Sergio Romano, Corriere della Sera 14/7/2014, 14 luglio 2014
MOSTRA STORICA A BERLINO LA VIGNETTA SULL’ITALIA
Ho visitato la mostra «Der erste Weltkrieg 1914/1918» (la prima Guerra mondiale) al Deutsches Historisches Museum di Berlino. Prima sorpresa. Nella tabella riassuntiva dei caduti in guerra di tutte le Nazioni (esclusi quindi i feriti) appare per l’Italia la cifra di 460.000 morti. Avevo sempre saputo che i nostri caduti sono stati oltre 600.000. Enfasi postbellica italiana o sottovalutazione tedesca per sminuire la nostra partecipazione come nemici? Ancora dente avvelenato per il fatto che uscimmo dalla Triplice Alleanza per entrare in guerra con la Triplice Intesa? Seconda sorpresa. Tra i non moltissimi documenti e foto dello stand italiano fa bella mostra la riproduzione di una massima di Bismarck pronunciata molti anni prima: «Dio ha creato gli uomini a sua immagine, gli Italiani però secondo quella di Giuda». Il museo è una istituzione seria. Come giudicare la cifra esposta e la scelta di esporre la frase di Bismarck ?
Paolo Girardi paolo.girardi43@ gmail.com
Caro Girardi,
S ul numero dei caduti durante la Grande guerra esistono, per ciascuno degli Stati combattenti, dati diversi. In alcuni casi le cifre sono state considerevolmente arrotondate; in altri casi il totale dipende dai criteri utilizzati. Ho avuto talora l’impressione, per esempio, che qualche Paese calcolasse fra le vittime del conflitto anche i prigionieri morti di malattia nei campi di concentramento e le vittime della «spagnola», la grande pandemia influenzale del 1918-1919 che uccise dieci milioni di persone nel mondo e 400.000 mila in Italia. Posso segnalarle, comunque, una frase di Sidney Sonnino, allora ministro degli Esteri italiano, pronunciata in uno degli incontri quadripartiti (Francia, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti) che si tennero a Parigi nel 1919 sulle condizioni del Trattato di pace. Per giustificare le rivendicazioni adriatiche dell’Italia Sonnino disse: «Dopo una guerra così piena di enormi sacrifici, ove l’Italia ha avuto 500.000 morti e 900.000 mutilati, non è concepibile dover ritornare a una situazione peggiore di prima».
Quanto alla frase di Bismarck, caro Girardi, confesso di non essermi mai imbattuto prima d’ora in parole così ingiuriose nella bocca del grande cancelliere tedesco e mi chiedo quindi se la citazione sia autentica. Dalla foto che lei ha allegato alla sua lettera vedo che si tratta di un volantino venduto probabilmente nelle strade (vi è l’indicazione del prezzo in basso a destra). La vignetta satirica riproduce un italiano, sdraiato bocconi sull’intera penisola, che prende denaro da Francia e Gran Bretagna con la mano sinistra e pugnala il Trentino e Trieste con la mano destra. Bismarck, evidentemente morto da qualche anno, appare nei cieli accanto a una figura femminile (la Germania) che brandisce una spada e avanza su una grande aquila dalle ali spiegate. Tutto lascia pensare che l’immagine risalga al 1916, l’anno in cui l’Italia, dopo avere lungamente tergiversato, fu costretta da Francia e Gran Bretagna a dichiarare guerra alla Germania. In una mostra che cerca di ricostruire l’atmosfera dell’epoca nei Paesi combattenti, una vignetta come questa rispecchia i sentimenti tedeschi d’allora e ci può stare. Naturalmente la sua presenza è tanto più comprensibile quanto più la mostra è priva di partiti presi e toni propagandistici.
Su quest’ultimo punto, tuttavia, occorre una precisazione. La Germania democratica ha preso sulle proprie spalle coraggiosamente le responsabilità di Hitler e del suo regime. Ma non ha mai accettato la tesi, diffusa dai vincitori della Grande guerra, secondo cui le responsabilità del conflitto sarebbero interamente del Secondo Reich. Con qualche eccezione, gli storici tedeschi continuano a pensare che le responsabilità siano state collettive e che il trattamento inflitto alla Germania dopo la fine della guerra sia stato assurdamente punitivo. È una tesi condivisa oggi anche da storici di altri Paesi.