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 2014  luglio 13 Domenica calendario

È DAVVERO

l’ultimo poeta maledetto del rock. L’ultimo libertino. L’immagine di Peter Doherty che emerge dai suoi racconti deliranti annotati su malandati taccuini ed oggi racchiusi nel libro autobiografico From Albion to Shangri la, è quella di un artista e di un uomo completamente perso nei suoi viaggi tossici. Una stella smarrita tra le poesie di Arthur Rimbaud e le visioni oppiacee di Samuel Taylor Coleridge. Doherty è il cantante dei Babyshambles, uno dei gruppi più rappresentativi del rock indipendente inglese degli anni Zero, ma soprattutto è il frontman dei Libertines, la sua vecchia band con cui è tornato in scena poche sere fa ad Hyde Park a Londra, di fronte ad una folla osannante di sessantamila persone. Da più di dieci anni, l’autore di Down in Albion , disco dei Babyshambles prodotto da Mick Jones dei Clash, è assediato dai tabloid britannici, che non l’hanno mai perso di vista da quando venne fuori la sua relazione con la top-model Kate Moss (che ha anche cantato con Peter ne La Belle et la Bête ). Cocaina, crack, ketamina ed eroina, sono parole che ricorrono con una frequenza allucinante nelle migliaia di articoli che in questi anni sono stati pubblicati sul suo conto. È successo di nuovo dopo la tragica scomparsa di Amy Winehouse, a cui Doherty è stato sentimentalmente legato, e ancora con la morte lo scorso aprile di Peaches Geldof, ex modella e figlia del cantante e organizzatore del celebre Live Aid, Bob Geldof, anche lei inghiottita da un’overdose nella sua casa di Wrotham nel Kent. Dai vecchi appunti di Doherty riemersi per la pubblicazione del libro, compare anche il suo nome e il numero del suo cellulare, che uno dei due deve aver scritto usando del sangue da una siringa. Un particolare macabro non nuovo per Doherty, che in passato aveva iniziato anche una breve carriera come pittore usando il suo sangue al posto dei colori.
Storie di eccessi, di vite fuori controllo. Per questo inseguendo Peter Doherty è normale incappare in situazioni imprevedibili. Cercare di raggiungerlo alla vigilia della reunion dei Libertines è stato un delirio. Gli avevo già parlato un paio di volte l’anno scorso e una volta mi aveva svegliato nel mezzo della notte, ripetendo “Ghido, Ghido….” dal suo iPhone scassato. Voce a intermittenza, frasi sconnesse. Stava telefonando da Parigi, dove
(quando non sta ad Amburgo) abita in un appartamento in rue de Copenhague, da cui esce di rado, il più delle volte la sera per esibirsi da solo al Jane Club di rue Mazzarine (ci tornerà il 24 luglio per un live acustico), a Saint-Germain.
Stavolta è stata la curatrice del suo nuovo libro, Nina Antonia, che ha cercato di farci comunicare al telefono una decina di giorni fa durante la presentazione alla libreria Waterstone’s di Oxford Street, dove centinaia di ragazzi hanno pazientato ore in coda per avere una copia autografata. Di nuovo, la voce di Peter che va e che viene. Di nuovo il caos. Niente altro che caos.