varie, 14 luglio 2014
PALLINATO BANCO ESPIRITO SANTO PER IL FOGLIO DEI FOGLI 14 LUGLIO 2014
Ciò che non è dello Stato – si dice da sempre in Portogallo – è della famiglia Espírito Santo». Così era, almeno fino a giovedì mattina, al momento del crollo in Borsa (-17%) che ha portato alla sospensione del titolo della maggiore banca privata del Paese, in mano, finora, a una delle più nobili famiglie lusitane [1].
Il Banco Espírito Santo ha un totale attivo di 93 miliardi di euro, pari a metà del Pil del Portogallo [2].
Il Banco Espírito Santo, sponsorizzato da anni con l’immagine vincente di Cristiano Ronaldo [1].
«“Dove vivrò fra tre anni? Proprio non lo so…”, sorride Cristiano Ronaldo, avvinghiato prima con una bionda valchiria molto cool in mezzo ai ghiacci, poi ai Tropici con una creola very hot. “Pero si sé donde estará mi dinero – continua il Pallone d’oro – Estará en Bes”. Speriamo, per lui, che l’asso del Real Madrid, già bastonato con il suo Portogallo al Mondiale, abbia mentito per motivi pubblicitari. Perché “Bes” sta per Banco Espírito Santo, che fa capo a una delle più nobili famiglie lusitane, che giovedì ha scatenato il panico sulle Borse europee» (Ugo Bertone) [3].
Tutto nasce dal fatto che una delle holding a monte della catena di controllo, la Espírito Santo International, non ha onorato le scadenze relative a bond detenuti da «un numero modesto di clienti» della controllata svizzera Banque Privee Espírito Santo. Che a sua volta ha indicato «di aver richiesto il pagamento alla capogruppo» e «che prenderà ulteriori misure per tutelare gli interessi dei suoi clienti». Francesco Spini: «Un intreccio complesso e poco trasparente che ha ingenerato uno dei più grandi timori degli investitori in epoca di stress test bancari: il possibile crack di un istituto di credito» [4].
La piramide societaria e gli episodi contestati colpiscono: il Banco è controllato con il 25% dall’ Espírito Santo Financial Group (Esfg), a sua volta controllato al 49% dalla holding lussemburghese Rioforte che è interamente posseduta dalla Espírito Santo International (Esi), controllata proprio dalla famiglia. È proprio la Esi che adesso ha difficoltà a pagare gli interessi su alcune obbligazioni emesse [5].
Questa volta non c’entra il turbocapitalismo dei mutui subprime che sette anni fa fece crollare la Lehman Brothers e innescò la peggiore crisi finanziaria dal Dopoguerra. Francesco Manacorda: «Questa volta, a mandare brividi di paura in un sistema finanziario globale che porta ancora le scottature di quella crisi, è un esempio di capitalismo familiare e familista di purissimo stampo – non se n’abbiano gli atlantici lusitani – mediterraneo. Come definire altrimenti il caso della seconda banca portoghese, con il turbinio di prestiti incrociati, di terga blasonate che occupano in simultanea più poltrone nei diversi consigli, di società controllate a cui ci si rivolge per chiedere crediti che altri non vogliono dare?» [5].
La famiglia Espírito Santo, che dagli inizi del secolo scorso è una delle più ricche e influenti di Lisbona, aveva prosperato sotto la dittatura di Salazar, insieme avevano scelto l’esilio dopo la rivoluzione dei garofani del ’74, che nazionalizzò la banca, e insieme erano rientrati sedici anni dopo, recuperando le loro proprietà [1].
Una dinastia che conta vaste relazioni e contatti cosmopoliti. «Qualche esempio? Quelli del passato tra il banchiere e Giovanni Agnelli che portò l’Exor (ex-Ifint) a detenere fino all’8,2% della Esi di Lussemburgo a metà degli anni 90. Ed erano stati gli Espírito Santo ad aprire le porte di Lisbona alle Generali. Non solo. Ancora un anno fa il Banco lusitano era tra i candidati a rilevare la Bsi dalle assicurazioni di Trieste» (Carlo Turchetti) [6].
«Con la crisi della banca che, nell’ultimo anno, è passata da 96 milioni di utili a 518 di perdite, è esplosa la faida familiare. Uno degli esponenti più in vista degli Espírito Santo, José Maria Ricciardi, ha tentato nel novembre scorso l’assalto al potere, cercando di costringere alle dimissioni dalla presidenza del Bes il cugino Ricardo Salgado, da 22 anni ai vertici dell’istituto. È dovuto intervenire il presidente del banco centrale, Carlos Costa, per imporre una soluzione esterna con la nomina del consigliere di Stato Vítor Bento alla guida del Bes. Fine di una saga familiare lunga 150 anni» [1].
Il Banco rassicura che i problemi della controllante non si rifletteranno a valle, sul Banco. «Ma non conforta il turbinio di operazioni degli ultimi due anni: il Banco, ad esempio, ha prestato un miliardo di euro alla controllante Esfg mettendo le sue obbligazioni nei portafogli di piccoli e grandi clienti; al tempo stesso Portugal Telecom – che ha il Banco come azionista – ha comprato debito della Esi per 900 milioni. Operazioni spericolate per le quali adesso potrebbero pagare il conto non solo i banchieri portoghesi, ma anche Piazza Affari e le altre piazze del Sud Europa» (Manacorda) [5].
Venerdì, con una nota, la banca ha assicurato di avere «sufficienti riserve» da 2,1 miliardi per affrontare le perdite che potrebbero derivare dall’esposizione per 1,18 miliardi verso Espírito Santo International. I titoli bancari europei così sono risaliti. Stefano Feltri: «In realtà la relativa flemma dei mercati deriva dalla consapevolezza che il Portogallo ha ancora a disposizione buona parte dei 26 miliardi di euro ricevuti dal fondo salva Stati Efsf. Ma se quei capitali verranno intaccati, sarà perché prima ci sarà stata una ristrutturazione del debito, con pesanti perdite per gli azionisti e i creditori della seconda banca del Portogallo. Un test prematuro e pericoloso per la nascente unione bancaria» [7].
Il Portogallo, uscito da appena due mesi dal programma di aiuti per 78 miliardi di euro, può ancora mettere mano a 6 dei 12 miliardi di euro destinati a ricapitalizzare le banche portoghesi. Il Banco Espírito Santo non aveva richiesto nessun aiuto pubblico a differenza delle altre due maggiori banche portoghesi, il Banco Bpi e il Banco Commercial Portugues [2].
Il crac di Espírito Santo ha provocato reazioni esagerate in tutta Europa. Bertone: «Brucia la vicenda finanziaria ma ancor di più pesa la figuraccia dell’ex ministro delle Finanze del Granducato, Jean-Claude Juncker, probabile prossimo numero uno della Commissione con la benedizione di Angela Merkel, ovvero colui che avrebbe dovuto vigilare sulla salute della holding» [3].
Moody’s ha subito abbassato di tre gradini (da Ba3 a B3) il rating del debito a lungo termine del Banco [2].
La banca pesa appena lo 0,3% di tutti gli attivi delle banche europee, «eppure è riuscita a creare una crisi sistemica» (Da Rold) [2].
Secondo Marco Onado «la grandinata di vendite che si è abbattuta su tutti i titoli bancari dopo la notizia delle difficoltà di un istituto portoghese non è un semplice temporale estivo, ma un sintomo della estrema delicatezza delle condizioni del sistema bancario europeo. Perché infatti una vicenda che appare legata a situazioni contingenti ha investito l’intero settore?» [8].
E se, dal Banco Espírito Santo non è partito lo tsunami di instabilità finanziaria che molti hanno subito temuto, «tuttavia i timori nati all’improvviso sulla solidità della prima banca di Lisbona assomigliano alle prove generali di quello che potrà accadere tra ottobre e novembre, quando saranno resi noti i risultati di Asset quality review e stress test della Bce sugli istituti di credito dell’Eurozona» (Marco Valerio Lo Prete) [9].
(a cura di Luca D’Ammando)
Note: [1] Alessandro Oppes, la Repubblica 11/7; [2] Vittorio Da Rold, Il Sole 24 Ore 12/7; [3] Ugo Bertone, Il Foglio 11/7; [4] Francesco Spini, La Stampa 11/7; [5] Francesco Manacorda, La Stampa 11/7; [6] Carlo Turchetti, Corriere della Sera 11/7; [7] Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 12/7; [8] Marco Onado, Il Sole 24 Ore 12/7; [9] Marco Valerio Lo Prete, Il Foglio 12/7.