Sergio Romano, Corriere della Sera 13/7/2014, 13 luglio 2014
Lei ci ha descritto il proibizionismo negli Stati Uniti, ma in passato la piaga dell’alcolismo è stata molto diffusa
Lei ci ha descritto il proibizionismo negli Stati Uniti, ma in passato la piaga dell’alcolismo è stata molto diffusa. Le chiedo quindi: il divieto ha riguardato solo gli Usa, oppure ci sono stati casi simili in altri Paesi? Maria Basso, Genova Cara Signora, Anche in Inghilterra vi furono movimenti proibizionisti e anche in Inghilterra le motivazioni furono sociali e religiose. Quelle sociali sono evidenti in una splendida incisione di William Hogarth intitolata «Gin Lane» (il vicolo del gin) in cui il grande artista, nel 1751, descrisse i devastanti effetti dell’alcol nei quartieri popolari londinesi: prostituzione, infanticidi, violenza, pazzia. L’incisione ebbe l’effetto di favorire l’adozione di leggi che regolavano più severamente la fornitura del gin alle taverne della città e favorì il consumo della birra. Ma anche la birra aveva una gradazione alcolica piuttosto elevata e poteva avere effetti sociali non meno perniciosi. Come in America, le campagne proibizioniste furono animate da quelle sette evangeliche — soprattutto battisti e metodisti — che non si conformavano alle regole della Chiesa anglicana e furono chiamate, per l’appunto, «non conformiste». Predicavano la «temperanza», una parola che non aveva nel loro linguaggio il significato di moderazione e sobrietà, ma quello più radicale di astinenza, e tenevano pubblici raduni per diffondere i loro principi. Non appartenevano ai ceti sociali più abbienti e influenti, conducevano una vita modesta e laboriosa, e colsero spesso con le loro iniziative economiche i frutti dell’impegno religioso. Il fenomeno non è esclusivamente inglese. I protestanti nei Paesi prevalentemente cattolici e i Vecchi credenti in Russia furono spesso creatori d’imprese e brillanti uomini d’affari. Vi fu addirittura un caso, cara signora, in cui la temperanza fu all’origine di un’azienda fiorente, fondata negli anni Quaranta dell’Ottocento e tuttora attiva. In un libro recente pubblicato da Skira (Il viaggiatore inglese ) Masolino d’Amico racconta la vita di Thomas Cook, fondatore della prima agenzia di viaggi nel mondo, e, per usare una definizione corrente, straordinario «tour operator». Thomas era nato in una famiglia battista, era diventato falegname e stampatore, ma non trascurava l’impegno religioso e si spostava, spesso a piedi, da un paese all’altro nella regione delle Midlands, per partecipare a raduni religiosi in cui il tema principale sarebbe stato quello della «temperanza». Stava andando a Leicester, nel giugno del 1841, quando ebbe un «lampo di genio». Capì che, grazie al treno e alla rete ferroviaria che si stava progressivamente estendendo all’intero Paese, sarebbe stato possibile trasformare quei raduni in gite turistiche. I suoi fratelli in religione avrebbero pagato una quota di partecipazione e lui, Thomas Cook, avrebbe fatto un contratto con la società ferroviaria, organizzato il viaggio, predisposto l’accoglienza, assicurato i pasti e l’alloggio. Vi sarebbero stati gli inni religiosi, le omelie, gli elogi della temperanza e gli inviti all’astinenza; ma anche visite ai luoghi di maggiore interesse e festosi pic-nic. In breve tempo Thomas Cook cominciò a organizzare viaggi in Scozia e più tardi al di là della Manica in Francia, Belgio, Germania, Svizzera, Italia, Palestina. Non si limitava a gestire viaggi. Grazie alla sua esperienza di stampatore scriveva e pubblicava guide turistiche e manuali in cui raccomandava ai viaggiatori le cose che avrebbero dovuto mettere nei loro bagagli (medicine, insetticidi, occhiali e canocchiali) per affrontare ogni possibile difficoltà. Una tale azienda sarebbe potuta nascere soltanto in Inghilterra. La rivoluzione industriale e la vittoria nelle guerre napoleoniche avevano creato una prospera società di potenziali clienti, infrastrutture moderne e pubblici eventi come la Grande Esposizione del 1851 che fu vista da sei milioni di visitatori. Di questi, scrive Masolino d’Amico, 165.000 erano clienti di Thomas Cook. Il piccolo proibizionista fu uno dei grandi protagonisti della modernità.