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 2014  luglio 14 Lunedì calendario

BCE PERCHÉ SI RISCHIA CHE IL BAZOOKA

ALLA FINE SPARI A SALVE –

Comprare titoli di Stato o sostenere le imprese. Delle due l’una. Date le caratteristiche dei nuovi prestiti della Banca centrale europea, per gli istituti di credito dell’area euro è meglio la prima soluzione. Più sicurezza. Meno problemi, dato che nella periferia dell’eurozona la percentuale di insolvenza nel settore privato è in aumento. Quindi, meglio comprare Btp o Bund piuttosto che prestare denaro ad aziende con una storia creditizia precaria.
Il quadro
Questo è lo scenario che si potrebbe profilare a breve nella zona euro. Colpa delle condizioni e dei costi impliciti che il bazooka della Bce nasconde. Uno dei principali dilemmi di Mario Draghi è come rompere il vincolo tra banche e titoli di stato incrementatosi oltremusura all’acuirsi della crisi dell’eurozona. Ancora una volta, potrebbe non essere possibile. Il lancio delle Targeted longer-term refinancing operation (Tltro), le operazioni di rifinanziamento con durata quadriennale che erogheranno circa 1.000 miliardi di euro alle banche dell’area 0 euro, dovrebbe ovviare a questo circolo vizioso.
Il condizionale è però d’obbligo. Sono pochi I vincoli messi alle banche, a fronte di costi non così chiari. Si inizia con due tranche di Tltro, setembre e dicembre 2014, per un controvalore massimo di 400 miliardi di euro. In queste due operazioni, le banche potranno richiedere il 7% dell’ammontare complessivo dei prestiti verso il settore non finanziario, fissato all’aprile 2014. Nella prima fase, quindi, le banche italiane potranno richiedere fino a 75,3 miliardi di euro, dato uno stock di erogazioni verso il settore privato di 1.075,2 miliardi al 30 aprile 2014. Per fare un paragone con la Spagna, gli istituti di credito possono domandare fino a 54 miliardi di euro, per via di circa 771 miliardi di finanziamenti posti in essere.
Per comprendere cosa potrebbe accadere bisogna analizzare i due benchmark posti dalla Bce per ottenere i finanziamenti nella seconda fase. Sarà quella più ghiotta, composta da sei tranche fra il marzo 2015 e il giugno 2016, fino a un massimo di 600 miliardi di euro. Da un lato, ci sono gli istituti di credito che negli ultimi 365 giorni hanno incrementato lo stock di prestiti, cioè che sono prestatrici nette. Dall’altro, quelli che lo hanno ridotto, come Italia e Spagna. Per i primi non ci saranno troppi sforzi, né pressioni o incentivi. Basterà mantenere intatto lo stock di finanziamenti. Per i secondi, solo due vincoli: nessun peggioramento del calo dei prestiti, rispetto allo storico dell’ultimo anno, fino all’aprile 2015, e successiva stabilizzazione al livello raggiunto.
Dei due benchmark, il secondo è quello più significativo per Italia e Spagna, dove il deleveraging, ovvero la riduzione degli impieghi, è quasi irrefrenabile dal dicembre 2009. Infatti nell’ultimo anno, secondo i dati della Bce, in Italia si è registrata una contrazione netta dei prestiti verso il settore non finanziario pari a 43,5 miliardi di euro. Peggiore la situazione in Spagna, dove negli ultimi dodici mesi la riduzione netta è stata di 77,8 miliardi. Di conseguenza, le banche non dovranno far altro che mantenere l’attuale ritmo di decrescita per ottenere soldi dalla Bce. Nello scenario migliore, secondo un’elaborazione di Frederik Ducrozet, senior economist di Crédit Agricole, 208 miliardi di euro nella prima fase e 535 nella seconda, per un totale di 743 miliardi. Di contro, le banche che già erano prestatrici nette potranno raccogliere 143 miliardi di euro nella prima fase e 133 nella seconda, per 276 miliardi complessivi.
Gli interrogativi
La domanda cruciale è consequenziale. Perché una banca che sta riducendo gli impieghi verso il settore privato in quanto quest’ultimo è deteriorato dovrebbe prestare denaro allo stesso settore, rischiando un ulteriore peggioramento della qualità dei crediti? A rigor di logica, è meglio utilizzare i fondi delle Tltro per acquistare titoli di Stato. Certo, i rendimenti dei Btp, qualunque sia la scadenza, sono ai minimi, ma hanno un rischio minore rispetto all’apertura di una linea di credito verso un’impresa privata.
Il motivo lo ha spiegato Deutsche Bank in un report della settimana scorsa. «Le banche privilegeranno il carry trade sui bond governativi per evitare maggiori rischi» ha scritto la banca tedesca. Il tutto vanificando l’impatto sull’economia reale.
Poi ci sono i costi impliciti. Sebbene i finanziamenti siano erogati con un tasso d’interesse dello 0,25%, cioè 10 punti base oltre il tasso di riferimento, la storia non finisce semplicemente chiedendo l’apertura di una linea di credito. Bisogna dare qualcosa a garanzia. Un collaterale, per la precisione. Quest’ultimi potrebbero scarseggiare. Le banche italiane sono svantaggiate nella prima fase, quella fra settembre e dicembre di quest’anno, dato che devono ancora restituire una parte significativa dei Ltro lanciati fra il dicembre 2011 e il febbraio 2012, poco meno di 180 miliardi di euro. Parte dei collaterali è quindi impiegata altrove, ma si potrebbe liberare nella seconda fase del Tltro. A che prezzo, però? Più collaterali vengono inseriti nelle operazioni della Bce, più si riduce il margine per le operazioni con le controparti domestiche o estere. Il risultato è che gli istituti di credito si renderanno sempre più dipendenti dalla Bce e quest’ultima si assumerà sempre più rischi, allentando le regole sui collaterali. Oltre a ciò, il pericolo è che di supporto alle imprese non ve ne sia nemmeno l’ombra.