Fulvio Abbate, Il Fatto Quotidiano 12/7/2014, 12 luglio 2014
SCALFAROTTO IL FEDELISSIMO PIÙ REALISTA DEL RENZI
Di là c’è Matteo che sta riposando, di qua c’è Ivan che fa segno con le mani di parlare piano. Scalfarotto è un pezzo unico. D’altronde soltanto una persona dotata di enorme senso della decisione può sostenere la bontà del nuovo corso politico, e soprattutto governativo, nonostante il paesaggio di calcinacci che precipitano tutt’intorno alla Democrazia renziana.
Il suo, è un lavoro che impone studio e concentrazione, di più, Metodo e Anima, giusto per citare il solenne motto da distretto militare. Il bravo Scalfarotto, un po’ come l’Alberto Sordi giovane scout di Mamma mia che impressione, possiede tutte queste qualità, forse innate. Possiede perfino il senso della moderazione, già, perfino la sua militanza gay custodisce qualcosa di doroteo, nessun picco, nessun acuto che possa indispettire i benpensanti, i dirimpettai, lo stesso Pd.
Ivan Scalfarotto è giovane, monta un pizzetto virtuoso, è doverosamente educato, non conosce sbavature, dà la sensazione insomma di giungere dalla società civile dei colletti bianchi costretta dagli eventi e dai danni compiuti da altri – “Ho fatto il dirigente, il direttore del personale, di una multinazionale fino a quattro anni fa… Oggi faccio il politico di professione con la stessa passione” - e non c’è modo per il nostro Ferruccio Sansa di riuscire a instillargli il dubbio che “sia la fedeltà politica a farti ottenere un premio, in quanto amico di Renzi”.
DA QUESTO orecchio a sventola, Ivan, non ci sente proprio, anzi, sembra suggerire il motto non meno da caserma del “lasciateci lavorare”. Insomma, Ivan è indubitabilmente, banalmente “il nuovo” nella sua forma più ricattatoria. Con un’iperbole suggerita dallo stesso diretto interessato, potremmo dunque dire che Scalfarotto (insieme alla Maria Giovanna Elmi renziana, Maria Elena Boschi) è una sorta di direttore del personale in casa Pd. Un notevole impegno da “motivatore” che impone la semplificazione, e dunque, eccolo sempre lì ad “Agorà”, su Raitre, a spiegare che adesso sono arrivati, come dire?, gli elettrauto e i carburatoristi giusti, e poco importa che il filosofo Umberto Galimberti, faccia dolente, provi anche lui, come già Ferruccia Sansa, a instillargli un dubbio ulteriore muovendo dalla doverosa complessità delle analisi sulla crisi che “non data 2008, bensì occorre fare i conti con la storia demografica del mondo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale per capire dove siamo finiti…” Scalfa, però, niente, non ci sente proprio dall’orecchio della complessità, e plana, e sotto sotto vedi bene che si indispettisce alle obiezioni altrui, ovviamente lo fa con garbo, con un tono pizzuto, da ragazzo permaloso che potrebbe alla lunga risultare indisponente presso che lasciateci-lavorare-dillo-a-tu’-sorella, Ivan!
Ma tutto questo non sembra comunque turbarlo, perché Scalfarotto chissà per quante puntate ancora a reti unificate lo ritroveremo lì a implorare che “ssssssssstttttt!!!!” di là c’è Matteo che riposa.