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 2014  luglio 14 Lunedì calendario

«IL CERVELLO ARTIFICIALE È UNO SPRECO DI SOLDI». SCIENZIATI IN RIVOLTA

Più di un miliardo di euro pubblici per la ricerca sul cervello. E seicento scienziati che protestano, chiedendo di bloccare il finanziamento. Non è il mondo capovolto: è
quello che sta realmente succedendo in questi giorni nei laboratori europei. Pomo della discordia è il mastodontico Human Brain Project: un progetto in cui sono coinvolte più di cento istituzioni scientifiche di ventiquattro paesi, che ha lo scopo di costruire un computer capace di simulare il funzionamento del cervello umano. In realtà sarebbe un’idea ambiziosa, prematura e disorganizzata, secondo i ricercatori di mezza Europa, che rischia di farci sprecare i pochi soldi che destiniamo alla scienza. Per questo oggi chiedono di bloccare tutto.
Lo Human Brain Project è uno dei due progetti “flagship” europei, cioè i due progetti “faro” in cui l’Europa ha deciso di investire soldi ed energie per i prossimi dieci anni (l’altro è un megaprogetto sul grafene). La scelta di investire in un computer simulatore del cervello è avvenuta nel gennaio del 2013, all’interno di una rosa di sei progetti molto diversi tra loro: dalla robotica all’informatica per il futuro della medicina. Il progetto “flagship”, per l’Unione europea e per i suoi stati membri (chiamati a mettere metà del finanziamento), è un impegno economico enorme. Ma si tratta anche di un pesante indirizzo che viene dato alla ricerca scientifica con una decisione presa “dall’alto”. Per questo tra gli scienziati i malumori covavano da tempo. Sono esplosi ai primi di luglio quando su internet ha cominciato a girare una lettera aperta che chiedeva di «controllare con attenzione gli aspetti scientifici e la gestione» di tutto lo Human Brain Project. Oggi questa lettera vede crescere di giorno in giorno l’elenco dei firmatari e l’ultimo aggiornamento parla di seicentodieci. In particolare, le critiche riguardano il fatto che un investimento così ingente sia destinato ad inseguire un’idea unica di cervello, mentre la ricerca è ancora lontana da una definizione condivisa e chiara di come funziona la nostra mente. Perciò oggi, ha dichiarato alla Bbc il neuroscienziato inglese Peter Dayan, lo Human Brain Project «non può che fallire, ed è uno spreco di soldi che succhierà fondi alla ricerca di valore e quindi creerà un grande disappunto nell’opinione pubblica che ne è la vera finanziatrice». Soprattutto, insistono gli scienziati, non è onesto proporre il megacomputer come soluzione a problemi concreti, come la demenza senile o il Parkinson.
Il coordinatore dello Human Brain Project, l’israeliano Henry Markral, della École Polytechnique Fédérale di Losanna, si è difeso. Si tratta di un progetto per lo sviluppo di nuove tecnologie, non di neuroscienze: non competerà coi fondi per la ricerca di base. E comunque, «abbiamo a che fare con un nuovo paradigma: ogni nuovo paradigma incontra queste difficoltà all’inizio, e le frizioni sono inevitabili».
Intanto dall’altra parte dell’oceano un analogo progetto americano sta per partire: si chiama BRAIN (Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies) Initiative e ha l’obiettivo di mappare ogni neurone del cervello. È un progetto ancora più ricco (tre miliardi di dollari in dieci anni) e anche quello è stato accolto da qualche mugugno. Il cervello è probabilmente la cosa più complessa che esista in natura, spiegano gli scienziati e, finché non cominciamo a conoscerlo davvero, è necessario che la ricerca sia il più possibile libera.