Valerio Castronovo, Il Sole 24 Ore 12/7/2014, 12 luglio 2014
IN CERCA DEL NUOVO «MIRACOLO ECONOMICO»
È stato, quello degli elettrodomestici, uno dei settori che ha agito da apripista, sessant’anni fa, nell’itinerario verso il "miracolo economico" e che ha rappresentato successivamente, per oltre tre decenni, uno degli assi portanti dell’industria italiana. Inoltre, il suo debutto, è coinciso con la comparsa sulla scena di una nuova generazione di self made men, di piccoli imprenditori – come Giovanni Borghi, Lino Zanussi e Gianfranco Zoppas.
Fattisi rapidamente le ossa, si affermarono sul mercato nazionale (dominato sino al 1951-52 dalla Fiat, che produceva il 70% dei frigoriferi italiani) in virtù di un singolare spirito di iniziativa e di una sagace capacità di intuire per tempo gli sviluppi di un’incipiente domanda di beni di consumo durevoli per la casa da parte delle famiglie italiane.
Ma se essi accrebbero man mano le loro fortune, fu perché seppero organizzare le proprie imprese, all’indomani del trattato istitutivo nel 1957 della Cee, per una produzione su vasta scala in modo da avvalersi di più ampi spazi di mercato, a livello europeo apertisi con la progressiva riduzione delle tariffe doganali. E ciò in virtù non solo di un costo del lavoro più contenuto rispetto ai concorrenti stranieri, ma anche di adeguate economie di scala e di una efficiente rete di distribuzione che consentirono di praticare politiche commerciali aggressive e redditizie all’esportazione.
Si spiega pertanto sia la popolarità di un comparto manifatturiero i cui articoli (dalle lavatrici alle lavastoviglie) stavano alleggerendo il lavoro domestico di un numero crescente di donne, sia la sua ascesa nel corso degli anni Sessanta a un ruolo di leadership nell’area europea, nonostante la presenza di grosse concentrazioni nazionali in Francia, in Germania, in Svezia. Nel successivo decennio imprese dinamiche come l’Ariston dei Merloni, la Candy dei Fumagalli e l’Ocean dei Nocivelli riuscirono a reggere meglio i contraccolpi della stagflazione, che accentuò gli squilibri, già latenti, dovuti in varia misura a un progressivo declino della domanda, a un eccesso di capacità produttive o alla replica senza molte varianti degli stessi generi di articoli. Grazie ad alcune innovazioni di processo e di prodotto, nonché ad una più solida struttura finanziaria, benché di impianto per lo più familiare, la Merloni, divenne negli anni Ottanta non solo la più grossa azienda nazionale del settore, ma acquisì la Indesit, e vari marchi stranieri. A sua volta la Candy assunse il controllo di alcune società estere e ampliò i suoi investimenti nell’Est europeo. Fu così che, mentre la Ignis passò all’olandese Philips e la Zanussi alla svedese Electrolux, la Merloni si affiancò nel 1989 agli altri quattro principali gruppi europei che detenevano, tutti insieme, due terzi del mercato continentale.
Da allora il complesso marchigiano di Fabriano conobbe un successo dopo l’altro: tanto che nel 2005 figurava come il secondo produttore in Europa per quota di mercato, in quanto a capo di 16 stabilimenti (in Italia, Polonia, Regno Unito, Russia e Turchia) e 24 sedi commerciali nel mondo. Ma dopo la crisi internazionale esplosa nel 2008 vennero crescendo le sue difficoltà e per fronteggiarle una parte crescente della produzione venne concentrandosi man mano in Polonia, dove minori erano i costi di manodopera e dell’energia e meno pesanti le imposte a carico dell’attività industriale. Qui operava da tempo anche il gruppo Whirlpool, che ha acquistato adesso, al prezzo di 758 milioni di euro, il 60,4% del capitale sociale di Indesit. Con questa operazione è scomparso perciò l’ultimo baluardo dell’industria del bianco che era rimasto di proprietà italiana. Si tratta ora di vedere se, stando alle assicurazioni del presidente di Whirlpool, il colosso americano rilancerà un complesso industriale di statura e prestigio internazionale come la Indesit, in modo da farne una punta di diamante del proprio piano di espansione in Europa.
In fondo, la cosa importante è che affluiscano così nuovi investimenti produttivi in Italia. E, a giudicare dai progetti in corso nello stabilimento varesino, di Whirlpool a Cassinetta di Biandronno, per realizzare, nell’era della connettività, la prima suite di elettrodomestici "intelligenti" (gestibili da smartphone, tablet e pc) c’è da augurarsi che il passaggio di consegne dalla famiglia Merloni alla corporation statunitense si risolva in un vantaggio concreto per la competitività del nostro sistema industriale.