QUEST’ANNO SONO ESATTAMENTE 30. UNA BELLA CIFRA, TONDA TONDA, CHE LUI, ROCCO PAPALEO, ha riempito di film, serie televisive, spettacoli teatrali, canzoni, senza dimenticare la conduzione del Festival di Sanremo del 2012... «Eh sì, sono giusto giusto trent’anni di carriera. Esordii nel 1984 con uno spettacolo che si intitolava 2001 Odissea nell’ospizio in un piccolo teatro romano, l’Agorà. Fu allora che presi la mia prima paga: 15mila lire per tutte le repliche, una miseria... ma era la prima volta che mi pagavano per recitare e non mi sembrava vero».
Da allora di cose ne sono successe. Una vita piena di impegni e di bei successi professionali, eppure quando chiediamo a Papaleo se c’è qualcosa che ancora non ha fatto e che vorrebbe tanto fare lui non pensa a un regista per il quale gli piacerebbe recitare ma... ad un orto. «Sì, vorrei tanto coltivare un orto – racconta –, ristabilire un rapporto diretto con la natura: piantare, coltivare, veder crescere un pomodoro, un frutto... Ho un pezzettino di terra a Caprarola, dove ho comprato la mia prima casa, e lì c’è un giardino dove mi piacerebbe tanto coltivare un orto». Forse hai solo voglia di un po’ di tranquillità dopo tanti anni di vita frenetica...
«Sento di aver fatto un percorso che mi è piaciuto e vorrei dedicarmi alle mie grandi passioni: girare un film mio, fare teatro, coltivare un orto».
Intanto, almeno per il momento, i tuoi impegni sono sul set, con Christian De Sica e Lello Arena, tutti in Toscana in questi giorni per girare il nuovo film di Luca Miniero «La scuola più bella del mondo». Come sta andando?
«Per ora direi bene, sono qui a Bagno Vignoni, un piccolo borgo toscano popolato solo da turisti. Non ci sono macchine, quindi nemmeno le targhe di una volta che aiutavano a capire in quale provincia eravamo... Dopo Un boss in salotto questo è il secondo film che faccio con Miniero, sai, ci siamo trovati talmente bene nel lavoro precedente che quando mi ha proposto questo secondo film una commedia degli equivoci dove la scuola ne esce ovviamente a pezzi – mi sono detto che sarebbe stato un peccato non riprovarci. Di lui mi piace quel tipo di comicità che è molto popolare senza essere però sguaiata. È una comicità semplice, elementare».
E come si concilia, secondo te, con la comicità di Christian De Sica, con il quale reciti qui per la prima volta?
«De Sica è un attore con ampie possibilità, capace di passare dalla farsa alla commedia, un attore poliedrico con il quale mi pare stia procedendo bene. Siamo due attori adulti, capaci di andare l’uno verso l’altro. Lui è un po’ come me, molto rigoroso. Non amiamo improvvisare, ma siamo entrambi molto rispettosi del copione».
In questo momento, insieme a Riccardo Scamarcio e a Raul Bova, se uno degli attori più richiesti. Il primo film che vedremo nelle sale sarà «La buca» di Daniele Ciprì, e anche in questo caso ti vedremo per la prima volta in coppia con un altro grande attore, Sergio Castellitto, che di te ha detto: «pensavo di condividere questo film con un comico e invece ho trovato un grande attore».
«Be’, si può essere comici e nello steso tempo attori. Mi piacerebbe essere, e spero di esserlo, un attore dalla forte personalità e credo che Sergio sia stato molto generoso dicendo queste parole riferendosi a me. Fra noi si è creato un bel rapporto. Comunque, in generale, con i grandi talenti non mi trovo mai male. Non cerco contrapposizioni e tranne un paio di volte – e non ti dirò quali – lavoro sempre con serenità»
E poi reciterai in altri due flim: uno girato da Massimiliano Bruno, l’altro da Francesca Archibugi.
«Nel primo faccio solo una piccola parte, nel secondo, Nel nome del figlio, sono un amico di famiglia che si ritrova a cena con due coppie in una sorta di resa dei conti (con Luigi Lo Cascio, Valeria Golino, Micaela Ramazzotti, Alessandro Gassman, ndr). È un film molto teatrale, adattato da Francesco Piccolo, che si svolge in un solo giorno.
È tratto da una pièce francese, che poi è diventato anche film. È una storia molto bella e intricante, soprattutto, come ti dicevo, teatrale. Prima di girare abbiamo provato per due settimane, proprio come se stessimo preparando uno spettacolo».
A proposito di teatro, ma cosa ha in più rispetto al cinema?
«Io adoro il teatro, è nella mia indole. Mi piace la ripetitività, mi eccita. È come cantare, ne conservo il gusto perché ci entro sempre in modo diverso. Nel cinema reciti una volta e quell’immagine rimane immutata per l’eternità, in teatro puoi sempre migliorare».
Nella prossima stagione continuerai a girare nei teatri con «Una piccola impresa meridionale»?
«Per almeno un paio di mesi si, poi dovrò lavorare al mio nuovo film. Il titolo dello spettacolo è lo stesso del film solo per una questione scaramantica. Le storie sono diverse, in comune c’è un certa atmosfera, una certa vena divertente e romantica».
Stesso titolo anche del romanzo...
«Sì, perché è nato contemporaneamente al film. Quando scriviamo, io e Walter Lupo, abbiamo sempre un approccio letterario, scriviamo come se stessimo scrivendo un racconto, per questo il passaggio dalla sceneggiatura al romanzo è stato del tutto naturale».
Stai scrivendo già adesso per il tuo nuovo film?
«Sì, sto scrivendo da solo, perdendomi anche in cose inutili che probabilmente non mi serviranno per la mia sceneggiatura. Ma mi piace stare davanti alla pagina bianca, amo le parole, mi diverte scrivere».
Di cosa ci parlerai?
«Il film racconterà una storia esistenziale, la ricerca di un’escalation, di una rivoluzione privata, della capacità di attraversare la propria esistenza sapendo sterzare in corsa. Sarà un film dall’anima musicale, il racconto di un viaggio, dal retrogusto meridionale».
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