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 2014  luglio 13 Domenica calendario

BERGAMO

«In cantiere dicevano tutti che Yara era stata uccisa per una vendetta contro il padre, Fulvio Gambirasio. È la voce che girava e che sentivo ripetere ai colleghi mentre ero al lavoro. Voi adesso mi dite che il Dna è una prova scientifica importante? Va bene. Ma io giuro sui miei tre figli che Yara non
l’ho mai né conosciuta, né vista, né incontrata. E che non sono io l’assassino ». Eccoli i verbali di interrogatorio di Massimo Giuseppe Bossetti. Ecco la “verità” del 43enne carpentiere di Mapello in cella di isolamento dal 16 giugno con l’accusa di avere rapito, seviziato e lasciato morire Yara Gambirasio.
IL 26 NOVEMBRE 2010
«Fatemi pure tutte le domande che volete. Non ho niente da nascondere », fa scrivere l’indagato durante il primo dei due interrogatori nei quali proferisce (sono datati 19 giugno e 8 luglio). Le parole di Bossetti riempiono 67 pagine di verbale. Un verbale di cui Repubblica è ora in grado di dare conto. Sono le 9.36 del 19 giugno. Nell’aula del carcere “Gleno” Bossetti è sottoposto all’interrogatorio di garanzia del gip Vincenza Maccora. Dopo la doppia scena muta di fronte al pm Letizia Ruggeri (anche lei presente), l’indagato, assistito da uno dei suoi legali, Silvia Gazzetti (non era ancora stata affiancata dal collega Claudio Salvagni), dichiara: «Intendo sottopormi all’esame».
«Come si pone rispetto all’imputazione? », gli chiedono. Risposta secca: «Innocente». L’ex “Ignoto 1” riannoda i fili della «giornata lavorativa» del 26 novembre 2010. In particolare la serata. «L’ho trascorsa a casa. Con moglie e figli. Dopo il lavoro sono stato a casa, come sempre».
UN UOMO METODICO
Domanda del giudice: «Come fa a ricordarsi che era a casa? Parliamo di 4 anni fa...». Bossetti: «Perché sono un uomo metodico, un abitudinario. Faccio sempre le stesse cose: lavoro, doccia, cena, divano». Si legge a pagina 45 del verbale: «Io (il gip) le ho chiesto prima se c’era qualcosa di particolare che le tiene in memoria questa data (il 26). Perché se lo chiedono a me, cosa ho fatto 4 anni fa, non me lo ricorderei. Invece lei è stato molto preciso... «. «Sono tornato a casa dopo il lavoro — riprende Bossetti — ho fatto la doccia, ho cenato con moglie e figli, ho guardato un po’ i quaderni dei bambini, giocato con loro, che vanno sempre a letto alle 21. Poi sono stato sul divano a guardare la televisione
».
IL DNA SUGLI INDUMENTI
Il focus che interessa al giudice è il Dna. A domanda «come è possibile che il suo Dna si trovi sugli indumenti di questa ragazzina?», il muratore, il 19 giugno, risponde così: «E’ impossibile». Salvo aggiungere: «Se venisse dimostrato senza nessun dubbio che il Dna è mio, bisognerà capire perché è stato
trovato lì. Io non lo so». L’8 luglio, secondo interrogatorio, Bossetti offre un nuovo «spunto investigativo » suggerendo agli inquirenti «ascoltate i miei colleghi di lavoro». La tesi difensiva ruota intorno all’epistassi di cui l’indagato soffrirebbe «da sempre» — lo conferma il 23 giugno, come abbiamo raccontato, la moglie Marita Comi — e all’ipotesi che «il mio sangue potrebbe essere finito su alcuni attrezzi poi utilizzati da qualcuno che ha ucciso Yara».
«Guardi che il Dna è una prova scientifica importante», butta lì il gip Enza Maccora. Qui Bossetti dipinge un autoritratto da uomo e padre modello. Dna? «Io mi proclamo ancora innocente. Non ho mai fatto male a nessuno. Ho 43 anni, ho la testa sulle spalle, un bel lavoro, una bella moglie e tre figli che mi aspettano a casa tutti i giorni. Mai avrei potuto fare una cosa così. Glielo posso giurare sui miei figli: non ho fatto niente».
I RAPPORTI CON LA FAMIGLIA
Bossetti è davvero il bravo padre di famiglia tutto casa e lavoro? Chiede il gip: «Con sua madre
(Ester Arzuffi) ha un buon rapporto? ». «Un ottimo rapporto. Con lei mi confido quando ho dei problemi o delle discussioni con mia moglie. A volte mi è capitato di litigare con Marita e andare da mia madre portando con me mio figlio Nicolas...». Ancora il giudice: «Lei dunque ama uscire con la famiglia? ». Bossetti: «Esco sempre con la famiglia. Il mio tempo libero lo passo sempre e solo con la famiglia ». «E con sua moglie ha un buon rapporto?». «Bellissimo». «È soddisfatto? ». «Molto, non la cambierei con nessun’altra donna. Sta sempre dietro ai bambini e non fa mai mancare niente neanche a me».
Rilievo del pm Ruggeri: «Lei ha detto che ha un buon rapporto con sua moglie. Però prima ha anche fatto cenno che ogni tanto le capita di litigare e che va da sua madre con suo figlio...». Replica di Bossetti: «A chi non capita di litigare a casa? Alti e bassi ce li abbiamo tutti. I motivi dei litigi sono legati al 100% al lavoro, al cantiere, ai soldi. Roba di ordinario ménage familiare. Piccoli screzi sui soldi. Ma quello che mi sta a cuore prima di
tutto, è che non manchi niente ai figli e alla famiglia. Sono disposto anche a lavorare 20 o 30 ore al giorno... non mi fa niente...».
QUELLE BUGIE SULLE LAMPADE
Perché Bossetti è reticente sulle sedute autoabbronzanti? Eccola la sua spiegazione: «Siccome i litigi ruotavano intorno ai soldi, non mi andava di discutere se spendevo 5 euro per fare ogni tanto la lampada ». Un punto “caro” all’accusa è la frequentazione del centro estetico “Oltreoceano” di Brembate. «Andavo solo nella vecchia sede, e non sempre — è la versione del muratore — Quando poi il negozio si è trasferito nel complesso quello coi portici, lì non ci ho più messo piede».
LA SCOMPARSA DELLA RAGAZZA
Il giudice Maccora torna ai giorni a cavallo del 26 novembre 2010. «Quella sera lì, in quei giorni lei non aveva sentito che era sparita quella ragazzina?». «Sì, certo». «E quando l’ha sentito?». «Penso il 27 novembre — dice Bossetti. Se è scomparsa il 26, hanno dato la notizia il giorno dopo, credo...». «Quel periodo — gli viene chiesto — era un periodo particolare per lei? C’erano delle ricorrenze?». «No, nessuna ricorrenza».
Interessante, oltre alla “prova regina” del Dna, è la strada che Bossetti percorre il 26 novembre. Perché il suo telefono «aggancia la cella di Mapello alle 17.45, la stessa cella agganciata dal cellulare di Yara alle 18.49»? «In quei giorni lavoravo nel cantiere di mio cognato Osvaldo Mazzoleni in via Prato Marone a Palazzago. Per tornare a casa percorrevo il tragitto abituale, e passavo anche davanti al centro sportivo di Brembate...». Domanda del gip: «È mai andato in quella palestra?». «No, non ci ho mai messo piede».
LE VOCI IN CANTIERE
Gli investigatori, dati delle celle alla mano, sono convinti che Bossetti abbia “puntato” Yara nel periodo tra settembre e novembre 2010. Proprio di fronte alla palestra. «Non l’ho mai vista né incontrata, giuro sui miei figli» riferisce il muratore al gip. Che insiste: «Ha mai avuto a che fare con la famiglia Gambirasio?». Lui: «Mai. Ho solo visto una volta Fulvio Gambirasio nel cantiere di Palazzago perché era venuto a fare un sopralluogo. Se fosse capitata a me una cosa così tremenda, non avrei avuto la forza di andare a lavorare. Sarei andato a cercare mia figlia giorno e notte con gli inquirenti».
Ancora il giudice: «Nel vostro mondo (l’edilizia) si parlava di questo evento?». «Era all’ordine del giorno — risponde Bossetti — In cantiere dicevano tutti che Yara era stata uccisa per una vendetta contro il padre. Una vendetta, si diceva, legata a presunti rapporti tra la ditta Lopav (di Patrizio Locatelli) e il signor Gambirasio che fa il geometra nell’edilizia».
QUEI DIECI TELEFONI
Dieci telefoni cellulari. Li hanno
trovati gli investigatori a casa di Massimo Bossetti. «Non c’è niente di strano — spiega lui — Io uso una scheda telefonica e due cellulari: un vecchio Nokia per il lavoro in cantiere, e un altro che è quello “della domenica”. Insomma uno un po’ più bello che ho acquistato usando i punti del supermercato.
Gli altri telefoni vecchi li conservo nel cassetto anziché buttarli via».
INDAGINI E TAMPONI
Quando viene arrestato Bossetti sa di essere figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni, o no? «Era a conoscenza di questa paternità naturale?», gli chiede il gip. «Assolutamente
no, mai conosciuto Guerinoni. Sempre saputo di essere figlio di Giovanni e Ester». Esclama il pm Ruggeri: «E invece guardi che quello è suo padre!». Bossetti: «Non ci posso credere... Stento a crederci...». Domanda: «Non ne avete mai parlato con sua madre? ». «Mai». Di una cosa però avevano
parlato Bossetti e la signora Ester. «Sapevo del prelievo salivare a cui era stata sottoposta. Me lo aveva detto lei. Mi ha anche chiesto: “A te non l’hanno fatto?”. “No, ma non ho niente da nascondere”, le ho detto. “Anzi, se me lo fanno,
ben venga”».