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 2014  luglio 13 Domenica calendario

ROMA —

Sono circa 3.500 i lavoratori della vecchia Alitalia, quelli licenziati nel 2008, che da allora stanno ancora percependo il trattamento di mobilità. I sette anni che furono loro concessi con una norma ad hoc , quattro di cassa integrazione e tre di mobilità, scadranno nell’ottobre 2015 e riporteranno a galla la questione dei vecchi esuberi, aggravata nel frattempo dall’avvento, due anni dopo la ripartenza di Alitalia, della riforma Fornero che ha elevato l’età pensionabile.
Ma riepiloghiamo. Nel 2008 Alitalia Linee aeree italiane viene trasformata in Compagnia aerea italiana (Cai), vendendo aerei e slot alla cordata sostenuta dall’allora premier Silvio Berlusconi. Ai subentranti vennero concesse diverse deroghe. Poterono, ad esempio, scegliere i lavoratori da assumere, prescindendo dai requisiti di età, anzianità aziendale e carichi familiari, ne individuarono 12.639 tra ex Alitalia e Airone. A finire in cassa integrazione furono nel 2008 in 5.850, mentre quattro anni dopo sono andati in mobilità in 3.820, solo un 300 dei quali oggi hanno trovato lavoro o sono andati in pensione.
La loro storia è fatta di eccezioni alle regole, a volte favorevoli, a volte no. E’ stato senz’altro un vantaggio poter godere di sette anni di ammortizzatori sociali, quando invece, sommando cassa integrazione e mobilità, si arriva massimo a quattro. E’ stato positivo ottenere, grazie al Fondo del trasporto aereo, finanziato anche con i 3 euro a biglietti che pagano tutti i passeggeri, un’integrazione del trattamento all’80% dello stipendio. A alcuni, quelli che avevano una buona retribuzione di partenza è andata bene, potendo mantenersi senza nemmeno cercare di arrotondare, a altri, in particolare i lavoratori di terra, la cui retribuzione di partenza era in media sugli 800 euro, molto meno.
La ricollocazione di questi esuberi nella nuova Alitalia fu inibita da ulteriori eccezioni: a Cai venne concessa la possibilità di stipulare nuovi contratti a tempo determinato, mentre i vecchi lavoratori restavano in cassa integrazione, in alcuni Alitalia-Cai subappaltò servizi all’esterno, come nel caso di Carpatair.
A tutto questo va aggiunto il pasticcio del «lodo Letta», un’altra eccezione, che diede a Cai la possibilità di non assumere lavoratori che avrebbero maturato i requisiti di accesso alle prestazioni previdenziali nei sette anni di ammortizzatori sociali. Molti di quei lavoratori però, con l’avvento della riforma Fornero del 2011, si sono visti elevare l’età pensionabile, con la conseguenza di rimanere senza sostegno al reddito fino a 7-8 anni, e rientrando a tutti gli effetti tra gli «esodati». A suo tempo nessuna clausola di salvaguardia, in caso di riforma previdenziale, fu inserita nell’accordo sugli ammortizzatori sociali.
Ultima assurdità: ai lavoratori Alitalia posti in cassa integrazione straordinaria i limiti normativi non hanno consentito la riqualificazione, non potendo gli stessi accedere ai corsi previsti dalle Regioni di appartenenza che sono riservati ai soli lavoratori in cassa integrazione in deroga.
Antonella Baccaro