Andrea Montanari, MilanoFinanza 12/7/2014, 12 luglio 2014
LE TELCO PIAGLIATUTTO
A livello globale, dall’inizio del 2013, nel settore industriale racchiuso nell’acronimo Tmt (Technology, Media & Telecommunications) si sono completate, tra acquisizioni, fusioni, accordi commerciali e partnership, 213 operazioni per un controvalore che supera di gran lunga i 500 miliardi dollari. Il tutto per rinverdire il concetto di media company (tv e tlc) integrata che è il vero futuro del mercato.
L’Oscar degli affari va a Vodafone, il numero 1 mondiale delle tlc, che nell’autunno scorso per 130 miliardi di dollari è uscita dal capitale della joint venture americana Verizon Wireless vendendo la quota all’ex alleato Usa. Mentre l’ultimo deal da registrare, almeno su scala europea, è l’ingresso, datato 7 luglio, di Telefonica nel capitale di Mediaset Premium: 100 milioni per l’11%. Di ben altra taglia il pacchetto dell’8,27% di América Mòvil che all’inizio di questo mese AT&T ha rivenduto a Carlos Slim per 5,57 miliardi di dollari. Ora, in ottemperanza al nuovo impianto regolatorio approvato dal Congresso messicano per aumentare la concorrenza nei mercati della telefonia fissa e mobile, Slim avvierà il break up di América Mòvil che attraverso Telmex e Telcel ha l’80 e il 70% dei due business. Sono queste le motivazione che fanno dire ad analisti, consulenti, banker e investitori che il 2014 è, e sarà, l’anno della grande rivoluzione del dorato mondo Tmt. Con due elementi distintivi: le Telco che hanno perso ricavi e margini sui servizi tradizionali saranno giocoforza protagoniste assolute del risiko e i contenuti, di qualità o meglio esclusivi, saranno l’indiscusso oggetto del contendere. E tra questi ultimi, l’attenzione si concentrerà sul calcio, l’unico soprattutto Europa in grado di scatenare appetibili e battaglie legali, tra i vari broadcaster in campo.
Come ha dimostrato, unico nel suo genere, lo scontro sui diritti tv della serie A (gestiti per conto della Lega Calcio dall’advisor Infront) tra Mediaset, prima emittente commerciale per ascolti e pubblicità in Italia e in Spagna, e Sky Italia, la branch locale dell’impero satellitare pay di Rupert Murdoch, leader sia in Inghilterra con BSkyB sia in Germania con Sky Deutschland. Dopo settimane di bagarre, i due rivali si sono accordati per la spartizione - i diritti satellitari a Sky, quelli digitali a Mediaset Premium - mettendo comunque sul tavolo 945 milioni all’anno per il triennio 2015-2018. Non certo noccioline per uno sport che per risultati, sia a livello di club sia a livello di Nazionale, non sta certo brillando. L’operazione Telefonica-Mediaset Premium e l’affare dei diritti tv dimostrano poi come «il mercato italiano sia stato il più dinamico dal punto di vista dell’apertura agli operatori esteri. Le occasioni di shopping non sono mancate e in un certo senso la stessa debolezza, o se si vuole l’assenza di definizione strategica dei gruppi media, ha permesso significativi posizionamenti», sostiene Emilio Pucci dell’istituto di ricerca londinese e-Media Research, per il quale «la frenata degli operatori della pay tv crea appetiti nuovi nell’area dell’integrazione broacast-broadband e dei servizi internet dove finora le Telco non hanno fatto molto. A partire da Telecom Italia».
Ma come mai c’è tutto questo fermento e perché le aziende sono pronte a spendere cifre mai viste prima? Perché l’avvento degli Ott (over-the-top), da Netflix (streaming online on demand) a Google-Yotube, da Apple iTunes alla nuova way of view Hbo Go, la tv in mobilità di una delle emittenti via cavo più importanti d’America, stanno rivoluzionando il mercato. Obbligando i broadcaster tradizionali a ripensare le strategie d’azione. E a concentrarsi. Non per nulla, nei mesi scorsi sono stati definiti due deal epocali. Dapprima Comcast, il più grande operatore via cavo degli Usa, ha acquistato per oltre 45 miliardi di dollari Time Warner Cable, dando vita a un nuovo soggetto multipiattaforma (internet a banda larga, telefono e pay-tv) in grado di offrire contenuti a 30 milioni di abbonati: quasi quanto gli abitanti di Olanda, Belgio e Danimarca messi assieme. Poi, per non essere da meno, la compagnia telefonica a stelle e strisce At&t ha messo sul piatto 48 miliardi per comprare DirectTv e dare vita così al più grande provider di tv via satellite nazionale. Nel frattempo il gruppo Discovery acquisiva il controllo (51%) della piattaforma Eurosport giusto per dimostrare di non essere stata presa alla sprovvista.
La concentrazione alla quale stiamo assistendo Oltreoceano suona come un avvertimento e al tempo stesso uno stimolo per gli operatori del Vecchio Continente. Nel Regno Unito l’esempio più immediato di questo cambio di scenario è rappresentato dall’investimento (897 milioni di sterline) fatto da British Telecom per sottrarre alla BSkyB di Murdoch (10 milioni di abbonati) l’esclusiva per la Champions League. Uno smacco, nel Paese in cui tra l’altro il web dal 2009 raccoglie più investimenti in advertising della tv. BT, però, non fagociterà emittenti. Piuttosto sta creando una struttura interna che si concentrerà sull’acquisto e gestione dei contenuti distribuendoli poi con offerte in triple (internet a banda larga, telefonate voip e televisione) e quadruple play (fisso, mobile, internet e tv).
In Spagna la situazione è diversa. Grazie al sostegno del governo Rajoy, finalizzato alla stabilizzazione del mondo del calcio, della finanza e dell’editoria, Telefonica investendo più di un miliardo si è aggiudicata il 100% della piattaforma Digital+ (1,8 milioni di abbonati) che poi fonderà con MovieStar Tv per dare l’assalto ai diritti della Liga e magari in futuro della Champions League garantendo così ai propri 10 milioni di clienti un’offerta unica: calcio, MotoGp e Formula1. Così facendo, poi, il gruppo presieduto da Cesar Alierta ha stoppato le velleità di sviluppo di Canal+ (gruppo Vivendi) e dell’emiro del Qatar che con BeIn Sport minacciava lo status quo. Al Thani è intenzionato a non mollare il mercato iberico. E dopo avere esportato il broadcast (19 canali) in Usa, Canada, Francia, Indonesia, Medio Oriente e Nord Africa, vuole sbarcare, come Murdoch, in Sudamerica usando la Spagna quale ariete. Prima di entrare in Italia e debuttare, novità assoluta, in Turchia. Al Maghreb guarda pure Vincent Bolloré, patron di Vivendi forte del fatto che in Francia non ha concorrenza, a parte le tv di Stato.
È evidente, quindi, che saranno le compagnie di tlc le protagoniste indiscusse. Per questo si guarda con attenzione alle mosse di Vodafone. La compagnia guidata da Vittorio Colao, forte della cassa da 130 miliardi, ha grandi margini di spesa ma non diventerà una media company. Ha iniziato rilevando per 7,2 miliardi la spagnola Ono - che ha la più grande rete di nuova generazione che collega 7,2 milioni di abitazioni - per rafforzare la presa sul mercato dove conta già 14 milioni clienti. E sta trattando affari in Germania, mercato presidiato da anni da Murdoch (Sky Deutschland) e dal gruppo Bertelsmann.
A tanti pare evidente che il nemico dei telefonici sia in definitiva il tycoon australiano di 21 Century Fox. Fiutando l’aria l’’83enne Murdoch ha già avviato l’integrazione delle tre Sky in Europa per tagliare costi e puntare sul business dei contenuti di Fox e, guarda caso, Fox Sports.