Leonard Berberi, Corriere della Sera 12/7/2014, 12 luglio 2014
I FIDANZATI DI APP E L’IMBARAZZO DI DICHIARARLO
Sembrava tutto in discesa. La conoscenza andava avanti da qualche settimana. E la curiosità aveva lasciato il posto prima all’attrazione. Quindi all’idea, concretizzata, di mettersi insieme. Non per sesso. Non solo, almeno. Ma anche per molto di più. Poi la domanda. All’improvviso. «E ora agli altri che raccontiamo? Cosa diremo quando vorranno sapere come ci siamo conosciuti?».
Francesco e Francesca — già, proprio così — sono seduti in un bar a due passi dalle Colonne di San Lorenzo, luogo di ritrovo di centinaia di milanesi e non. Hanno entrambi 28 anni, e tutti e due lavorano nella comunicazione d’impresa. Stanno insieme da quattro mesi. Ma sulla versione da dare al come si sono conosciuti ci stanno lavorando ancora. «La verità è che ci siamo “incontrati” grazie a Tinder — taglia corto Francesca —. È successo che lui ha premuto “sì” alla mia foto-profilo. Io ho fatto la stessa cosa sulla sua. Si è aperta una finestra, abbiamo iniziato a chattare. Così, per qualche giorno. Poi, visto che non si decideva, mi sono fatta avanti: vediamoci. Dal vivo però!».
Tre ore dopo erano seduti a un tavolo. E sarebbe stato soltanto il primo pasto insieme. Anche se, ecco, resta quel nodo su come tutto è iniziato. Perché, nonostante i caratteri estroversi, Francesco a famiglia e amici cerca di raccontare un’altra versione della storia. «Mettiamola così: conosco i miei e so che reagirebbero male se dicessi la verità. Eppoi i miei amici forse potrebbero pensare che la relazione non sia seria». Lei invece la verità l’ha raccontata eccome. «Che male c’è? Basta fare un salto negli Stati Uniti e capire che lì è ormai cosa stra-diffusa. E normale».
Due cuori e una app. Tutto — dubbi e certezze — ruota attorno a Tinder. Sconosciuta un anno fa, negli ultimi mesi è letteralmente esplosa in Italia. I suoi critici la bollano come lo strumento per rimorchiare e basta. Ci si piace. Ci si scrive qualche frase. Si arriva al sodo: vieni da me? Se lei (o lui) ci sta è fatta. Altrimenti avanti il prossimo. Per i suoi creatori Tinder è tutt’altro. È il programmino su telefonino che abbatte la barriera della timidezza. Che risolve il problema che ruota attorno al «mi piace, come faccio a conoscerla?». Alla base c’è un funzionamento molto semplice. Si installa, gratis, sullo smartphone. Vi si accede collegando l’app al proprio profilo Facebook. Poi si lascia fare al Gps e al programmino che combina gusti e idiosincrasie, distanze geografiche e culturali, età ed eventuali amicizie in comune. Scorri verso destra o premi sì e la persona ci piace. Scorri in senso opposto o premi no e la persona scompare dalle nostre «opzioni». Se tra i nostri «sì» c’è qualcuna che ricambia il giudizio allora c’è un «match». A quel punto si apre una chat tra i due. Eppoi tutto può succedere. In Italia, spiegano al Corriere dal quartier generale di Tinder, i tassi di crescita variano dal +1% al +5% sul giorno precedente.
Da Milano a Roma lo scenario non cambia. Federico, 29 anni e un lavoro di prestigio in una multinazionale, ha iniziato per caso. «Non la conoscevo nemmeno, questa applicazione. Poi un giorno un amico me ne ha parlato». Sì, sì, no, sì, no, no, troppo vecchia, troppo lontana, uhm… interessante. Di giudizio in giudizio, schermata dopo schermata, posa dopo posa, ecco presentarsi — anche se virtualmente — Giovanna. Un anno in meno di Federico, nel campo della moda. Timida, ma determinata. Si sono piaciuti subito, almeno via app. Poi hanno deciso che era il momento di vedersi dal vivo. Quindi hanno iniziato a frequentarsi e a presentarsi ai rispettivi amici. Ma come si sono conosciuti, ecco, quello resta ancora un tabù. «Per fortuna non ce l’hanno chiesto in molti, per ora. Ma a chi vuole saperlo diciamo che ci siamo conosciuti via social network».
Il dilemma, a dire il vero, non è solo italiano. Sul sito di Gizmodo è pure comparsa la domanda, abbastanza esplicita. «Come spiego ai miei genitori che ho conosciuto la mia ragazza in una app pensata per fare sesso?». La risposta di Gizmodo? «Menti, menti, menti».
Poi ci sono Marco e Valeria. Romani trentenni. Amici sin da piccoli. Si sono presi e poi lasciati. Ora a riavvicinarli è stato Tinder. «Stavo usando l’app mentre ero a New York — ricorda Marco —. Una ragazza dopo l’altra mi si è presentata questa foto con una persona uguale a Valeria e anche con lo stesso nome. Qualche ora dopo accedo a Tinder e mi ritrovo questo messaggio: “Che si fa? Ci riproviamo?"» .