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 2014  luglio 14 Lunedì calendario

LA VERITA’ DI THORPE

Quella bugia era come un tappo nell’anima, un peso grande, ormai insopportabile: nell’anno più drammatico della sua vita. Ian Thorpe ad aprile combatteva con un male alla spalla operata che ha rischiato di paralizzargli un braccio, e non aveva ancora deciso se dirlo, se ammetterlo, se liberarsi finalmente di quella segreta menzogna che per anni, ancora adolescente e già campione del mondo più giovane della storia (a 15 anni), continuavano a chiedergli tra ammiccamenti, insinuazioni e provocazioni: «Ma sei gay?». L’australiano era costretto a difendersi ingannando se stesso prima che gli altri. Era troppo presto per capire se si sentisse gay o etero, temeva che i compagni di scuola e quelli di nuoto potessero prenderlo in giro, spaventato dagli insulti omofobi mentre era l’eroe bello e vincente della patria dello stile libero, il più grande olimpionico australiano impettito di nove medaglie. Ha atteso il doppio di quegli anni, per spezzare il tabù, non vergognarsene più. Ha scelto la solennità di un talk show di sir Michael Parkinson nella tv che in questi anni lo ha visto super ospite, commentare gare ed emozioni, per dichiararsi omosessuale: «Ora mi sento a mio agio — ammette trattenendo a stento la lacrime — e non voglio che le persone si sentano come me in tutti questi anni: è più facile ammetterlo, si può crescere, si può star bene, si può essere gay. Ma non potevo più andare avanti così, nelle ultime settimane non pensavo ad altro».

Depressione Adesso che lo dice, Ian ha trovato la chiave e la ragione del suo mal d’essere: «Ero depresso perché negavo al mondo la mia vera natura. Sì, ho avuto donne ma non sono eterosessuale: è una cosa che sto svelando da poco, da circa due settimane. Ho raccontato tutto questo alle persone che mi sono più vicine: avevo la sensazione che la bugia fosse diventata troppo grande. Non volevo che la gente mettesse in gioco la mia integrità, ed il mio ego non poteva più mentire». Adesso che ha sputato la verità non ha più paura, Ian: «Io voglio che la mia famiglia sia orgogliosa di me. Voglio che la mia nazione sia orgogliosa di me. E parte di me non sa se l’Australia vuole che il suo campione sia gay, ma non parlo solo di Australia, parlo del mondo».

In cura Ora è in cura da uno psicologo e sta cercando di curare anche la spalla che ha subìto un’infezione e dovrà ancora essere operata, perché spera di poter proseguire a nuotare ben sapendo che rischia di non poter più alzare il braccio: «E’ difficile pensare di non poterlo fare più, io voglio essere ancora in grado di farlo». E poi sta cercando un compagno per formare davvero una famiglia. Anche se in certo senso diversa. Thorpe affronta anche il tema dell’abuso di farmaci, di alcol per combattere la depressione paralizzante «in quel momento sapevo che fosse sbagliato, ma per me era anche giusto alleviare il dolore. Mi sentivo un miserabile, così ho provato a bere per non suicidarmi. Ora sono io». E non ha più paura di affrontare un’altra lotta, rappresentare quei giovani che non hanno il coraggio di uscire allo scoperto e continuano a vivere il disagio di questa condizione come il vecchio compagno Daniel Kowalski che fu aiutato dal rugbista gallese Gareth Thomas a rivelarsi quattro anni fa. «Quando sali sul blocco non sai chi sei davvero, se hai fiducia o hai paura. Ora Thorpe ha trovato la sua identità». Un campione che non bara più con se stesso.