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 2014  luglio 15 Martedì calendario

DAL NOSTRO INVIATO LONDRA —

La Chiesa d’Inghilterra promuove le donne. Già dal 1994 possono essere ordinate sacerdoti. Da ieri potranno diventare vescovi. Dopo due anni di intense discussioni, crisi di coscienza e lacerazioni, il Sinodo della Chiesa anglicana di Canterbury e York ha votato e deciso a maggioranza in tutte e tre le componenti: preti, vescovi e laici. In totale 351 «sì», 72 «no» e 10 astenuti. La storica decisione è stata accolta con scene di esultanza nella hall dell’Università di York, dove si sono tenute le assemblee. Ma fino all’ultimo è rimasta in bilico, per la strenua opposizione dei gruppi evangelici e anglo-cattolici che hanno ingaggiato un dibattito durato cinque ore.
La Chiesa d’Inghilterra si aggiunge, dunque, alle consorelle del Canada, degli Stati Uniti e dell’Australia, facendo cadere un divieto che gli oppositori e la Chiesa cattolica radicano nella dottrina di San Paolo («Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo... perché prima è stato formato Adamo e poi Eva», Prima lettera a Timoteo).
Per la comunità inglese, invece, il via libera di ieri è un segnale di forte cambiamento. La gerarchia anglicana ha scelto di misurarsi con la modernità in modo profondamente diverso rispetto al Vaticano. Negli ultimi anni la comunità ha già ammesso al sacerdozio e all’episcopato omosessuali dichiarati e ha aperto al matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Ora il passo sulle donne. Ancora due giorni fa il reverendo, o forse sarebbe più corretto dire la reverenda Rose Hudson-Wilkin, la più probabile candidata a ottenere la mitria, aveva dichiarato a un quotidiano: «La prospettiva dell’eguaglianza è un miracolo e non è ancora acquisita. Ma se questo dovesse accadere, allora avremo costruito una chiesa che riflette autenticamente il popolo di Dio e riflette autenticamente la comunione con il corpo di Cristo, maschi e femmine insieme nella leadership».
I fautori di questo «miracolo» sono i due primati che si sono avvicendati sul soglio di Canterbury e York. Il primo è l’arcivescovo Rowan Williams che ha condotto una lunga campagna nelle diocesi fino al suo ritiro nel dicembre 2012, senza rinunciare al confronto con Roma e in particolare con il pontefice dell’epoca, Benedetto XVI, assolutamente contrario. Nel novembre 2012 il Sinodo fu chiamato a pronunciarsi, ma rigettò la proposta con una differenza di soli sei voti tra i laici. Ieri, invece, la svolta rilanciata dall’arcivescovo Justin Welby, 58 anni, è passata nella stessa assemblea, quella più critica, con 152 a favore e 45 contro. «Mostriamo al mondo come la nostra Chiesa sia in grado di vivere anche con un grado di dissenso. Avremo bisogno di un lungo periodo di cambiamenti culturali» ha detto Welby per convincere i più scettici.
Adesso restano alcuni passaggi formali, con la ratifica da parte della Commissione del parlamento per gli affari ecclesiastici e l’approvazione della Regina d’Inghilterra, Elisabetta II, capo della Chiesa anglicana dallo scisma di Enrico VIII nel 1531.
Al premier conservatore David Cameron non è sfuggita l’importanza dell’avvenimento e ieri ha subito appoggiato la decisione del Sinodo, parlando di un «grande avanzamento dell’eguaglianza».
Secondo le previsioni l’indicazione della prima donna vescovo, o meglio «assistente», potrebbe arrivare prima di Natale. Sono almeno tre le diocesi vacanti: Gloucester, Oxford e Newcastle. Nello stesso tempo gli osservatori segnalano la possibilità che i gruppi più tradizionalisti, come gli evangelici e gli anglo-cattolici, possano lasciare la comunità anglicana.
Giuseppe Sarcina