Enrico Sisti, la Repubblica 13/7/2014, 13 luglio 2014
AVEVA mentito agli altri perché non raccontava la verità a se stesso, non abbastanza e mai davanti allo specchio
AVEVA mentito agli altri perché non raccontava la verità a se stesso, non abbastanza e mai davanti allo specchio. Il titolo dell’autobiografia di Ian Thorpe uscita nel 2012, This is me, questo sono io, era una menzogna, una comprensibile menzogna: voleva proteggersi dalle voci su una sua presunta omosessualità che si rincorrevano da dieci anni. Che fatica combattere. Soprattutto perché in queste battaglie arriva sempre il momento in cui non capisci più chi sia il nemico, te, gli altri, il sistema. Nel libro si leggeva: «...e per la cronaca non sono gay, tutte le mie esperienze sessuali sono state etero, sono attratto dalle donne, mi piacciono i bambini e aspiro ad avere una famiglia un giorno». Ian voleva evitare che si aprisse un altro capitolo grigio. Aveva passato la vita a vincere e a deprimersi, a galleggiare tanto in costume quanto in abiti civili, puzzolente di cloro o profumato ed elegante a una festa di amici, sempre in bilico fra certezze e abissi, potenza fisica e imbarazzo emotivo, alcol, paure, ritiri precoci o precocissimi (il primo a 24 anni), rinunce, solitudine, ritorni, più d’uno ma senza grande convinzione, circondato da psicologi, confidenti generici e medici di tutti i tipi per ogni parte del corpo, anche l’alluce. E alla porta sempre quella maledetta fila di curiosi che avrebbero voluto saperne di più, su quello strano personaggio che vinceva medaglie e nei ritagli di tempi progettava di suicidarsi. Da ieri Ian Thorpe, 5 ori olimpici, 13 mondiali, 32 anni, uno degli sportivi australiani più amati e influenti dai tempi di Rod Laver, è ufficialmente gay. Qualcuno l’avrà consigliato di liberarsi per vivere finalmente un’esistenza senza veli, catene o inganni e magari per allontanare definitivamente l’idea di farla finita. Il ragazzo è uscito dall’armadio ( coming out of the closet ) durante un’intervista concessa a Channel 10 che andrà in onda stasera in Australia: «Non è vero quello che ho scritto, sono gay». Nel 2012 aveva riprovato a nuotare. Si ritrovò a fare il commentatore dei Giochi per la Bbc, diceva banalità in diretta, si esaltò quando Camille Muffat vinse i 200 sl: «Questa ha un futuro pazzesco davanti!». Non poteva immaginare che 24 mesi dopo, per ragioni ancora oscure, proprio l’ammirata Camille decidesse di ritirarsi. L’annuncio, un classico annuncio da definire “choc”, è arrivato ieri dalle pagine dell’ Équipe : «Ho riflettuto a lungo, poi ho agito d’istinto», ha detto Camille. Chi nuota da 17 anni ha tutto il diritto di sentirsi vecchio a 25 anni, stanco, stufo. Chi smette, e Thorpe lo sa, non smette mai per un motivo soltanto: smette per tanti, alcuni chiari, altro no. «Ho avuto dei problemi col mio allenatore (Pellerin, ndr) ma non voglio incolpare nessuno». Si dispiace Federica Pellegrini che con un tweet regala anche un in bocca al lupo all’amica-rivale: «E’ triste perdere un’avversaria di questo livello, bonne chance pour ta vie future». Muffat apparve nel 2005 a campionati francesi di Nancy commettendo un reato di lesa maestà: sconfisse Laure Manaudou nei 200 misti. Ed era solo l’inizio. Poco dopo l’oro di Londra entrò nella giuria di Miss France. Alain Delon, giurato come lei, gli chiese: «Hai mai pensato di recitare?». Lei: «Io? Lo faccio sempre». «Perfetta, facciamo cinema?». Lei non disse altro, si voltò dall’altra parte e cominciò a chiacchierare con Mirelle Darc.