Alberto Flores D’Arcais, la Repubblica 14/7/2014, 14 luglio 2014
UN REGNO IN DONO PER LA FIGLIA. LA SFIDA ALL’ONU DI PAPA’ JEREMIAH
Si chiama Emily, ha sette anni e il viso paffutello della bimba americana cui non mancano latte e corn flakes. Nella foto che la ritrae sul Washington Post sorride in vestitino estivo e sandali bianchi, mentre alle spalle il padre dispiega una grande bandiera. Quattro stelle e una grande corona su un sole simil-nipponico, il tutto in campo azzurro. È il vessillo del regno di cui Emily sarà la principessa, un regno terreno vero e proprio, una striscia di deserto in Africa che nessuno ha mai rivendicato e che adesso dovrebbe appartenere alla piccola Emily. Questo è almeno quanto sostiene Jeremiah Heaton, il padre della bambina, un bonaccione con la barba, che lavora nell’industria mineraria e vive ad Abington, in Virginia, anche lui molto sorridente nella foto. E che per fare valere i suoi diritti (e quelli della figlia) non ha esitato a sfidare le Nazioni Unite.
Emily ha sempre avuto un sogno, quello – comune a tantissime bambine – di diventare (da grande) principessa. E Jeremiah, che per la sua bambina farebbe qualsiasi cosa, un giorno gli ha fatto una promessa, principessa sarebbe diventata. «Le promesse si mantengono», racconta adesso, spiegando nei dettagli come ha fatto ad esaudire il sogno di Emily. Una sera, l’inverno scorso, la piccola aveva chiesto al suo papà se da grande sarebbe stata una “vera principessa” e lui le aveva risposto di sì. L’impegno era preso e lui è un uomo abituato a mantenere (lo ha insegnato anche alla bimba) le promesse.
Dopo una lunga ricerca è riuscito a trovare una “terra di nessuno” – la chiave di ricerca usata su Google era terra nullius, in latino – una striscia di deserto africano di circa
duemila chilometri quadrati al confine tra Egitto e Sudan, una terra chiamata Bir Tawil e che nessuno rivendica da oltre cento anni a causa di una disputa di confine tra i due paesi africani che risale all’epoca coloniale. Dopo aver ottenuto dalle autorità egiziane il permesso di andare fin laggiù, lo scorso 16 giugno – proprio nel giorno del settimo compleanno di Emily – Jeremiah si è arrampicato sul punto più alto di Bir Tawil, una collinetta rocciosa, e ci ha piantato la sua bella bandiera azzurra con le stelle. Conquistandolo a nome della bambina e dandogli anche un nuovo, pomposo, nome: “Regno del Nord Sudan”.
«È bellissimo laggiù, un deserto arido nell’Africa nord-orientale, ci sono volute quattordici ore di viaggio, i beduini circondano la zona, la popolazione è zero». Una volta tornato a casa lui e la moglie Kelly hanno incoronato la piccola Emily, portandole come regalo di compleanno l’agognato regno. «It’s cool!», ha gridato la bambina, promettendo che nel suo reame nessun bambino soffrirà la fame.
Il lavoro per rendere realtà il sogno di Emily non è però ancora finito. Ora Jeremiah Heaton – che nelle elezioni del 2012 ha tentato (senza successo) di essere eletto al Congresso degli Stati Uniti – vuole un riconoscimento internazionale ufficiale. Per ottenere che il Regno del Nord Sudan abbia valore legale, ha bisogno dell’approvazione dei paesi confinanti, delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali. All’Onu hanno preso la vicenda con qualche sorrisetto tra la pietà e lo scherno, ma lui è intenzionato a continuare la battaglia fino in fondo.