Roberto Mania, la Repubblica 13/7/2014, 13 luglio 2014
ROMA . L’australiano James Hogan, amministratore delegato di Etihad Airways, ha già cominciato a comandare in Alitalia
ROMA . L’australiano James Hogan, amministratore delegato di Etihad Airways, ha già cominciato a comandare in Alitalia. La svolta c’è stata ieri pomeriggio al ministero delle Infrastrutture quando il governo ha tolto dal tavolo delle trattative con i sindacati e con l’Alitalia la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione per i lavoratori in esubero. Era una delle condizioni poste dalla compagnia di Abu Dhabi per prendersi il 49 per cento dell’aviolinea tricolore. Quasi un diktat. Che è stato rispettato, non essendoci alternative. Così non ci sarà alcun ricorso alla cassa integrazione per cessazione di attività d’impresa: praticamente un inedito negli accordi per le ristrutturazioni aziendali. E dunque per chi non sarà riassunto nella Nuova Alitalia questa volta si può parlare di licenziamenti senza alcun camuffamento. Domani ci sarà l’ennesimo, complicato, incontro tra la morente Cai (Compagnia aerea italiana) e le banche creditrici, da Intesa a Unicredit, da Mps alla Popolare di Sondrio, che probabilmente finiranno per accettare di diventare azioniste della Nuova Alitalia rinunciando a parte dei loro crediti e tagliando anche una parte del debito della Vecchia Alitalia. Poi, martedì, James Hogan atterrerà a Roma. Fine, così, della breve, grigia, inconcludente, dispendiosa, stagione dell’Alitalia privatizzata all’insegna dell’italianità. La soluzione voluta dall’allora premier Silvio Berlusconi (era il 2009), scritta con il piano Fenice dell’allora amministratore delegato di Intesa, Corrado Passera, non ha retto la prova che conta: quella con il mercato. Cai non volerà più. Anche i sindacati puntarono sulla soluzione domestica opponendosi all’arrivo di Air France, salvo successivi pentimenti. Ieri, però, si sono poste le premesse per una nuova frattura sindacale: la Cgil, che conta il maggior numero di iscritti tra i lavoratori dei servizi di terra (quelli più colpiti dalla scure arabo- australiana) piuttosto che tra i piloti e gli assistenti di volo, si è presa tre giorni di tempo per esaminare il testo dell’accordo proposto dal governo con i ministri delle Infrastrutture e del Lavoro, Maurizio Lupi (Ncd) e Giuliano Poletti (Pd). Ma dopo la firma da parte degli altri sindacati sarà difficile modificare sostanzialmente l’accordo quadro. E quel testo — da quel che si è capito ieri sera — la Cgil di Susanna Camusso non lo firmerà. Che il nodo fosse il ricorso alla cassa integrazione lo si è capito qualche giorno fa quando in Parlamento il ministro Lupi ne ha escluso l’utilizzo specificatamente per i lavoratori Alitalia. Perché? La linea degli arabi di Etihad era già stata definita: niente cassa integrazione, niente rischio strascichi giudiziari. Perché la cassa integrazione può dare vita a ricorsi (promossi da lavoratori che si ritengano discriminati), a cause legali di diversa natura dall’esito incerto e comunque ad un aumento non programmabile dei costi aziendali. E poi, la cassa integrazione mantiene formalmente in vita il rapporto di lavoro tanto che l’Istat considera un cassintegrato come un lavoratore occupato. Etihad, al contrario, ha chiesto di ridurre l’organico. Contro lo scenario definito da Lupi si è schierata subito la Cgil: «Impossibile non ricorre alla cassa integrazione ». D’altra parte qualcosa dietro le quinte sembrava muoversi a favore proprio della linea-Cgi. Il ministro del Lavoro Poletti sta- va studiando una soluzione anche se temporanea. È stata sua infatti la proposta — ben accolta, non a caso, dalla Cgil — di prevedere l’uso della cassa integrazione per solo un anno. Al tavolo negoziale l’ha presentata Poletti, Lupi non ha battuto ciglio. Apparentemente un governo compatto, oppure una regia sapientemente elaborata. E la sponda con la Cgil? Si è nettamente opposta invece alla proposta-Poletti la Vecchia Alitalia: l’amministratore delegato Gabriele Del Torchio, e il presidente Roberto Colaninno. Da Abu Dhabi, mentre ieri pomeriggio i sindacati attendevano nelle stanze del ministero il testo ultimativo del governo, è arrivato un nuovo messaggio negativo con una piccola variante: niente cig a meno che non si impedisca ai lavoratori di fare ricorso giudiziario. Ma questo un’intesa sindacale non può farlo. Si è tornati alla proposta iniziale, allora. L’Alitalia se n’è fatta portavoce, il governo ha preso atto dell’assenza di altre vie d’uscita. Cisl, Uil e Ugl hanno accettato di firmare l’accordo quadro, poi hanno scoperto che conteneva anche un accordo aziendale che però non hanno mai trattato. Si sono dati un nuovo appuntamento per martedì, il giorno che coincide con la dead line della Cgil, con l’intento di chiudere tutti i capitoli. Ma l’epilogo di questa storia sembra ormai già tutto scritto.