Roberto Perrone, Corriere della Sera 14/7/2014, 14 luglio 2014
Perché non è una sorpresa? «Sì, sono gay». A qualche mese dai suoi 32 anni, Ian James Thorpe rivela quello che da anni nell’ambiente del nuoto era una certezza, malgrado un suo finto matrimonio su una spiaggia californiana con la bella ranista americana Amanda Beard — dall’oro olimpico alla copertina di Playboy — e tutte le smentite, la più forte e chiara il giorno della presentazione della sua autobiografia, «This is me», nell’ottobre del 2012: «Sono attratto dalle donne e un giorno spero di mettere su famiglia»
Perché non è una sorpresa? «Sì, sono gay». A qualche mese dai suoi 32 anni, Ian James Thorpe rivela quello che da anni nell’ambiente del nuoto era una certezza, malgrado un suo finto matrimonio su una spiaggia californiana con la bella ranista americana Amanda Beard — dall’oro olimpico alla copertina di Playboy — e tutte le smentite, la più forte e chiara il giorno della presentazione della sua autobiografia, «This is me», nell’ottobre del 2012: «Sono attratto dalle donne e un giorno spero di mettere su famiglia». «Sì, sono gay». La torpedine di Milperra, il tonno più veloce del mondo, come lo definì con ironia e rispetto il nostro Max Rosolino, esce allo scoperto in un’intervista, in onda oggi, a sir Michael Parkinson, su Channel Ten. L’intervista era blindata, ma uno spiffero così alza l’audience. Ian Thorpe ha ancora un impatto mediatico enorme. Per gli australiani è una specie di Garibaldi, un simbolo non solo sportivo. Laggiù agli antipodi, i bambini non vengono portati nel campetto sotto casa a inseguire un pallone, ma buttati in una piscina praticamente neonati. Thorpe ha incarnato i valori di famiglia, sana attività fisica, unità nazionale. Era da tempo anche un’icona gay e secondo l’interpretazione più malevola, ma non irrazionale, sarebbe stato dissuaso da fare outing da parenti e sponsor, preoccupati per gli importanti contratti di sponsorizzazione, mantenuti sebbene non abbia più disputato una gara dall’Olimpiade del 2004. Un predestinato, Ian James, fin da quando, a 14 anni e cinque mesi, nel 1997, diviene il più giovane atleta a rappresentare l’Australia. Ha vinto 5 medaglie d’oro in due Olimpiadi (2000, 2004), altro record assoluto per lo sport australiano, 3 d’argento e una di bronzo. E poi 11 titoli mondiali, 22 primati del Mondo, solo per citare i titoli maggiori. Quella di Thorpe è la traiettoria perfetta per un romanzo epico in cui chi cade può risorgere solo se guarda in faccia la verità. La sua eccezionalità non è solo sportiva. Thorpe è stato capace di tirare una riga sull’acqua: il primo nuotatore a diventate milionario. La sua faccia, come un sudario, si srotola ovunque, da Sydney a Tokio, da Londra a Bombay. Pubblicizza qualsiasi cosa, dalle bibite agli orologi, dalle auto alle banche. Figlio di Margaret, un’insegnante che gli prepara le torte di cui è ghiotto e di Ken, un giardiniere che lo segue in modo riservato, rovescia il nuoto con i suoi costumoni in poliuretano, il sorriso eternamente stampato in volto e un’allenatrice che insegna storia dell’arte, la graziosa Tracy Menzies. Riesce a cambiare perfino le regole di un Paese un po’ calvinista come l’Australia, sempre in prima linea per lo sport pulito, che chiude occhi, bocca, orecchie e, soprattutto naso, quando, nel 2004, escluso dall’Olimpiade a causa di una fantozziana caduta dai blocchi ai Trials, Ian recupera il biglietto perché uno dei due qualificati, Craig Stevens, si ritira. Ufficialmente per stress, ufficiosamente per 150 mila dollari. Ok il prezzo è giusto per l’oro che Thorpe vincerà. Dopo quell’Olimpiade si prende un anno sabbatico dedicandosi alla pittura (dipinge quadri astratti), all’archeologia e alle biografie su Alessandro Magno, il suo personaggio storico preferito. Anche lui, sportivamente, muore giovane. La sua carriera finisce lì. Dopo l’anno sabbatico ne perde un altro per la mononucleosi. È la prima di una serie di malattie, incidenti, ricoveri per cui la sua vicenda umana buca le prime pagine. C’è, anche, dopo il ritiro nel 2006, un tentativo di ritorno nel 2011. «Voglio l’Olimpiade di Londra». Per riuscirci si trasferisce in Svizzera, dal discusso Gennadi Turetski già guru di Popov. Totale fallimento. A Londra va come ospite fisso di un programma notturno sulla Bbc. Con i suoi risolini addolcisce le battute al veleno di John McEnroe. Un successo clamoroso. Poi ripiomba nella depressione, di cui soffre da anni e nell’alcolismo. Nel 2014 finisce due volte in ospedale. La prima i poliziotti lo trovano che vaga in stato confusionale per le strade di Sydney. La seconda rischia di perdere un braccio. Adesso, liberatosi di un segreto che non aveva più senso mantenere, Ian Thorpe potrà godere della sua seconda vita, quella che gli fu regalata la mattina dell’11 settembre 2001 a New York. Quel giorno, mentre stava per salire sulle Torri Gemelle, si accorse che aveva dimenticato la macchina fotografica in hotel. Tornò indietro. Quella esistenza regalata l’ha tenuta come sospesa. Per lui il 12 settembre può essere oggi.