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 2014  luglio 12 Sabato calendario

IL LEGALE E LE CONFIDENZE DEL MAGISTRATO. «MI DISSE: LE DENUNCE ARRIVANO DALLA FIAT»

Può una banale causa di diffamazione far scorgere il dietro le quinte di un capitolo della Mani pulite torinese sulla Fiat a metà Anni 90, dei rapporti tra la locale Procura e il gigante automobilistico, e perfino dei contrasti familiari tra Umberto Agnelli e dall’altro lato il fratello Gianni e l’allora amministratore delegato Cesare Romiti? Sì. No. Forse. Dipende da chi abbia ragione nell’aula della IV sezione penale del Tribunale di Milano, dove ieri, a pochi passi dai giornalisti che seguono il processo Ruby, compaiono in corridoio l’imputato Romiti, il procuratore generale torinese Marcello Maddalena come parte lesa, il teste ex capo dell’ufficio legale Fiat Enzo Gandini, e il coimputato giornalista Davide Giacalone.
La versione del libro di Romiti
Sul quotidiano Libero il 29 aprile 2012 Giacalone, difeso dai legali Vittorio Virga e Lucio Lucia, scrive un articolo nel quale prende spunto da un passaggio del libro-intervista di Romiti al giornalista Paolo Madron, «Storia segreta del capitalismo italiano». «Secondo quanto racconta Romiti — scrive Giacalone — il procuratore di Torino, Marcello Maddalena, in quei giorni caldi in cui le inchieste producevano arresti di massa e qualche suicidio, chiamò il responsabile dell’ufficio legale della Fiat, Ezio Gandini, e gli disse: “Basta, non si può più andare avanti così, bisogna che le lotte interne finiscano, perché qui ogni giorno arrivano soffiate anonime da parte di alcuni manager interni alla Fiat”. Come faceva Maddalena a sapere che erano manager? Ecco la risposta: Gandini gli chiese da che ambiente arrivavano le soffiate e lui, serafico, lo informò che i mittenti erano riconducibili all’entourage di Umberto Agnelli». Dunque, per Giacalone, «Maddalena commise un reato, violando i doveri d’ufficio e informando la parte indagata, addirittura suggerendo un preventivo inquinamento delle prove».
La versione del pm Maddalena.
L’oggi procuratore generale di Torino premette al Tribunale milanese che, come «in 45 anni di servizio, neanche stavolta avrei querelato» Romiti e Giacalone per diffamazione «se non vi fossi stato tirato per i capelli dalla provocazione di Giacalone che nel libro mi aveva quasi sfidato, scrivendo: “Naturalmente è possibilissimo che il reato lo abbia commesso Romiti distorcendo le parole di Maddalena e diffamandolo, e in questo caso il signor procuratore sa cosa deve fare”».
I manager Fiat indagati in Mani pulite, ricorda il magistrato, erano difesi da Chiusano, non da Gandini. Che però «spesso andava dal procuratore capo Scardulla, per esprimere magari doglianze sull’eco delle nostre perquisizioni o per conversare amabilmente... A volte Scardulla mi chiamava, sarà stato due o tre volte, si parlava di qualcosa, in un’occasione mi pare della fede calcistica di Romiti, e poi me ne andavo». Ma quella frase, virgolettata da Romiti e Giacalone rinviati a giudizio per diffamazione dal gup Luigi Gargiulo su richiesta del pm Paolo Filippini, «escludo di averla mai pronunciata. Mi si fa passare per uno che ha favoreggiato la Fiat avvisandola che dal suo interno provenivano informazioni alle indagini, e questo non solo non è vero ma secondo me non è neppure l’interpretazione che ne voleva dare Romiti nel libro». Romiti parlerà nella prossima udienza, ma intanto depone l’allora capo ufficio legale Fiat, Gandini.
La versione dell’uomo Fiat
Smentisce Maddalena già sulla prima circostanza: «Vidi il procuratore Scardulla una sola volta, chiamato da lui in ufficio all’indomani di una perquisizione di cui mi ero lamentato con gli ufficiali GdF per il clamore giornalistico». E lo smentisce anche sulla sostanza: «Quando entrò in ufficio, Maddalena quasi si alterò, rispose che loro erano obbligati a fare le perquisizioni se avevano elementi, e aggiunse: “Avete poco da lamentarvi, la Procura non vuole essere strumentalizzata per le vostre lotte di potere, tutti questi documenti arrivano da voi all’interno, dalla famiglia (Agnelli , ndr), dall’entourage di Umberto», all’epoca notoriamente in urto con Romiti e in dissidio con il fratello Gianni sulle strategie del gruppo. Secondo Gandini, «Maddalena mi disse: “Quindi se avete qualcosa da dire, venite a dircela”. Io gli feci presente: «Dottore, lei mi sta mettendo in mano una bomba, guardi che io la faccio esplodere?», andando cioè a riferire all’Avvocato l’ipotizzato ruolo del fratello. «Chiesi a Maddalena se a fare uscire notizie, nell’entourage di Umberto Agnelli, fosse Galateri, che sapevo essere stato compagno di scuola del pm Sandrelli titolare dell’indagine, ma Maddalena disse “no no”. Gli chiesi allora se fosse Giraudo, e Maddalena rimase zitto». Così asserisce il capo dell’ufficio legale Fiat, oggi 86enne, che non si ferma qui: «Tempo dopo, Gianni Agnelli mi disse che aveva parlato con il fratello Umberto, il quale aveva assicurato di non essere stato lui. Io dissi all’Avvocato che era stato Maddalena a dirmelo, e l’Avvocato volle parlare con lui. Gianni Agnelli poi mi disse che Maddalena, in un incontro dal prefetto di Torino, gli aveva detto che non era stato Umberto. Allora io tornai da Maddalena, e gli chiesi perché avesse negato all’Avvocato quello che aveva detto a me: lui rispose allargando le braccia, “e come facevo... ”. Raccontai tutto a Romiti, che mi chiese di metterlo per iscritto», in un promemoria «a un notaio mio amico da 40 anni». E la fotocopia compare in udienza, in mano alla difesa di Romiti, l’avvocato Giulia Bongiorno.
Fuori dall’aula, Maddalena commenta: «Gandini se l’è sognato, è assolutamente non vero. Io certo non posso sapere se Gandini abbia capito fischi per fiaschi, o se abbia davvero dette quelle cose a Romiti: di certo so che sono cose non vere, che io non ho mai detto. E purtroppo quelli a cui fa riferimento sono tutti morti». Il procuratore Scandurra no. Ma l’avvocato di Maddalena, Paolo Tosoni, spiega che a 93 anni pare stia molto male. Provano a convocarlo dopo l’estate. Sempre che si faccia udienza, dopo che ieri la giudice Guadagnino ha invitato le parti a trovare una conciliazione.
Luigi Ferrarella

lferrarella@ere.it