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 2014  luglio 14 Lunedì calendario

NELL’83 FU IL CAMORRISTA CUTOLO AD APPELLARSI ALLA LEGGE 40

La battaglia che vede i detenuti al 41 bis lottare per il riconoscimento del loro diritto di paternità ha origini lontane. Inizia infatti nel 1983, quando Raffaele Cutolo aveva sposato la moglie nella cappella del carcere dell’Asinara. In quel momento l’ex superboss della Nuova Camorra Organizzata, aveva espresso un desiderio: «Morirò in prigione - aveva rivelato anni dopo o’ professore - il mio ultimo desiderio è regalare un figlio a mia moglie». Così nel 2001 il ministero di Grazia e giustizia aveva autorizzato la famiglia Cutolo a ricorrere ai benefici previsti dalla legge sulla fecondazione assistita. La notizia era stata tenuta nascosta per nove mesi ma quando, nell’ottobre del 2007 era nata la piccola, la stampa ne era venuta a conoscenza. La bambina oggi ha sette anni ed è l’unica erede del detenuto. L’uomo, rinchiuso dal 1982 in un penitenziario da cui non uscirà mai, ha settantadue anni e aveva già avuto un figlio, Roberto, da un precedente matrimonio. Il ragazzo era morto però in un agguato avvenuto nel 1990, quando aveva ventotto anni. Per quell’omicidio era stato condannato Mario Fabbrocino, "o’ Gravunaro", uno dei promotori della Nuova Famiglia, l’associazione mafiosa nata proprio per contrastare la Nuova Camorra Organizzata di Cutolo. Un altro caso di fecondazione assistita riguarda i fratelli Graviano, detenuti dal 1994, in seguito alla condanna per le stragi mafiose avvenute a Roma, Milano e Firenze. I due boss della periferia palermitana, in carcere anche per essere stati ritenuti responsabili dell’uccisione di don Pino Puglisi, parroco di Brancaccio, riuscirono a diventare padri nel 1997. Chiamarono entrambi i loro figli "Michele", ma la storia di quella fecondazione assistita resta un mistero. Le loro rispettive compagne partorirono ad un mese di distanza l’una dall’altra, a Nizza, anche se nessuno aveva autorizzato i due criminali ad accedere ai benefici previsti dalla legge. In pratica qualcuno riuscì a portare fuori dal penitenziario le due provette necessarie alla fecondazione. Un fascicolo era quindi stato aperto presso la procura del capoluogo siciliano ma le indagini non portarono in carcere le persone che presumibilmente avevano aiutato le rispettive famiglie a realizzare una fecondazione assistita illegale. Un altro mistero è quello che riguarda la nascita del primo figlio di Salvatore Madonia, condannato in via definitiva per l’omicidio dell’imprenditore Libero Grassi. Nel 2000 infatti, Mariangela Di Trapani, moglie del detenuto e figlia di un altro "uomo d’onore", Francesco, aveva dato alla luce un figlio, durante la detenzione del marito presso il penitenziario dell’Aquila. Le falle del 41 bis Mariangela le conosceva bene. Secondo gli inquirenti infatti, la donna, insieme ad altre quattro persone, era la portavoce del coniuge, capace di riferire gli ordini del marito recluso. La coppia si era sposata il 23 maggio del 1992, lo stesso giorno in cui il magistrato Giovanni Falcone, la moglie e tre uomini della scorta venivano uccisi nei pressi dello svincolo di Capaci, vicino Palermo. Per avere un secondo figlio, i coniugi avevano dovuto attendere il 2008, quando la Suprema Corte, contrastando il volere del Dap, aveva accettato il ricorso presentato da Salvatore Madonia.