Daniela Polizzi, CorriereEconomia 14/7/2014, 14 luglio 2014
TELEPASS QUEL GIOIELLINO NELLA CASSAFORTE DEI BENETTON LO BIANCO: VOLEVO CRESCERE, MA HO DOVUTO ALLEARMI CON PARTNER STRANIERI
C’è un pezzo di valore nascosto lungo il già ricco nastro di 3mila chilometri di autostrade italiane controllate da Atlantia, gelosamente custodito dall’amministratore delegato Giovanni Castellucci. E a ragione. I numeri sono ancora piccoli se rapportati al business complessivo con i suoi 4,2 miliardi di ricavi, ma la redditività e le ambizioni sono grandi. E’ il business del Telepass, noto agli automobilisti per la grande T blu che campeggia sui caselli e la comodità di chi viaggia di frequente.
Per l’holding controllata dalla famiglia Benetton attraverso Sintonia significa invece un fatturato di 141 milioni con un margine ebitda del 65%. Un’attività il cui giro d’affari nel 2013 ha battuto in termini di tasso di crescita anche la controllante Atlantia (attraverso Autostrade per l’Italia) che a perimetro costante e parità di cambi è stato dell’1,8% contro il +3,7% di Telepass. Sono cifre ancora limitate, ma che fanno di Telepass il primo operatore mondiale del pagamento automatico, oggi esteso anche a parcheggi, aeroporti e zone cittadine a traffico limitato. E in gara in tutti i maggiori paesi europei per vincere i contratti di gestione telematica dei versamenti ai caselli.
Un affare che non poteva certo sfuggire all’attenzione di banche d’affari e consulenti intenti a sollecitare l’interesse degli investitori istituzionali più ricchi. Ossia i fondi di private equity internazionali che hanno incominciato a esercitarsi su numeri, prospettive e valore di un investimento in Telepass. Qualche riflessione è stata avviata a Londra da Cvc, Carlyle e altre entità con competenza nel business infrastrutturale come Macquarie. Tutti con diverse sfumature di interesse.
In minoranza
L’assunto di partenza è che una partnership, di minoranza, con un ingresso in aumento di capitale, farebbe da volano a una più rapida espansione planetaria di Telepass, tecnologia proprietaria del gruppo autostradale, sviluppata quasi trent’anni fa con gli ingegneri dell’Olivetti. Un’a società che conta in Italia 8,3 milioni di apparecchi installati, 3,1 milioni di tessere Viacard e convenzioni con 50mila sportelli tra banche e uffici postali sul territorio.
La risposta ufficiale della controllante Atlantia (attraverso la concessionaria Autostrade per l’Italia) è una secca smentita che appare chiudere ogni ambizione dei potenziali investitori definitivamente fuori dal casello. La società sostiene di poter finanziare da sola la crescita, come del resto testimonia lo sbarco prima in Spagna, e di recente in Francia, nell’ambito del consorzio Ecomouv, partecipato al 70% da Telepass-Autostrade a fianco delle società pubbliche d’Oltralpe Thalès, Sncf, Sfr e Steria con il restante 30 per cento.
Tuttavia valgono almeno due considerazioni alla base delle riflessioni avviate da banche e potenziali pretendenti che sperano di fare breccia. In primo luogo, l’idea di trovare un partner per continuare a crescere è in linea con la strategia imboccata da tutte le attività «capital intensive» del gruppo. Riguarda l’espansione all’estero della stessa Atlantia, come dimostra l’alleanza stretta con il Canada pension plan (in minoranza) per la gestione delle autostrade cilene Grupo Costanera. E vale per il polo degli Aeroporti di Roma per i quale, ha dichiarato Castellucci «Adr non ha bisogno di risorse per finanziare gli investimenti, né di sostegno. Ma se vogliamo crescere all’estero dobbiamo essere pronti all’ingresso di partner nel capitale».
Espansione
Da qui parte la seconda considerazione su cui ragiona il mercato. Telepass e Viacard, sotto la guida dell’amministratore delegato Ugo de Carolis, hanno aperto una fase di forte espansione geografica, per la ragione che in Italia il numero degli abbonati non può crescere all’infinito e continua a essere concentrato nel Nord Ovest (47% degli utenti Telepass). Il recente caso francese insegna. Ma spiega anche perché, secondo chi studia il dossier, un alleato finanziario con un focus industriale potrebbe aiutare. Ecomouv è la storia di un investimento di circa un miliardo (in consorzio, circa 600 milioni a carico di Atlantia) per installare un sistema di riscossione della «Ecotaxe» sui mezzi pesanti. Un accordo entrato in un lungo e insidioso impasse politico (protesta dei camionisti ed elezioni presidenziali) che ha rischiato di rimettere in discussione gli investimenti fatti. Alla fine Parigi si è riconosciuta debitrice verso la controparte privata per 850 milioni e ha confermato il contratto decennale del valore di 2,3 miliardi. Ma l’esecutivo francese studia in cambio l’ipotesi dell’ingresso nello Stato nel capitale Ecomouv. C’è chi è convinto che un partner con interessi nei caselli (per fare un esempio, Cvc ha il 15% della spagnola Abertis) aiuterebbe la fluidità dei negoziati.
Per ora Atlantia non vuole sentirne parlare. Ma è possibile che in un gruppo articolato su più livelli, con un management forte e una famiglia con indubbie competenze, ci siano molte idee su come sviluppare Telepass.